mercoledì 16 ottobre 2024
Il vicario patriarcale maronita: i caschiblu devono restare finché non si arriverà a un cessate il fuoco. Salite a 24 le vittime del bombardamento israeliano nel villaggio cristiano del Nord
Le macerie di alcune case colpite da Israele nel villaggio, a prevalenza cristiana, di Aitou nel nord del Libano

Le macerie di alcune case colpite da Israele nel villaggio, a prevalenza cristiana, di Aitou nel nord del Libano - Reuters

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«Nelle guerre si fronteggiano due eserciti, invece qui in Libano assistiamo di continuo a eccidi di civili e innocenti». Non nasconde la sua indignazione monsignor Hanna Alwan, vicario patriarcale maronita, per l'ennesima strage avvenuta lunedì ad Aitou, villaggio cristiano del Nord del Libano, e costata la vita a 24 sfollati del Sud. Tra le vittime, tutte scappate da Aitaroun – una delle località più colpite nel Sud del Libano – 12 donne e 2 bambine, Aline e Rukaya.

Lo stesso prelato, d'altronde, è originario di Aitou, una località interamente maronita situata nel distretto settentrionale di Zgharta. «Con questo raid – prosegue monsignor Alwan – ci vediamo messi in una posizione imbarazzante». «Da una parte – spiega – vorremmo accogliere con spirito di amore cristiano le famiglie in fuga dalle zone di guerra nel Sud o dalla periferia meridionale di Beirut, ma dall'altra sappiamo che Israele non opera alcuna distinzione tra militari e civili e che per eliminare un solo militante di Hezbollah non esita a uccidere 20, 30 o 100 civili».

«Questo si chiama crimine di guerra», sottolinea monsignor Alwan che per dieci anni è stato rettore del Pontificio collegio maronita di Roma. Poi lancia un appello all'Italia e agli altri Paesi che partecipano alla missione Unifil. «Da più parti si alzano voci per chiedere di ritirare i caschi blu dal Sud del Libano. Noi invece vi sollecitiamo a non abbandonare il Libano. Questo è il modo con cui la comunità internazionale può dare un aiuto concreto in questo momento di prova, in attesa che venga raggiunto al più presto un cessate il fuoco». E il contributo dei libanesi, chiediamo? «Il patriarca maronita Béchara Rai ha convocato per domani (oggi per chi legge, ndr) presso la sede di Bkerke un vertice con tutti i capi religiosi del Libano, cristiani e musulmani. Speriamo di poter indicare una via d'uscita soddisfacente per tutti e salvare di conseguenza il Libano dalla devastazione cui stiamo assistendo».

Sempre su Aito, una nota diffusa dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani, afferma che «il raid su un edificio residenziale di quattro piani nel nord del Libano fa crescere la preoccupazione sul rispetto del diritto bellico» da parte di Israele. Un portavoce dello stesso ufficio Onu ha chiesto in una conferenza stampa a Ginevra un'indagine «rapida, indipendente e approfondita» sulla morte di diversi civili nell'attacco. «Con questi fattori in mente – ha aggiunto il portavoce Jeremy Laurence – abbiamo reali preoccupazioni riguardo al diritto internazionale umanitario, quindi alle leggi di guerra e ai principi di distinzione e proporzionalità».

In una giornata in cui ci sono state almeno 41 persone uccise e più di 120 ferite dai raid israelianintanto a Beirut, il primo ministro Najib Mikati si è detto pronto ad aumentare la presenza dell'esercito libanese nel Sud del Paese dopo che sarà raggiunto un accordo di cessate il fuoco con Israele. «Attualmente – ha detto Mikati – abbiamo 4.500 soldati nel Libano meridionale e vorremmo aumentarli di 7-11mila unità».

Il numero due di Hezbollah, Naim Qassem, ha intanto tenuto un nuovo minaccioso discorso televisivo : «Visto che il nemico israeliano colpisce tutto il Libano – ha detto Qassem – noi colpiremo ogni punto di Israele: al nord, al sud, al centro». «Hezbollah – ha puntualizzato – combatte come resistenza e prende di mira militari israeliani, mentre Israele uccide brutalmente bambini, donne e anziani». Secondo il vice del leader ucciso Hassan Nasrallah, Israele «rappresenta un pericolo reale per la regione e per il mondo intero» per cui «non si può separare il Libano dalla Palestina». Qassem ha infine detto che nel 2000 Israele ha lasciato il Libano solo grazie alla resistenza, ma che «il Libano fa parte del suo progetto di occupazione».

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