Suor Jane Joan Kimathi, della congregazione cattolica di Nostra Signora della Carità del Buon Pastore (Reuters)
Bambini appena nati sottratti alle loro famiglie, trafficati e consegnati a donne sterili invocando il “miracolo”. La denuncia arriva da una suora cattolica keniana, Jane Joan Kimathi, che punta il dito contro quelle che vengono definite “chiese canaglia”, pseudo congregazioni religiose che “giocano” sulla debolezza di molte coppie per espandere la loro influenza in diverse zone del Kenya. E spesso anche con la complicità di funzionari governativi. “Queste chiese approfittano della fragilità di molti, fingendo di offrire “bambini del miracolo” a coppie che hanno problemi a concepire”, spiega suor Jane, 44 anni, residente in un convento a Karen, un sobborgo della capitale Nairobi.
La religiosa, che fa parte della congregazione cattolica di Nostra Signora della Carità del Buon Pastore, da oltre dieci anni è impegnata a salvare e a reintegrare le vittime del traffico di esseri umani. Secondo un recente rapporto del Dipartimento di Stato Usa, il Kenya è ampiamente coinvolto in questo fenomeno, anche come Paese di arrivo e di transito delle vittime. Secondo suor Jane, poco è stato fatto da quando, nel 2004, il predicatore evangelico keniano Gilbert Deya, che sta combattendo contro l’estradizione dalla Gran Bretagna, venne scoperto a trafficare “bambini del miracolo” a donne sterili. Donne convinte di essere rimaste incinta dopo che erano state fatte loro bere delle erbe, erano arrivate in Kenya dal Regno Unito per “partorire” aiutate dalla moglie di Deya, imprigionata nel 2005 per aver sottratto un bambino da un ospedale di Nairobi.
Negli slum della capitale keniana molte cliniche continuano a vendere per migliaia di dollari bambini appena nati, alle cui madri viene fatto credere che i loro figli siano morti durante o subito dopo il parto. “Nessuno parla, i leader non condannano quanto accade”, sottolinea suor Jane. Secondo il rapporto del Dipartimento di Stato Usa, sono stati 281 le inchieste avviate in Kenya nel 2016 per casi di traffico di esseri umani, inchieste che hanno portato a 105 arresti.
La congregazione di suor Jane ha salvato in un decennio quasi 3mila bambini keniani che erano stati venduti come schiavi per lavori domestici, abusi sessuali e accattonaggio. “E’ una soddisfazione sapere che si sta aiutando qualcuno ad avere una vita migliore, ma è anche straziante sapere che non siamo in grado di salvare tutti”, aggiunge la religiosa, che prima di dedicarsi al traffico di esseri umani ha trascorso sette anni in Costa d’Avorio per aiutare gli sfollati nei campi profughi. La sua congregazione dà rifugio e aiuto psicologico alle vittime, le aiuta a trovare lavoro e, se possibile, a riunirsi alle loro famiglie.
Molte delle ragazze salvate sono lavoratrici domestiche che sono state sfruttate da parenti che avevano promesso loro di mandarle a scuola. Altre vengono vendute come “schiave sessuali a uomini che hanno l’età dei loro padri” o per “rituali di pulizia a uomini che credono che il sesso con una ragazzina sia una cura per l’hiv”. Una quindicenne salvata da suor Jane dalla costa keniana, laddove il turismo sessuale è molto diffuso, è stata “sposata” a quattro uomini, dopo che uno zio l’aveva presa con sé promettendo alla famiglia di mandarla a scuola. Un fenomeno molto più diffuso di quanto le autorità locali sono disposte ad ammettere.