lunedì 8 luglio 2024
La scuola della Sacra Famiglia, denuncia Caritas Gerusalemme, è stata bombardata. Dura condanna del Patriarcato latino, nessuna conferma dall'esercito isreliano
Bambini a Khan Yunis, a sud di Gaza, in una strada circondata dalle macerie

Bambini a Khan Yunis, a sud di Gaza, in una strada circondata dalle macerie - Ansa

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Di nuovo nel mirino dei combattimenti la parrocchia di Gaza, dal 7 ottobre divenuta un centro di raccolta ed assistenza per la piccola comunità cristiana all’interno della Striscia.

La scuola della parrocchia della Sacra Famiglia è «stata colpita da un bombardamento che ha causato serie distruzioni nella struttura e feriti tra i civili». Lo denuncia un comunicato di Caritas Gerusalemme. L’intero compound, come noto, «è diventato un luogo di rifugio per centinaia di civili le cui case sono state distrutte», afferma sempre Caritas Gerusalemme. «Non c’è porto sicuro per queste famiglie di sfollati fra bombardamenti e sparatorie indiscriminate, che proseguono senza nessun riguardo per luoghi di lavoro, gli ospedali o le scuole» prosegue la denuncia di Caritas Gerusaleme.

Il patriarcato di Gerusalemme, fa saper che «sta monitorando, con grave preoccupazione, le notizie dei raid, apparentemente lanciati dall’esercito israeliano contro la scuola della Sacra famiglia a Gaza». Testimonianze oculari, foto e filmati, attestano distruzione e ferimenti fra i civili. Il patriarcato latino «condanna nel modo più forte il prendere di mira i civili od ogni azione di combattimento che non sia in grado di assicurare che i civili rimangano al di fuori dai teatri di combattimento». Nessuna conferma è giunta dall’esercito israeliano.

Un episodio che ha riportato alla mente il tragico episodio dello scorso 15 dicembre, quando un cecchino dell’esercito israeliano sparò a dei cristiani che stavano uscendo dal compound della parrocchia. Hahida Khalil Anton e Samir Kamal, madre e figlia, furono «uccise a colpi di arma da fuoco mentre si dirigevano al convento delle suore. L’una è stato uccisa mentre cercava di portare in salvo l’altra» come ha ricostruito un comunicato dello stesso patriarcato. Altre sette persone, in quell’episodio, furono colpite e ferite.

Intanto, sul piano negoziale, un alto funzionario di Hamas ha confermato che il movimento islamista ha dato «con grande flessibilità» una risposta «positiva» all’ultima proposta per un cessate il fuoco. «Ora la palla sta nel campo di Netanyahu», ha dichiarato da Doha Husam Badran. Intanto ieri, di buon mattino, il capo dello Shin Bet, Ronen Bar, si è recato al Cairo per partecipare ai negoziati per lo scambio di ostaggi israeliani in cambio di ostaggi palestinesi nonché sul futuro controllo del valico di Rafah, all'estremità meridionale del confine di Gaza. Il premier israeliano Benjamin Netanyahu domenica ha pubblicato un elenco delle sue linee rosse per i negoziati, inclusa la prevenzione del contrabbando di armi dall'Egitto a Gaza attraverso questo valico di frontiera. Secondo indiscrezioni di stampa Bar dovrebbe discutere sui nomi dei prigionieri palestinesi che verrebbero rilasciati se l'accordo verrà finalmente raggiunto. Anche il capo della Cia, William Burns, è giunto al Cairo.

Intanto l'Egitto ha fatto sapere a Israele che collaborerà con gli Stati Uniti nella creazione di una barriera sotterranea con la Striscia di Gaza se verrà raggiunto un accordo sul cessate fuoco e per la liberazione degli ostaggi. Lo riferisce la radio dell'esercito israeliano spiegando che si tratterà di una barriera «ad alta tecnologia» con lo scopo principale di «impedire il contrabbando di armi» verso Gaza. I lavori per la costruzione della barriera potrebbero iniziare, secondo l'Egitto, già nei primi giorni dell'entrata in vigore della tregua.

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