venerdì 25 ottobre 2019
Riprende la rivolta nei due paesi a tre settimane dalla sanguinosa repressione irachena dei primi di ottobre. Almeno due manifestanti sono morti a Bagdad e 227 persone sono state ferite
Manifestanti antigovernativi abbattono un muro su un ponte nel centro di Bagdad (Ansa)

Manifestanti antigovernativi abbattono un muro su un ponte nel centro di Bagdad (Ansa)

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Di nuovo tensione alle stelle in Iraq, a tre settimane dalla sanguinosa repressione delle proteste, che ha visto oltre cento morti in sei giorni e circa seimila feriti. Almeno due manifestanti sono morti, durante la notte, a Bagdad e 227 persone sono state ferite, secondo quanto denunciato dalla Commissione irachena per i diritti umani. Tra le vittime anche un anziano morto per problemi respiratori.

Le proteste antigovernative contro la corruzione, il carovita, gli scarsi servizi pubblici e l'alto tasso di disoccupazione nel paese sono riprese dopo la strage degli inizi di ottobre. Ali Bayati, membro della Commissione per i diritti umani, ha dichiarato che i manifestanti sono morti per le ferite subite, dopo essere stati colpiti da bombolette di gas lacrimogeni. E' la prima volta che la polizia usa proiettili veri, insieme a lacrimogeni e acqua bollente, per reprimere la rivolta.

Secondo il ministero degli interni anche sessanta poliziotti sono stati feriti negli scontri. Immagini televisive, diffuse da Bagdad, mostrano le forze di polizia che sparano lacrimogeni, colpi di arma da fuoco in aria, e pallottole di gomma in direzione dei manifestanti nei pressi della Zona Verde, dove si trovano uffici governativi e ambasciate.

In migliaia, oggi, hanno protestato nella capitale e in altre undici città del paese, dopo che le autorità irachene avevano dichiarato lo stato di emergenza. Lo ha annunciato il ministero degli Interni, che ha anche chiesto alle forze di sicurezza di usare moderazione nell'affrontare i manifestanti. Secondo un’inchiesta governativa, infatti, agli inizi del mese vi è stato "un uso eccessivo della forza" da parte dei militari.

Oggi i manifestanti potrebbero anche chiedere le dimissioni del primo ministro iracheno Adel AbdulMahdi e del suo governo. Sempre oggi la sede del governo provinciale di Nassiriya, in Iraq, è stata data alle fiamme dai manifestanti. Un gruppo di tremila persone, infatti, sarebbe riuscito a fare irruzione nel palazzo governativo della città meridionale del Paese, per poi avviare l'incendio.

Le proteste in Iraq hanno coinvolto, oltre che Nassiriya e la capitale Baghdad, anche la città di Amara, nella provincia meridionale di Maysan. Qui i dimostranti hanno cercato di incendiare la sede del gruppo paramilitare sciita Asaib Ahl al-Haq. Le guardie a protezione dell'edificio, però, hanno reagito aprendo il fuoco e ferendo sei persone.

Scontri si sono verificati anche in Libano, tra i sostenitori del partito sciita filo-iraniano libanese Hezbollah e i manifestanti che da più di una settimana protestano contro il governo di Saad Hariri e il presidente Michel Aoun, costringendo la polizia antisommossa ad intervenire. In un discorso tv pronunciato oggi Hassan Nasrallah, leader del gruppo sciita filo-iraniano Hezbollah, ha detto che il vuoto istituzionale porta al caos e non si esclude che possa esserci la guerra civile.

Nasrallah ha anche aggiunto che Hezbollah si impegna a spingere il governo verso le già proposte "riforme economiche" ma che non consentirà la caduta del governo, di cui il movimento sciita fa parte, né elezioni anticipate.

Questa sera, poi, mentre proseguono le proteste, il premier libanese Saad Hariri è arrivato al palazzo presidenziale di Baabda, sulle colline che dominano Beirut, per un colloquio con il capo di Stato Michel Aoun.

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