giovedì 5 ottobre 2023
Il crollo delle nascite costringe le autorità a ridisegnare la mappa dei posti letti. Nel 2022 il record negativo: nati "appena" 9,56 milioni di bambini
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Uno dopo l'altro in Cina hanno chiuso vari reparti di ostetricia. Diversi ospedali nella provincia di Zhejiang avrebbero chiuso o ridimensionato le unità. Lo stesso in Guangdong e Jiangsu. È il Guardian ad accendere i riflettori su notizie che alimentano il dibattito sugli effetti del crollo delle nascite dopo che l'India ha superato la Cina, divenendo il Paese più popoloso del mondo. Le chiusure dei reparti, evidenzia il giornale britannico, non sono state collegate ufficialmente alla decrescita che preoccupa: ad aprile una struttura sanitaria nella provincia di Guangxi ha annunciato lo stop ai parti nelle unità di ostetricia e ginecologia motivandolo con l'alto numero di gravidanze a rischio nel distretto.
Fine dei servizi di diagnosi prenatale dal mese scorso nel secondo ospedale di Yinzhou, distretto della città orientale di Ningbo, dove le autorità hanno comunicato di aver voluto unire il reparto di ostetricia con un nuovo centro dedicato a donne e bambini nell'Ospedale del Popolo affiliato all'Università di Ningbo. E in alcuni casi per motivare la chiusura dei reparti gli ospedali puntano il dito contro la mancanza di personale, non di bambini. La rottamazione della politica del figlio unico, decisa da Pechino, non ha dato i risultati sperati. Il 2016 è stato l'anno dell'addio alla politica del figlio unico e da allora il numero delle nuove nascite si è quasi dimezzato. Nel 2022 è arrivato il record negativo: in Cina la natalità è stata al minimo storico con "appena" 9,56 milioni di nascite, quasi il 10% in meno rispetto al 2021. E per la prima volta dal 1961, quando il gigante asiatico usciva dalla terribile carestia, il numero degli abitanti in Cina è diminuito rispetto all'anno precedente.
La Repubblica Popolare, dove le famiglie possono avere fino a tre figli (ma è più "un'ambizione che un limite", come evidenzia il giornale britannico), fa i conti con una popolazione che invecchia e diminuisce rischiando di mettere a repentaglio la crescita del Pil.
Tanto che nel Sichuan hanno abbandonato i limiti alla registrazione delle nascite e ci sono anche casi di autorità locali che offrono sussidi per il secondo e il terzo figlio. Ma un'ostetrica della città di Harbin riconosce ai media cinesi che se "in passato potevano esserci sette o otto, o dieci, parti in un giorno" oggi si è al punto che "uno al giorno è fantastico".
La decrescita pone alla società (e all’economia) cinese una serie di questioni drammatici. A partire dalla contrazione della forza lavoro, destinata a mettere in crisi il modello sui cui poggiava la spinta propulsiva del gigante asiatico. La popolazione attiva ha raggiunto nel 2011 il picco di oltre 900 milioni, poi è iniziata la decrescita. La previsione è che la forza lavoro scenderà a 700 milioni entro la metà del secolo. I costi sociali saranno altissimi. “Questi lavoratori dovranno provvedere a quel punto a quasi 500 milioni di cinesi di età pari o superiore a 60 anni, rispetto ai 200 milioni di oggi”.

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