sabato 14 ottobre 2023
Il pesante "gioco" di Hezbollah e l'incognita del fattore Assad fanno propendere per il "sì", ma le pressioni internazionali possono essere fondamentali
Una donna palestinese trova riparo in una scuola gestita dall'Onu nel sud della Striscia di Gaza

Una donna palestinese trova riparo in una scuola gestita dall'Onu nel sud della Striscia di Gaza - Ansa

COMMENTA E CONDIVIDI

Il conflitto tra Hamas e Israele può estendersi alla regione mediorientale?

Perché sì

Il pesante "gioco" di Hezbollah e l'incognita del fattore Assad

Una delle incognite del conflitto in atto è relativo al rischio ampliamento. Se escludiamo la Cisgiordania, il fronte più vulnerabile è quello settentrionale che comprende il Libano e la Siria. Il ripetuto tiro incrociato di razzi negli ultimi giorni tra gli israeliani e Hezbollah fa temere un coinvolgimento “involontario” del Libano ufficiale, magari a causa di un'operazione condotta oltre confine da militanti palestinesi. Lo stesso dicasi della Siria che si è vista bombardare due principali aeroporti, Damasco e Aleppo. Assad e Hezbollah sono legati a doppio filo all'Iran, che rimane il bersaglio ultimo dei falchi israeliani. Una guerra regionale offrirebbe l'occasione di mettere fine al programma nucleare di Teheran. Lo sceicco Naim Qassem, il vice di Hassan Nasrallah, ha detto venerdì scorso che «Hezbollah conosce le sue responsabilità». «Parteciperemo a questa operazione – ha aggiunto Qassem – secondo i nostri piani e la nostra visione». Il quotidiano libanese al-Akhbar, vicino al gruppo sciita, ha pubblicato ieri un articolo intitolato «Le basi del nemico americano. Minaccia o obiettivi», corredato di una mappa di tutte le basi statunitensi presenti tra il Mediterraneo e l'Iraq con le loro relative coordinate geografiche. «Quando gli Stati Uniti hanno annunciato l'entrata in servizio della portaerei Uss Gerald Ford – si legge nell'articolo – una ricerca cinese ha dimostrato che è possibile affondarla con 24 missili ipersonici». Un fatto, aggiunge il quotidiano, «che consente quantomeno pensare che l'asse della resistenza guidato dall'Iran possiede ormai questi missili capaci di provvedere».

Perché no

Le pressioni internazionali possono essere fondamentali

Pressioni da ogni parte si esercitano dalle diplomazie per prevenire tale rischio. Anzitutto sul malmesso Abu Mazen per spingerlo a contenere le manifestazioni di solidarietà in corso in tutta la Cisgiordania. A Beirut è un via vai di emissari internazionali per “raccomandare” al Libano (che si trova da circa un anno senza presidente della Repubblica) la massima prudenza. Lo stesso capo della diplomazia iraniana ha dichiarato da Beirut che «la sicurezza e la stabilità del Libano» stanno a cuore al suo Paese.
Gli scontri sul confine tra Hezbollah e Israele vengono considerati come dovuto «gesto di solidarietà»” con gli alleati di Hamas, ma non intendono andare oltre. Per diverse considerazioni. Anzitutto, perché il Partito di Dio si rende conto di aver perso gran parte di quella “simpatia” negli ambienti cristiani e sunniti locali, cosa che gli aveva permesso di stare in piedi nel 2006 durante l'ultima guerra con Israele. Hezbollah non intende certo dare delle “garanzie” di non intervento nell'attuale conflitto a nessuno, anche per mantenere una certa pressione psicologica su Israele.
Un'altra considerazione è la presenza nel Sud del Libano di un contingente dell'Onu, la Unifil. Nonostante abbia molti limiti, tale forza rimane uno scomodo testimone per i possibili belligeranti. Un'ultima considerazione riguarda l'estensione dell'eventuale fronte libanese. La Linea Blu (che non è un confine definitivo, ma una “linea armistiziale” tracciata dall'Onu nel 2000) si estende per circa 118 chilometri, tre volte tanto la frontiera tra Israele e Gaza. Aprire un nuovo fronte non sarebbe una passeggiata.

© Riproduzione riservata
COMMENTA E CONDIVIDI