martedì 6 settembre 2022
L'insediamento a Downing Street dopo l'investitura della Regina Elisabetta ai Balmoral. I tre punti: rilancio dell'economia e del Servizio sanitario nazionale e la sfida dell'energia
La Regina Elisabetta con Liz Truss

La Regina Elisabetta con Liz Truss - Reuters

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Addio a Boris Johnson, a Downing Street inizia la stagione di Liz Truss: primo ministro numero 15 nei 70 anni di regno da record della 96enne regina Elisabetta, quarto capo di governo conservatore di fila dal 2010 a oggi e terza leader donna nella storia britannica dopo Margaret Thatcher e Theresa May.

Un'era che sorge sotto venti di "tempesta", come lei stessa riconosce: fra recessione incombente, inflazione in ascesa, proteste sociali, crisi energetica e caro bollette aggravati dai contraccolpi della guerra in Ucraina e dalle sanzioni anti-russe, effetti del dopo Covid e del dopo Brexit, turbolenze politiche interne tutte da risolvere. Problemi che peraltro s'impegna ad affrontare e superare assieme al popolo dell'isola.

Il passaggio di consegne si è consumato per la prima volta nella residenza reale scozzese di Balmoral, a mille chilometri da Londra, da dove la matriarca di casa Windsor non ha potuto spostarsi per un viaggio ad hoc causa raccomandazione medica. Ma dove comunque ha accolto in rapida successione i due ospiti, presiedendo con tempra inossidabile, un sorriso sulle labbra e in condizioni almeno discrete, seppur costretta ad appoggiarsi a un bastone per gli ormai noti "problemi di mobilità", all'ennesimo cambio della guardia. Tutto si è svolto secondo tradizione, con tanto di "baciamano" alla monarca (ridimensionato in effetti ormai a inchino con stretta di mani).

Liz Truss

Liz Truss - Ansa

La sovrana ha dapprima accettato "graziosamente" le dimissioni anticipate offerte obtorto collo da BoJo a 3 anni dal trionfo elettorale del 2019; quindi ha ricevuto Truss - accompagnata dal quasi invisibile consorte Hugh Ò Leary, l'uomo che nel 2015 seppe perdonarle un tradimento e un anno d'abbandono - per "invitarla" a formare il nuovo gabinetto. Gabinetto che la 47enne ministra degli Esteri uscente ha iniziato a costituire a partire dalle caselle più importanti al ritorno a Londra.

Dopo aver preso possesso di quella residenza di Downing Street da cui Johnson s'era congedato di prima mattina, con al fianco la first lady Carrie, non senza rivendicare ancora una volta con accenti di recriminazione il lavoro svolto; dirsi "fiero" dei risultati raggiunti sull'attuazione della Brexit, la campagna vaccinale anti Covid, la disoccupazione ai minimi storici o il sostegno in prima fila all'Ucraina contro "i ricatti di Vladimir Putin"; e paragonarsi a Cincinnato, figura passata alla storia per essere stata richiamata al potere nell'Antica Roma, come a lasciar balenare un possibile ritorno in sella in futuro a dispetto dell'impegno a garantire il massimo sostegno all'erede.

Per ora, in ogni modo, tocca a Truss. Nel primo discorso all'ombra del portoncino contrassegnato dal numero 10, dopo aver ricevuto i codici segreti di quel deterrente nucleare che in un comizio estivo non ha esitato a dirsi pronta a usare in caso di estrema necessità, la neo leader - preceduta da un acquazzone inquietante, per chi crede ai segni del destino, e in attesa di un primo contatto col grande alleato americano Joe Biden dopo gli auguri di rito - ha intanto ribadito i toni d'un programma ispirato ideologicamente sulla carta agli slogan da Lady di Ferro che furono della Thatcher: a partire dalla conferma della linea dura nei confronti di Mosca, in risposta alle parole con cui il ministro degli Esteri di Putin, Serghei Lavrov, l'ha accusata d'essere aggressiva solo perché inadeguata di fronte all'asserita perdita d'influenza dell'ex impero britannico.

Ma soprattutto ha evocato la vera emergenza del momento, quella economica ed energetica imputata alla "guerra di aggressione della Russia", annunciando entro questa settimana - prima delle promesse sui tagli di tasse, sul rilancio della sanità e delle infrastrutture, sui "coraggiosi programmi" per la modernizzazione del Paese - i contenuti di un immediato piano ad hoc (vitale per la sua stessa sopravvivenza politica) che indiscrezioni alla mano prevede il congelamento delle bollette a carico delle famiglie per almeno 18 mesi; con sussidi e stanziamenti pubblici che in barba al thatcherismo potrebbero costare fino a 100 miliardi di sterline. Il suo mandato debutta d'altronde senza alcuna luna di miele in vista, segnato da una prima giornata grigia e tempestosa,neanche a farlo apposta. E persino dai capricci dell'orologio di Westminster, il fatidico Big Ben, fermatosi ieri per un pòsull'orario sbagliato come in una sorta di cattivo presagio.

Il governo: donne e multiculturalità

Un'inedita accoppiata di donne al timone, e tanta diversità etnica (non solo di genere) fra le caselle ministeriali chiave. È la fotografia della compagine di governo che Liz Truss ha iniziato a comporre in serata dopo aver ricevuto la benedizione della regina per succedere a Boris Johnson come nuovo primo ministro britannico: compagine che rafforza ed esalta il tono già multicolore e a rilevante peso femminile del team targato BoJo, nella speranza che questo elemento di varietà - almeno esteriore - possa aiutare a puntellare un gabinetto in partenza fragile, frutto non di elezioni nazionali ma di una crisi interna e di spaccature solo superficialmente sanate nel partito di maggioranza, fra scandali e turbolenze economico-sociali scatenate dall'esplosione del caro vita e dei costi dell'energia.

Tra le prime nomine spicca la promozione di Therese Coffey, 51enne deus ex machina della scalata di Liz a Downing Street, da ministra del Lavoro a titolare della Sanità e soprattutto vicepremier. Coffey rappresenta una figura estranea a qualunque tentazione glamour sulla scena pubblica del Regno, ma solidamente collocata in seno alla parrocchia Tory attuale: con il suo background di donna cresciuta a Liverpool, nel nord operaio dell'Inghilterra, laureata a Oxford e alla Ucl di Londra, nubile e cattolica, dedita alla politica come passione esclusiva. Figura che con l'ascesa al ruolo da vice, per quanto di supplenza e relativamente decorativo, contribuisce da oggi a disegnare una più unica che rara doppia guida femminile alla testa dell'esecutivo d'un grande Paese europeo. Senza contare la scelta di una terza donna, Wendy Morton, per la carica di chief whip, ministro capogruppo delegato alla cruciale sorveglianza della disciplina di maggioranza alla Camera dei Comuni. Mentre per 4 dei 5 dicasteri più tradizionalmente importanti si segnala il balzo in avanti di una drappello di esponenti neo-conservatori provenienti da minoranze etniche dell'ex impero, tutti sostenitori della Brexit: a cominciare da Kwasi Kwarteng, 47ennne ammiratore di Margaret Thatcher di origini familiari ghanesi, promosso da ministro delle Attività Produttive a cancelliere dello Scacchiere (ossia super ministro dell'Economia); da James Cleverly, la cui madre emigrò nel Regno dalla Sierra Leone, indicato a 53 anni compiuti giusto l'altro ieri quale successore di Truss agli Esteri dopo essere stato brevemente titolare dell'Istruzione e in precedenza numero 2 al Foreign Office; o ancora dalla 42enne emergente pasionaria della destra conservatrice, Suella Braverman, figlia di genitori indiani, in arrivo all'Home Office (gli Interni) dopo essere stata attorney general nel governo di BoJo, al posto di un'altra donna in fama di falco, Priti Patel, di radici indiane come lei ma fin troppo controversa (dalle accuse di bullismo al flop del piano Ruanda contro l'immigrazione) per poter essere confermata.

Fra chi resta al suo posto, si preannuncia viceversa il caso di Ben Wallace alla Difesa, popolare ex militare di carriera, garante della linea dura contro la Russia di Vladimir Putin e dei programmi di armamento in favore dell'Ucraina, nonché unico volto di pelle bianca rimasto a capo di un ministero top. Mentre fra chi esce di scena, oltre a Patel, spunta il nome della ormai ex titolare della Cultura, Nadine Dorries, fedelissima di Johnson ma anche sostenitrice della prima ora di Truss, fattasi da parte spontaneamente non tanto poiché divisiva quanto perché già destinata a trasferirsi armi e bagagli su uno scranno a vita della Camera non elettiva dei Lord, fra i nuovo pari del Regno d'imminente nomina beneficati dalla cosiddetta "lista d'onore" compilata secondo prassi dal premier uscente. Ma soprattutto pagano dazio ex ministri brexiteer moderati come Dominc Raab, Steve Barclay o Grant Shapps: tutti schieratisi con il rivale di Truss nella corsa al dopo Boris, l'ex rampante giovane cancelliere Rishi Sunak, altro escluso eccellente dalla lista.

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