Silvana Arbia nel corso di un processo davanti alla Corte Penale Internazionale (Cpi) dell’Aja - Ansa
«Non lasciare impuniti i responsabili di crimini internazionali di competenza della Corte penale internazionale (genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra, come definiti nello Statuto di Roma) che possono essere stati commessi in Ucraina dal 21 novembre 2013 in poi». Questo è lo scopo dell’indagine nelle zone di conflitto, come spiega Silvana Arbia, già procuratore internazionale presso il tribunale Onu per il Ruanda e poi cancelliera della corte penale internazionale dell'Aja (Cpi).
E’ possibile che si arrivi a un mandato di cattura per la linea di comando russa, fino al Cremlino?
La qualifica ufficiale dell’imputato è irrilevante, in particolare la qualifica ufficiale di capo di Stato o di governo, di membro di un governo o di un parlamento, di rappresentante o di agente di uno Stato non esonera in alcun caso una persona dalla sua responsabilità penale ai fini dello Statuto della Cpi e non costituisce in quanto tale motivo di riduzione della pena anzi ne può costituire un aggravante come è stato deciso nel processo contro Jean Kambanda, capo del governo ruandese durante il genocidio del 1994, da parte del Tribunale penale internazionale delle Nazioni Unite per il Ruanda.
Kiev non ha ancora aderito alla Cpi, tuttavia dal 2014 e con una nuova dicharazione del 2017 aveva chiesto alla corte internazionale di intervenire. Anche la Russia è tra i Paesi non firmatari (come gli Usa). Non c’è da attendersi collaborazione da Mosca?
La Russia, a mio avviso, non dovrebbe perdere l’occasione di fornire al procuratore della Cpi gli elementi a sua disposizione che potrebbero essere utili ai fini delle indagini sui crimini internazionali che possono essere stati commessi in danno delle popolazioni della regione del Donbass, dal momento che una delle ragioni dichiarate per giustificare l’attacco del 24 febbraio vi è la presunta commissione di un genocidio da parte ucraina.
Un’accusa oggi rivolta proprio a Mosca anche dal presidente Biden. Come la giudica?
Di genocidio si parla molto spesso negli ambienti politici e nei media, in questi giorni. E’ vero che l’accusa di genocidio è la più infamante tra le infamanti accuse di crimini internazionali. Ma per poter configurare tale crimine, oltre a provare la commissione di atti materiali (uccidere membri del gruppo; cagionare gravi lesioni all'integrità fisica o psichica di persone appartenenti al gruppo; sottoporre deliberatamente persone appartenenti al gruppo a condizioni di vita tali da comportare la distruzione fisica, totale o parziale, del gruppo stesso; imporre misure volte ad impedire le nascite in seno al gruppo; trasferire con la forza bambini appartenenti al gruppo ad un gruppo diverso), occorre provare l’intento specifico di distruggere in tutto o in parte uno dei quattro gruppi protetti nella Convenzione internazionale sulla prevenzione e repressione del genocidio: gruppo etnico, gruppo razziale, gruppo religioso, gruppo nazionale. Non sono di lieve entità i crimini contro l’umanità e i crimini di guerra che si possono ipotizzare "prima facie", avuto riguardo ai contesti in cui si realizzano.
Quali sono le condizioni per stabilire se qualcuno di questi crimini è stato effettivamente commesso?
Per i crimini contro l’umanità si deve provare la sussistenza di un attacco generalizzato o sistematico contro una popolazione civile. Per i crimini di guerra si richiede la sussistenza di un conflitto armato internazionale e/o di un conflitto armato a carattere non internazionale (quest’ultimo interessa per gli eventi antecedenti al 24 febbraio 2022). Nel conflitto armato internazionale attaccare o bombardare con qualsiasi mezzo, città, villaggi, abitazioni o costruzioni che non siano difesi e che non costituiscano obiettivi militari è un crimine di guerra anche se non deliberatamente.
Considerata la situazione sul campo, cosa dobbiamo aspettarci dalla Corte penale internazionale?
Soprattutto ci attendiamo che l’intervento della Cpi risulti più opportuno, più utile all’umanità degli interventi armati. La guerra segue sempre e solo un fine: vincere ed eliminare il nemico, costi quel che costi e i suoi esiti sono imprevedibili. E intanto il mosaico delle varie culture dei vari popoli che compongono l’umanità è distrutto. E questo ci riguarda tutti.
Cosa ci possiamo attendere dalla Corte penale internazionale?
La guerra segue sempre e solo un fine: vincere ed eliminare il nemico, costi quel che costi e i suoi esiti sono imprevedibili. E intanto il mosaico delle varie culture dei vari popoli che compongono l’umanità è distrutto. Ci riguarda tutti! Per contrastare questo rischio nel 1998 venne creata una Corte penale internazionale. Non lasciare impuniti i responsabili di crimini internazionali di competenza della CPI (genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra, come definiti nello Statuto di Roma) che possono essere stati commessi in Ucraina dal 21 novembre 2013 in poi, con particolare riguardo a coloro che hanno esercitato ruoli di governo e di comando, stante la gravità delle loro azioni; dare alle vittime di quei crimini un nome, una voce nei processi e un’adeguata riparazione; proteggere vittime e testimoni; far conoscere alla popolazione ucraina come la CIP funziona, costruire un dialogo e dimostrare che la Corte con sede a L’Aja è la loro oltre che la nostra Corte.
In concreto, quali sono i passaggi per l’avvio di una inchiesta in questo contesto e l’eventuale celebrazione di un processo?
Le indagini avviate dal procuratore, in seguito al ricevimento di referral di stati parte ( 39 inizialmente cui si sono aggiunti altri tre), uno dei trigger mechanism o condizioni di procedibilità, riguardano i crimini internazionali di genocidio, crimini contro l’umanità e crimini di guerra, commessi in Ucraina (da chiunque anche da esponenti ucraini ed eventuali loro complici), dal 21 novembre 2013 in poi. L’Ucraina non è stato parte ma aveva accettato la giurisdizione della CPI con due successive dichiarazioni, rispettivamente nel 2014 e nel 2017. Si tratta della fase più delicata. Il Procuratore deve raccogliere elementi di prova a carico e a discolpa cercando di ricostruire la verità di quanto denunciato. Deve prendere le misure necessarie per proteggere vittime e testimoni che potrebbero subire danni a causa della loro interazione con la Corte, deve assicurare le misure necessarie per conservare l’integrità delle prove. Assicura con accordi ad hoc la confidenzialità di informazioni che valgono come fonti per sviluppare le indagini.
L’acquisizione di prove sul campo da parte degli investigatori, presenti in Ucraina dall’inizio del conflitto, obbliga la Procura a chiedere un processo?
I risultati delle indagini servono a formulare accuse e individuare i responsabili contro i quali chiedere alla Pre-Trial Chamber misure restrittive della loro libertà, tra cui il mandato di arresto, richiesta che va suffragata da elementi a sostegno della necessità di impedire che l’imputato se rimane in libertà possa non essere disponibile per il processo, possa reiterare i crimini che gli vengono contestati o possa compromettere le prove. Queste procedure possono essere segretate se si dimostra che la loro pubblicazione potrebbe comprometterne l’efficacia. Se l’imputato o gli imputati vengono catturati e trasferiti alla giurisdizione della Corte, si proceda alla comparizione iniziale degli stessi e alla conferma delle accuse in contraddittorio. Se le accuse anche in parte vengono confermate in sede preliminare si passa al processo, vero e proprio, ove si presentano le prove dell’accusa e della difesa, con la partecipazione delle vittime che ne hanno fatto richiesta.
Oltre alla responsabilità diretta delle autorità civili e militari per i crimini commessi dagli stessi sussiste a loro carico anche la responsabilità per i crimini commessi dai loro subordinati in presenza di determinate condizioni.
La giurisprudenza elaborata dai Tribunale penali internazionali delle Nazioni Unite e lo statuto di Roma per la CPI ci consentono di definire la cosiddetta “responsabilità del comandante” Nel sistema della CPI, un comandante militare o persona facente effettivamente funzione di comandante militare é penalmente responsabile dei crimini di competenza della Corte commessi da forze poste sotto il suo effettivo comando o controllo o sotto la sua effettiva autorità e controllo, a seconda dei casi, quando non abbia esercitato un opportuno controllo su queste forze se sapeva o, date le circostanze, avrebbe dovuto sapere che le forze commettevano o stavano per commenterete tali crimini; e non ha preso tutte le misure necessarie e ragionevoli in suo potere per impedire o reprimere l'esecuzione o per sottoporre la questione alle autorità competenti a fini d'inchiesta e di azioni giudiziarie.
Nel caso in cui gli eventuali mandati di cattura non venissero eseguiti, il processo potrebbe svolgersi comunque?
Non vi è la possibilità di svolgere processi in absentia avanti la CPI almeno per ora, ferma restando la possibilità se gli Stati parte lo decideranno, di modificare lo Statuto a riguardo. Sono stati già fatti tentativi ma senza esito, allo stato.
Ci sono analogie tra il conflitto in Ucraina e altri casi di cui si è occupata la giustizia internazionale negli ultimi decenni?
I conflitti armati internazionali e o a carattere non internazionale sono purtroppo frequenti e pure frequentemente si commettono crimini atroci in tali contesti. Lo stupro addirittura è stato usato come arma per umiliare il nemico. I Tribunali penali internazionali per il Ruanda e per l’ex Jugoslavia, pur operando su una base giuridica diversa rispetto alla CPI ( i primi in base al Capitolo VII della Carta ONU e la seconda in base a un trattato che oggi conta 123 aderenti) hanno ottenuto condanne definitive di capi militari e autorità civili che costituiscono precedenti rilevanti anche per la CPI. E’ un acquis che non consente di tornare indietro quando si giustificavano le guerre e i mezzi usati. Rimangono, tuttavia,vuoti rischiosi nella definizione di crimini di guerra quanto all’uso di armi vietate poiché ogni giorno si producono nuove armi sempre più sofisticate, non classificate e capaci di operare autonomamente (armi letali autonome al di fuori del controllo umano).