Non c’è altra soluzione, per Theresa May, per uscire dal pantano in cui il Regno Unito è finito con la Brexit che chiedere all’Ue un nuovo posticipo della scadenza della separazione dall’Unione Europea, attualmente fissata per il 12 aprile. L’annuncio di Downing Street, avvenuto al termine di una sessione straordinaria del Consiglio dei ministri durata quasi otto ore, non è rivolto solo a Bruxelles ma, in questa fase, anche al leader dell’opposizione, Jeremyn Corbyn, a cui la premier chiede un compromesso dopo mesi, se non anni, di battaglia campale. «Questo è un momento decisivo per la storia di quest’isola e richiede l’unità nazionale nell’interesse nazionale», ha detto la premier registrando la difficoltà di far passare il suo piano, già respinto tre volte dal Parlamento.
«Abbiamo bisogno di un’ulteriore estensione dell’articolo 50 – ha spiegato – che sia la più breve possibile e abbia il fine di far passare un deal». L’idea di Theresa May è di raggiungere con l’opposizione un’intesa, che tenga conto dei contenuti del suo piano, e di farla approvare dal Parlamento entro il 22 maggio, a ridosso delle elezioni per il rinnovo del Parlamento Europeo. «Questo dibattito, questa divisione, non possono trascinarci oltre», ha ammesso. Ma la realtà della politica impone cautela e, precisa, nel caso in cui l’impresa non gli riesca «entrambi dovranno affidarsi all’opzione Brexit che emergerà come preferita in Parlamento ». La combattuta decisione dell’esecutivo, maturata in una sessione che per otto ore ha tenuto “sequestrati” i ministri, addirittura privati dei telefoni cellullari, è arrivata all’indomani del quadruplo «no» del Parlamento alle opzioni alternative al «piano May» per l’uscita ordinata dall’Unione. Il secondo, a distanza di una settimana. Nella seduta di lunedì sera, l’Aula ha respinto con soli tre voti di scarto la mozione che chiedeva di lasciare Londra nell’unione doganale e con un margine di appena 21 preferenze quella che raccomandava l’uscita dall’Ue ma non dal mercato unico.
A certificare lo stallo, poi, anche la bocciatura dell’opzione che chiedeva un secondo referendum e quella che congelava la Brexit sine die come alternativa al no deal. Accetterà, Jeremy Corbyn, la mano tesa da Theresa May per aiutare il Paese a uscire dall’Ue con un accordo? Al di là della risposta di circostanza – «sono molto felice» di incontrare May – la posizione del leader laburista non è prevedibile. Il margine di ambiguità che ha da sempre caratterizzato la sua strategia su Brexit si dissolto solo nelle ultime settimane con una chiara presa di posizione sull’opzione di una separazione “soft” che preveda la permanenza del Paese nell’unione doganale. La partita che, tuttavia, al momento Corbyn potrebbe essere disposto a giocare non riguarda Brexit ma l’assalto a Downing Street. Secondo un sondaggio del Sunday Mail, il partito laburista avrebbe negli ultimi giorni superato di 5 punti percentuali quello conservatore in termini di preferenza degli elettori. Ciò significa che se si andasse a votare adesso i laburisti avrebbero la maggioranza relativa alla Camera dei Comuni: 307 seggi contro 264 dei conservatori. I dati potrebbero quindi incoraggiare Corbyn a affondare definitivamente il «piano May» e a tentare la scalata all’esecutivo. Si tratta di un’eventualità, concreta, che la squadra di governo, ieri, ha valutato e su cui si è pure divisa. Secondo alcune indiscrezioni, piuttosto che aprire a Corbyn, dieci ministri hanno votato ieri per un rinvio lungo del divorzio, e quattordici per il no deal.
E se oggi è in programma il primo incontro tra Corbybn e Theresa May, il riavvicinamento della premier ai laburisti continua a mietere vittime. Il ministro per il Galles Nigel Adams si è dimesso per l'annunciato incontro della premier Theresa May con il capo dei laburisti Jeremy Corbyn sulla Brexit. Il deputato di Nigel Adams è diventato il primo ministro a seguire la riunione-maratona del gabinetto di ieri e ha scritto online: "Sono grato al primo ministro per l'opportunità di servire come Ministro dal 2017 e continuerò a servire i miei elettori dai banchi arretrati".