Voto in Israele (Ansa)
Testa a testa fino all’ultimo istante tra Netanyahu e Gantz alle politiche di ieri. Con un dato sorprendente, chiarissimo fin dai primi exit poll alla chiusura dei seggi, alle 21 (ora italiana): i due sfidanti hanno vinto molto. Moltissimo. Entrambi. Molti più seggi dei 30 pronosticati: 37/36 il Likud del premier uscente, 37/36 Blu e Bianco dell’ex generale. Benny e Bibi si sono dichiarati entrambi vincitori.
Gantz: «È chiaro che il nostro partito ha vinto». Netanyahu: «È chiaro che la nostra coalizione ha vinto». In effetti di chiaro c’è solo che potrebbero avere ragione tutti e due, perché il segreto sta nell’alchimia che sapranno preparare con gli altri partiti minori per formare una coalizione di governo. Una cosa è certa: il centro-destra ha guadagnato consensi, mentre è crollata la sinistra, con la disfatta del partito Laburista di Avi Gabbai, al punto più basso di sempre (solo 7/8 deputati alla Knesset contro i 24 ottenuti nel 2015) e di due gruppi storici come Meretz e Hadash.
Il voto ha certificato la spaccatura netta nel Paese. Chi ieri ha fatto registrare un’affluenza più bassa che in passato: 61,3% rispetto al 62,4% del 2015. Il primo a votare è stato Gantz. «Sono felice di mettermi al servizio di Israele e di impegnarmi per il bene dei cittadini su un nuovo corso», ha detto ai giornalisti nel seggio allestito in una scuola vicino a Tel Aviv. Tornando indietro, quasi un segno del destino, si è ritrovato di fronte a un incidente stradale, e ha prestato primo soccorso a un motociclista rimasto ferito, restando accanto a lui fino all’arrivo dell’ambulanza, mentre tutti riprendevano con il telefonino.
Netanyahu, invece, ha votato a Gerusalemme, accompagnato dalla moglie Sara. Ha voluto rivolgere un ultimo appello agli israeliani: «Dovete fare la scelta giusta, ma non posso dirvi quale. O forse posso ma non lo farò». E ha indirizzato una chiamata tutta particolare ai tanti che si stavano godendo la giornata di pausa (per consentire le operazioni di voto) nelle spiagge del Paese: «Uscite dall’acqua e andate a votare Likud, altrimenti domani vi sveglierete con Gantz primo ministro e un governo di sinistra», ha detto. Benny e Bibi, Tel Aviv e Gerusalemme: le due facce politiche del Paese.
Per tutta la giornata nella Città Vecchia l’aria è stata particolarmente tesa. Gli ultraortodossi sono andati alle urne in piccoli gruppi dal passo frettoloso. Rappresentano il 12% della popolazione e sono quasi sempre determinanti per creare la coalizione governativa. Tuttavia quest’anno anche tra di loro sono aumentati gli indecisi. Quanto agli arabi, tradizionalmente la loro affluenza è molto bassa, ma ieri i primi dati parlavano di uno dei punti più bassi mai raggiunti. E sì che la proposta di Netanyahu, lanciata due giorni prima delle elezioni, sull’annessione di parte della Cisgiordania, avrebbe potuto sollecitare una reazione forte. Invece no: «Tanto anche se votassi non cambierebbe nulla».
Non è mancata una polemica pesante: due osservatori del Likud sono stati trovati in possesso di videocamere in due seggi. Il partito ha confermato di aver dotato 1.200 osservatori elettorali di telecamere per documentare eventuali frodi elettorali fra gli arabo-israeliani. La Commissione elettorale ha evidenziato che è vietato riprendere gli elettori ma l’avvocato del Likud, Koby Matza, ha insistito che le telecamere non erano affatto nascoste. I rappresentanti dei partiti arabi hanno presentato una protesta formale denunciando «un palese tentativo di intimidazione». Tel Aviv è sembrata lontana mille anni luce da queste tensioni. La città ha organizzato in diversi pub degli “election party” per seguire lo spoglio delle schede. La scelta qui si è orientata soprattutto su Gantz e Meretz, il partito di sinistra più vicino alla borghesia cittadina. Tutti comunque a discutere. Pronti per una notte insonne di fronte alle proiezioni per vedere chi, alla fine, sarà il vero vincitore. Unica certezza: Israele inizierà oggi un nuovo corso.