Darya Dugina con il padre AleXander - Ansa
L’attentatrice di Darya Dugina, secondo la Russia, ha un nome: si chiama Natalya Vovk, ha 43 anni, viene da Kiev e farebbe parte del battaglione di Azov, unità militare considerata di orientamento neonazista. Un particolare, quest’ultimo, che potrebbe rappresentare l’escamotage utile a Mosca per attuare una recrudescenza delle operazioni militari in Ucraina. I contorni dell’attacco che sabato notte ha portato alla morte della figlia del filosofo ultra-nazionalista, Alexandr Dugin, sono però ancora poco chiari, e nonostante la versione ufficiale delle autorità, arrivata a tempo di record, non si sono fermati né i dubbi né le polemiche, mentre Kiev ha bollato la ricostruzione come «fantasiosa propaganda». Di certo si sa solo che Darya – che, come suo padre, si era sempre spesa a favore di una guerra a oltranza contro l’Ucraina – è saltata in aria sulla sua Toyota dopo aver partecipato a un convegno dell’estrema destra sul tema della “tradizione”, e dove era stata accolta come l’ospite d’onore. Con lei c’era anche il padre, noto in Occidente come «l’ideologo di Putin», ma che in realtà non ha mai avuto contatti diretti con il presidente, né incarichi ufficiali. Da qualche anno era stato anche allontanato dalle università dove insegnava. Probabilmente, l’ordigno nascosto nell’auto e comandato a distanza, era destinato proprio a lui, che ha deciso di viaggiare su un’altra macchina all’ultimo momento.
Il presidente russo, Vladimir Putin, si è limitato a un messaggio in cui ha definito Darya Dugina una «persona brillante e di talento, un vero cuore russo», vittima di «un crimine vile e crudele». L’Fsb, il servizio segreto, ha parlato chiaramente di coinvolgimento dell’intelligence ucraina. Ancora più forte la reazione dello stesso Dugin e di Tsargrad, l’emittente appartenente all’oligarca ultraconservatore Konstantin Ma-lofeev, di cui il filosofo è stato una delle anime principali, e dove la figlia avrebbe dovuto condurre a breve una trasmissione intitolata “Prima i russi”. Il notiziario della televisione ha ipotizzato che il mandante dell’attentato sia l’Occidente, spiegando che la vittima era «una vera guerriera » e che il suo omicidio ha «scioccato milioni di persone non solo in Russia, ma in tutto il mondo». Mentre il padre ha parlato di un «atto di terrorismo del regime di Kiev». Dugin ha però anche approfittato dell’occasione per incitare a continuare la guerra contro l’Ucraina. «Era una bellissima donna ortodossa, una patriota. Abbiamo solo bisogno della vittoria – ha spiegato –. Mia figlia ha sacrificato la sua vita di giovane donna sul suo altare. I nostri cuori bramano non solo la vendetta, a noi serve la vittoria. E allora vincete, per favore!!».
Nel pomeriggio, l’Fsb ha diffuso alcuni filmati che mostrano i movimenti dell’attentatrice. Natalia Vovk era «entrata in Russia dall’Ucraina lo scorso 23 luglio» con la figlia e viveva proprio nello stesso condominio di Dugina. Ha lasciato la Russia alle 12 del 21 agosto, diverse ore dopo l’attentato, passando la frontiera per l’Estonia, dopo che la sua macchina è stata perquisita a fondo. Tallin, nel frattempo, ha fatto sapere di non aver ricevuto «alcuna informazione ufficiale o richiesta dalle autorità russe su questa questione», inclusa l’estradizione, e che si possono «pubblicare i dati sugli attraversamenti delle frontiere solo nei casi previsti dalla legge». Questi i fatti, inclusa la versione delle autorità russe, dietro la quale si celano dubbi e ombre sul futuro. Domenica era circolata la voce che l’attentato fosse da addebitare all’Esercito nazionale repubblicano, una formazione clandestina nuova, già responsabile dei numerosi attacchi ai centri di reclutamento dei mesi scorsi. Un’altra ipotesi, è che dietro l’attentato, in realtà, ci sarebbe quella parte di intelligence, contraria all’intervento in Ucraina e che non è per niente soddisfatta dalla piega che hanno preso le sorti del conflitto. A questo proposito, alcuni canali Telegram hanno rivelato che, non più di due settimane fa, Dugin aveva incontrato un generale dell’Fsb, con il quale si era lamentato del fatto che il conflitto contro Kiev era stato condotto in maniera troppo poco decisa. I tentativi del filosofo di far cambiare approccio alla guerra e la sua influenza sui circoli ultra-conservatori del Paese potrebbero avere indotto una parte di intelligence a intervenire, sbagliando però obiettivo con la decisione di Dugin di cambiare auto all’ultimo momento.
Rimane il fatto che, a tempo di record, la Russia ha fornito una versione dei fatti che, per Mosca, inchioda Kiev, e che tale versione arriva a poche ore dal 32mo anniversario dell’Indipendenza ucraina, e a sei mesi dallo scoppio della guerra, sullo sfondo di nuove, possibili tensioni con l’Estonia. Un pretesto che potrebbe essere usato dal Cremlino per dare vita una recrudescenza dell’“operazione militare speciale”. Ma che mette il presidente Putin in non poca difficoltà. Fra i dubbi che sono sorti nelle ultime ore, ci sono anche quelli relativi alla sicurezza interna del Paese e a quanto i servizi di intelligence siano realmente affidabili. Il tutto in un momento in cui il disagio nei confronti dell’“operazione militare speciale” sta aumentando e le sanzioni impattano sempre di più sulla vita di tutti i giorni.