Kim e Putin a bordo della limousine donata dallo zar al leader nordcoreano - REUTERS
Quanto è gestibile l’ingestibile Kim Jong-un? La domanda non riecheggia soltanto a Seul e Tokyo, vale a dire presso gli “attori” più interessati e preoccupati dai colpi di testa del dittatore nordcoreano. Ma spira, come un sussurro o un venticello velenoso, anche nei corridoi di Pechino. Non sfugge agli “osservatori” cinesi che da quando il riavvicinamento tra la Corea del Nord di Kim e la Russia di Vladimir Putin ha messo il turbo, fino a sfociare nell’alleanza “rivoluzionaria” (parola dello zar) siglata qualche giorno fa, Pyongyang ha ripreso con vigore la sua politica militare aggressiva. E il dittatore nordcoreano si è prodotto nel gioco che gli riesce meglio: alzare il tiro. Come ha scritto la Cnn, “Kim ha intensificato la retorica infuocata e ha demolito una politica di lunga data mirata alla riunificazione pacifica con la Corea del Sud”. E non solo a parole: nel 2022, il Paese ha lanciato più di 90 missili, il numero più alto da quando Kim è salito al potere. Nel 2023, la Corea del Nord ha lanciato per la prima volta il missile Hwasong-18 a combustibile solido.
Dalla Cina, come hanno rivelato gli analisti, sono arrivati più “silenzi” che commenti. La risposta cinese al summit tra Putin e Kim è stata “molto debole”, ha commentato Victor Cha, vicepresidente senior per l’Asia e la Corea presso il Center for Strategic and International Studies. Una reticenza che vela le preoccupazioni del gigante asiatico che, di fatto, tiene in vita il regime nordcoreano. I motivi dei timori cinesi sono facilmente intuibili. La Cina vede come fumo negli occhi qualsiasi destabilizzazione o rottura dello status-quo nella regione. Pechino non vuole che la situazione nella Penisola coreana precipiti, così come, al tempo stesso, non vuole un crollo del regime. A ogni spavalderia di Kim, a cui la Russia potrebbe offrire aiuto per potenziare il suo armamento nucleare alimentando così la sua “pericolosità”, segue una serrata dei ranghi tra gli Usa e i suoi alleati regionali. Altra cosa non gradita da Pechino.
Il vertice tra Kim Jong-un e Vladimir Putin nella capitale nordcoreana - ANSA
"Se Putin fornirà maggiore sostegno alla Corea del Nord sulle questioni nucleari, inclusa più assistenza tecnica, diventerà più difficile per la Cina controllare la situazione nella Penisola coreana", ha spiegato Liu Dongshu, dell’Università di Hong Kong.
Più maliziosa l’interpretazione di Yu-jen, professore di studi sulla Cina e sull’Asia-Pacifico presso l’Università Sun Yat-sen di Taiwan che, dietro il viaggio di Putin in Corea del Nord, ci sia l’intenzione “di usare Pyongyang per contenere la Cina”. Per Alexander Gabuev, direttore del Carnegie Russia Eurasia Center “la Cina potrebbe provare a porre alcune limitazioni a tale relazione”. Insomma amici sì, ma solo sotto l'occhialuta vigilanza di Pechino.