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Il cambiamento climatico fa male alla salute. Dei più poveri. Parola di Medici senza frontiere (Msf) a cui è stato affidato uno studio nell'ambito del rapporto tra ambiente e benessere curato dalla rivista The Lancet. «Da anni siamo testimoni di come il riscaldamento globale stia aggravando le crisi sanitarie e umanitarie in numerosi contesti in cui operiamo», spiega Carol Devine, responsabile dell'azione umanitaria di Msf. L'Ong premio Nobel parteciperà quest'anno, per la prima volta, alla Cop26 di Glasgow e presenterà alcuni casi emblematici. A partire dalla drammatica carestia in Somalia: la combinazione di alluvioni, siccità e sciami di locuste hanno ridotto drasticamente le risorse alimentari, acuendo le tensioni. Il peso maggiore grava sulle spalle dei poveri e, soprattutto, dei bambini. «Molte persone si stanno spostando in cerca di cibo e acqua, anche se rimane alto il rischio di Covid e un'epidemia di morbillo flagella senza sosta Dhobley e Kismayu. Il bestiame muore di sete: un colpo durissimo per le comunità che vivono di pastorizia», denuncia Msf. Il doppio uragano Eta e Iota che, l'anno scorso, si è abbattuto sull'America centrale, ha distrutto 120 centri sanitari in Honduras, lasciando due milioni di persone senza cure mediche. Questo spiega anche l'aumento esponenziale della migrazione verso gli Usa. Gran parte del flusso, dunque, è formato da profughi ambientali, anche se non vengono riconosciuti come tali. Come confermato dall'ultimo rapporto dell'International panel on climate change (Ipcc), il cambiamento climatico ha aumentato la frequenza e l'intensità degli uragani, come dimostra l'inconsueta successione di Eta e Iota nel giro di poche settimane.