sabato 25 maggio 2019
L'immagine di centinaia di persone sulla punta della montagna ha scatenato dure polemiche sul rischio che gli alpinisti corrono proprio a causa del "traffico" ad alta quota
L'Everest sovraffollato: 320 in vetta e dieci morti in una settimana
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La foto della cima dell'Everest affollata da oltre 300 scalatori in fila uno dietro l'altro, postata tre giorni fa su Instagram da Nirmal Purja e diventata subito virale, ha scatenato dure polemiche sul rischio che gli alpinisti corrono proprio a causa del "traffico" ad alta quota.

Nell'ultima settimana sono ben dieci gli scalatori morti proprio a causa di malori dovuti all'altitudine nel mese più popolare per affrontare il tetto del mondo ma che ha concesso poche giornate di bel tempo. Il capo dell'ufficio del turismo nepalese Danduraj Ghimire ha definito "senza senso" le voci secondo le quali tra le cause di morte degli scalatori potrebbe esserci il sovraffollamento della cima e i tempi lunghissimi, fino a due ore di coda, per raggiungere la vetta. Tuttavia secondo gli esperti l'ipotesi non è del tutto
infondata tanto più che il mal di montagna è già la prima causa di morte. Ad un'altezza di 8.848, infatti, ogni respiro contiene un terzo dell'ossigeno rispetto a quello che si trova al livello del mare.

Il corpo umano, inoltre, si deteriora più rapidamente e può sopravvivere a quelle altitudini solo pochi minuti. Nella foto diventata ormai diventata famosa si vedono circa 320 persone presenti contemporaneamente in un punto noto, secondo l'autore dello scatto, come "la zona della morte".

L'ultima vittima, ieri, l'americano Donald Cash, 55 anni, che aveva lasciato il suo lavoro di manager per realizzare il sogno di scalare le sette cime, le montagne più alte in ciascun continente. Nell'ultimo messaggio mandato ad uno dei suoi quattro figli prima di sentirsi male aveva scritto: "Mi sento così fortunato ad essere sulla montagna che ho sognato per 40 anni".

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