François Fillon ha vinto le primarie del centro-destra e si prepara a sfidare Hollande.
PARIGI «Fillon ha intercettato le attese dell’elettorato attento ai valori, ma il suo ultraliberismo economico potrebbe perturbare alla lunga molti di questi elettori». A sostenerlo è Jean-Marie Donegani, fra i più noti politologi francesi, autore di numerosi saggi, docente a Sciences-Po e all’Institut Catholique di Parigi.
«Affermare i nostri valori», recita una delle tre grandi priorità del cattolico François Fillon. Una svolta?
Più che nei singoli contenuti, la novità con Fillon risiede soprattutto nella forza con la quale sono affermati e trasformati in un emblema e in un fondamento. In passato, gli stessi valori restavano sottintesi, se non taciuti. Negli ultimi anni, il campo della destra aveva insistito molto più su altre questioni, anche sociali. Era stato il caso di Chirac, ma anche di Sarkozy e di altri.
Fillon, poi seguito da altri suoi concorrenti, è stato il primo a rispondere alla lettera dei vescovi francesi sulla necessità di «ritrovare il senso della politica». Le primarie sono entrate in dialogo con il mondo cattolico?
Ritengo di sì, anche se Fillon non ha intenzione di tornare indietro sulla legge Taubira [sulle nozze gay, ndr]. È chiaro che Fillon, più di altri, ha instaurato un dialogo con i francesi e cattolici di sensibilità vi- cina alla Manif pour tous, traendone certamente un beneficio. Ma non sono certo che si possa dedurne automaticamente una sintonia profonda e duratura. Occorrerà attendere per capire in che modo ciò rientri pure in un’abile strategia elettorale. Secondo i nostri rilevamenti, nel duello finale, Fillon ha inequivocabilmente saputo attirare l’elettorato cattolico. Fra i praticanti, 83% erano più vicini alle sue posizioni, contro 17% per Juppé.
Nei dibattiti di queste settimane, tornano spesso la parola “identità” e la rivendicazione di una riflessione politica più approfondita in proposito. Un altro punto favorevole a Fillon?
Certamente. Inoltre, Fillon può apparire a una parte dell’elettorato come un rappresentante dell’identità francese classica, per così dire: le sue origini provinciali, così come il fatto di non essere uscito dall’Ena, la Scuola nazionale d’amministrazione. Ma anche l’immagine di una prossimità con i valori tradizionali. Al contempo, nel caso di Fillon, quest’identità può alla lunga risultare perturbata dalle sue idee fortemente liberiste in campo economico.
Fillon si è recato più volte in Medio Oriente per sensibilizzare l’opinione pubblica sul destino tragico dei cristiani d’Oriente. Un tratto recepito dall’elettorato?
Sì. È stata una scelta distintiva della sua campagna. Si è presentato come un difensore dei valori cristiani su una questione chiave che non può lasciare indifferente una parte considerevole dell’opinione pubblica.
È pure il candidato più frontalmente schierato contro la maternità surrogata. Ha contribuito a rendere visibile questo tema?
Senza voler sopprimere integralmente la legge Taubira, si è in effetti mostrato fermamente contrario su punti specifici legati alla filiazione, come la maternità surrogata. Oggi, in proposito, i rilevamenti ci dicono che si tratta di una pratica verso la quale esprimono diffidenza e opposizione anche molti non cattolici.
Fillon ha pubblicamente definito una «vittoria francese» la recente conferma costituzionale della legalità dei presepi nei luoghi pubblici. Ciò rappresenta una novità da parte di un leader di primo piano?
Ha molto insistito soprattutto sul valore universale e familiare del presepe e sulla sua iscrizione nella tradizione e nella cultura francesi. Un modo per dire: la Francia è cattolica ed ha radici cristiane, dunque non ha senso su tali simboli tradizionali invocare una laicità intransigente e violenta.