giovedì 26 dicembre 2019
L'8 gennaio il Parlamento di Ankara vota il via libera all'intervento militare al fianco del premier Sarraj. Conte prova a correre ai ripari: telefonate con Mosca e Il Cairo
Recep Tayyip Erdogan a Tunisi, dove ha incontrato per la prima volta l'omologo tunisino Kais Saied

Recep Tayyip Erdogan a Tunisi, dove ha incontrato per la prima volta l'omologo tunisino Kais Saied - Ansa

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La Turchia va alla guerra. Il prossimo 8 gennaio, il Parlamento di Ankara voterà l’invio dei soldati in Libia, come richiesto dal governo di Tripoli. A dirlo, è stato il presidente turco, Recep Tayyip Erdogan, che proprio quel giorno dovrebbe anche incontrare Vladimir Putin. «Basandoci sul nostro “Memorandum of understading” – ha spiegato Erdogan – sottoporremo una mozione al Parlamento per il dispiegamento di truppe in Libia non appena riaprirà l’assemblea».

Il Memorandum al quale si riferisce è quello firmato lo scorso 27 novembre, con il quale la Turchia, con un clamoroso voltafaccia, è passata dalla fazione del generale Khalifa Haftar, uomo forte di Bengasi, a quella del primo ministro Fayez al-Sarraj ridisegnando, con la creazione di un corridoio marittimo fra il Paese nordafricano e la Turchia, le acque di pertinenza e le zone economiche degli altri Stati che affacciano sul Mediterraneo. L’atteggiamento di Ankara sta mettendo in allarme tutte le altre nazioni presenti in Libia, in testa l’Italia, che sostiene da sempre al-Sarraj e che rischia di vedersi portare via una parte della propria influenza proprio dalla Turchia.

Palazzo Chigi ha reso noto che il presidente del Consiglio, Giuseppe Conte, ha avuto una telefonata «lunga e articolata» con il presidente russo Vladimir Putin, nella quale, oltre che di rapporti bilaterali e Ucraina, hanno parlato soprattutto di Libia, promettendosi «un aggiornamento costante sulla situazione nel Paese». Il premier ha incassato anche il sostegno del presidente egiziano al-Sisi, perché venga assicurata la stabilità e la sicurezza nel Paese.

La situazione potrebbe peggiorare rapidamente. Haftar sta continuando la sua lenta avanzata verso Tripoli. Ieri ci sono stati altri tre civili uccisi ad al-Zawiya, a pochi chilometri da Tripoli, dove si stanno concentrando i raid aerei di Bengasi. Ci sarebbero anche diversi feriti, fra cui donne e bambini.

Il ministro dell’Interno del governo di accordo nazionale libico (internazionalmente riconosciuto), Fathi Bashagha, si è recato in visita a Tunisi e ha dichiarato: «Se cade Tripoli, cadranno anche Tunisia e Algeria», lasciando intendere che per la stabilità della regione è necessario fare riferimento ad al-Sarraj. Appena 24 ore prima, il presidente Erdogan aveva incontrato a sorpresa l’omologo tunisino, Kais Saied, con il quale aveva discusso una possibile road map per arrivare a un cessate il fuoco in Libia. Il capo di Stato Turco si è presentato accompagnato dal ministro degli Esteri, Mevlut Cavusoglu, da quello della Difesa, Hulusi Hakar e dal capo dell’intelligence, Hakan Findan, segno che Ankara vuole assumere un ruolo di primo piano.

Gli ostacoli, però, sono tanti. Tanto per cominciare, Haftar, irritato dal tradimento di Erdogan, quattro giorni fa ha sequestrato un cargo battente bandiera di Grenada ma dall’equipaggio turco. Imbarcazione e personale sono ancora nelle mani dell’uomo forte di Bengasi, che ha promesso di abbattere le navi e gli aerei turchi che portano navi a Tripoli, cosa che, per la cronaca, Ankara faceva già da qualche mese, anche prima del voltafaccia ufficiale.

Ci sono poi le altre nazioni che vedono minacciati i loro interessi sul territorio o gli equilibri della regione dall’esuberanza di Ankara. Per giustificare tale intervento, Erdogan ha usato come motivazione il fatto che che il governo di accordo nazionale libico è riconosciuto dall’Onu, mentre Haftar non ha alcuna legittimità internazionale. Ad appoggiarlo, però, ci sono la Russia, stretto alleato di Ankara e che non vuole una escalation militare, l’Egitto di al-Sisi, la più grande potenza dell’area, ostile alla Turchia perché appoggia i Fratelli musulmani, l’Arabia Saudita e la Francia.

TUTTI GLI UOMINI DEL LEADER SARRAJ. La forza bellica del premier Fayez al-Sarraj è molto articolata e difficile da stimare. A ridosso della capitale ruotano almeno 5 milizie di diverse centinaia di uomini. Un pentagono non proprio omogeneo, imperniato sui rivoluzionari di Al Tajouri, sui salafiti di Rauf Kara e sugli uomini di Al Kikli e Hashm Bishr, con l’appendice della milizia al Nasr, controllata dai fratelli Kochlav e tra le cui fila milita il trafficante di uomini Bija. Il nerbo dei pretoriani di Sarraj è però costituito dalle milizie di Misurata e Zintan. Le prime formano un complesso di 20mila uomini circa, molto ben armati dai turchi. Anche le milizie di Zintan sono una delle forze più irriducibili della Tripolitania. Riavvicinatesi a Sarraj, allineano 2.500 uomini circa, con ex commando e paracadutisti dell’esercito di Gheddafi, acquartierati sul Nafusah. Il premier Sarraj può contare sul supporto crescente della Turchia, che fornisce armi leggere, blindati, droni armati, missili antiaerei e presto forze fresche, stimabili in 5mila uomini. (F.P.)

L’ESERCITO DI HAFTAR. L’Esercito nazionale libico del maresciallo Khalifa Haftar conta su una forza regolare di 7mila uomini, intorno alla quale ruotano 18mila miliziani ausiliari. Fra gli ultimi figurano molti mercenari ciadiani e 3mila sudanesi del Darfur, privi di paga dalla caduta di Gheddafi. Il Maresciallo ha l’appoggio delle trubù cirenaiche e di quelle gheddafiane della Tripolitania. Le sue forze di manovra sono costituite da due brigate di fanteria meccanizzata, una brigata di carri, tre brigate di artiglieria, una brigata di forze speciali e unità minori delle forze di deterrenza della Rada. Ma nei combattimenti l’unità che spicca è la compagnia di 50-100 uomini. Alcune componenti sono molto ben equipaggiate, con materiali recenti, forniti da emiratini, egiziani e russi. La base di al-Khadim è il sancta sanctorum delle operazioni aeree di Abu Dhabi in Libia. Anche Mosca è della partita, con un migliaio di mercenari della compagnia militare privata Wagner, specialis-ti in zone urbane. (F.P.)

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