Funzionari turchi nell'ambasciata di Riad a Istanbul (Ansa)
Il via libera all'interrogatorio sarebbe arrivato direttamente dal principe ereditario saudita, Mohammed bin Salman. Ma poi qualcosa, all'interno del consolato saudita di Istanbul, sarebbe andato storto e l'interrogatorio sarebbe sfociato nella tragedia per "colpa di servizi segreti deviati". A dichiararlo al New York Times una fonte saudita. Mentre sembra davvero imminente una svolta delle indagini nella scomparsa del giornalista saudita Jamal Khashoggi, Riad prova a confezionare una sua versione dei fatti per salvare il salvabile. Fino ad ora le autorità saudite hanno continuano a negare ogni responsabilità, anche «spalleggiate» da Donald Trump: ma già ieri due fonti della Cnn hanno riferito che l’Arabia Saudita si starebbe in realtà preparando ad «ammettere» in un rapporto che l’editorialista del Washington Post è morto nel proprio consolato di Istanbul come risultato di un «interrogatorio finito male». Il rapporto tenderebbe probabilmente a escludere ordini dall’alto, tanto da sottolineare che coloro che sono coinvolti nell’accaduto verrebbero considerati come i soli responsabili. E oggi il quotidiano newyorkese ha rincarato la dose. MbS aveva ordinato il rimpatrio forzato del giornalista in Arabia Saudita e l'ufficiale "amico del principe" che ha organizzato e condotto l'interrogatorio si sarebbe spinto troppo oltre, finendo per uccidere il giornalista.
Tutto da vedere se sarà davvero questa la versione finale del rapporto, a quanto pare ancora passibile di ulteriori cambiamenti. Certo è che Donald Trump, leader del principale alleato occidentale di Riad, sembrava credere alla versione finora sbandierata dalla monarchia saudita, che ha finora smentito le accuse della Turchia. «Potrebbero essere stati dei criminali... Chi lo sa? Stiamo cercando di arrivare in fondo alla vicenda – ha detto ieri il capo della Casa Bianca –. Ho appena parlato con il re dell’Arabia Saudita, che nega fermamente di essere a conoscenza di cosa sia accaduto a quello che ha definito un connazionale. La smentita è stata molto molto forte».
Il presidente Usa ha comunque deciso di inviare immediatamente in Arabia Saudita il suo segretario di Stato, Mike Pompeo. Ieri Riad ha permesso agli inquirenti turchi di perquisire la sede del loro consolato, dove il 59enne cronista saudita dissidente si era recato il 2 ottobre scorso per ritirare un documento necessario al suo prossimo matrimonio. Le autorità turche sono entrate nella sede diplomatica insieme a un gruppo di investigatori inviati da Riad. I tecnici della polizia turca hanno anche preso in consegna dalla fidanzata dell’opinionista (al quale la monarchia saudita aveva proibito di continuare a scrivere articoli critici del regime, costringendo all’esilio negli Stati Uniti) i due iPhone di Khashoggi, ma non sono ancor riusciti ad accedere a tutte le informazioni contenute al loro interno. La compagna dell’uomo, Hatice Cengiz, li aveva ricevuti dal fidanzato all’esterno del consolato, insieme alle istruzioni di chiamare le autorità turche e di consegnarli alla polizia in caso non avesse avuto sue notizie nel giro di un’ora. Gli inquirenti turchi che hanno ricostruito le ore successive alla sua sparizione sono convinti che un commando di 15 membri dei servizi segreti e delle forze di sicurezza saudite, arrivato apposta da Riad a bordo di due aerei del governo saudita, abbiano ucciso Khashoggi e ne abbiano smembrato il corpo.
L’intelligence turca sta anche indagando sulla possibilità che il cadavere del giornalista sia stato sciolto nell’acido. Ankara, che ha condiviso i suoi sospetti con molti giornalisti in modo anonimo, evitando però finora di esprimerli in modo formale al potente vicino mediorientale, sostiene di avere file audio e video che provano l’esecuzione sommaria della scomoda voce critica dell’erede al trono saudita, Mohammed bin Salman.
Nonostante la posizione ufficiale dell’Amministrazione Trump, l’intelligence americana condivide i sospetti dei colleghi turchi di un coinvolgimento saudita nella scomparsa di Khashoggi. Stando ai media Usa, infatti, gli 007 statunitensi hanno intercettato comunicazioni di alti funzionari sauditi che descrivevano un piano per rapire il dissidente e riportarlo in patria. Alcuni membri dei servizi segreti americani avanzano però l’ipotesi che questo complotto possa essere stato portato a termine senza la conoscenza diretta dei vertici di Riad.
Ieri intanto la fidanzata dell’editorialista, in un articolo sul New York Times, ha rinnovato i suoi appelli alla comunità internazionale affinché cerchi fino in fondo di scoprire cosa ne è stato dell’uomo che, se non fosse sparito, oggi sarebbe suo marito. Il caso ha gettato le basi per un vero e proprio incidente diplomatico fra Riad e l’Occidente, creando tensioni anche sui mercati azionari e sul prezzo del petrolio. L’Arabia Saudita è infatti il principale Paese esportatore al mondo di greggio. La finanza internazionale sta boicottando il progetto, voluto dal principe ereditario saudita, di "Davos nel deserto", il summit dei giganti della finanza in programma a Riad dal 23 al 25 ottobre.