venerdì 15 marzo 2019
La Procura dell'Irlanda del Nord ha incriminato solo il soldato F. Nessuna accusa per gli altri 17 parà inglesi che aprirono il fuoco sui manifestanti a Derry. Il dolore dei familiari delle 14 vittime
Uno scatto della domenica di sangue di Derry, in cui i soldati inglesi aprirono il fuoco e uccisero 13 persone (archivio Ap)

Uno scatto della domenica di sangue di Derry, in cui i soldati inglesi aprirono il fuoco e uccisero 13 persone (archivio Ap)

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Davanti al giudice comparirà soltanto lui: il “soldato F”, com’è stato ribattezzato per tutelare la sua incolumità. Dopo un’indagine durata quasi sette anni, ieri la procura dell’Irlanda del Nord ha reso noto che esistono elementi sufficienti per incriminare solo uno dei diciotto soldati del primo Battaglione dei paracadutisti inglesi responsabili della strage di Derry del 30 gennaio 1972. Dell’unico soldato che finirà sotto processo per il massacro della “Domenica di sangue” sappiamo soltanto che all’epoca era un caporale dei parà e che è sospettato dell’omicidio di James Wray e William McKinney, due dei quattordici manifestanti uccisi durante quel corteo pacifico sfociato in un eccidio, e per il ferimento di altri civili, quel giorno stesso.

Il capo della procura nordirlandese, Stephen Herron, ha spiegato che l’analisi di migliaia di pagine di testimonianze e prove balistiche non ha reso possibile l’incriminazione degli altri diciassette ex militari, tutti ormai anziani e da tempo pensionati. Ma ha voluto precisare che la mancata incriminazione non intende in alcun modo sminuire le conclusioni del rapporto Saville, secondo le quali le vittime non rappresentavano alcuna minaccia per i soldati.

Nel 2010, dopo dodici anni di lavori, l’inchiesta presieduta dal giudice Lord Saville aveva accertato che i paracadutisti inglesi non si erano difesi da alcun attacco – com’era stato sostenuto pretestuosamente fino ad allora – ma avevano aperto il fuoco sulla folla, uccidendo civili innocenti. Due anni dopo la conclusione di quell’inchiesta, la polizia avviò poi anche l’indagine per individuare i colpevoli dell’eccidio. Ma la decisione della Procura, attesissima da settimane, è stata una doccia fredda per i familiari delle vittime e i sopravvissuti alla strage che da quasi mezzo secolo animano una battaglia esemplare per ottenere giustizia.

Ieri mattina sono usciti di casa sotto la pioggia battente, tra gli applausi della gente che li osservava sfilare, riunendosi in un corteo silenzioso che ha ripercorso i luoghi della strage di 47 anni fa. Si sono diretti verso gli uffici della procura tenendo in mano una foto nera, che raffigurava il volto del proprio congiunto ucciso quel giorno. Poi hanno tenuto una partecipatissima conferenza stampa nei locali della Guildhall, il municipio cittadino. «Nonostante la delusione sentiamo in un certo senso di aver vinto», ha affermato John Kelly, che il 30 gennaio 1972 perse suo fratello Michael, di soli 17 anni.

«Almeno un soldato sarà processato e la giustizia per una famiglia rappresenta la giustizia per tutti noi». «Da quando i nostri cari sono stati uccisi abbiamo percorso un lungo cammino – ha aggiunto –. La nostra battaglia non è ancora finita e il trascorrere del tempo non deve essere usato come un alibi». Ma non tutti i familiari hanno accolto così diplomaticamente la decisione della procura. «Sono distrutta. Dopo la “Bloody Sunday”, oggi è il giorno più brutto della mia vita», ha commentato Kate Nash, riuscendo a stento a trattenere lacrime di rabbia. L’atteggiamento di Londra non ha d’altra parte contribuito a placare gli animi.

Nei giorni scorsi, molti politici britannici hanno fatto a gara per difendere i soldati dall’incriminazione innescando non poche polemiche. Il sottosegretario per l’Irlanda del Nord, Karen Bradley, è stata costretta a presentare scuse ufficiali dopo una dichiarazione a dir poco inopportuna («i militari non hanno commesso alcun crimine in Irlanda», aveva detto alla Camera dei Comuni). Ieri il primo ministro, Theresa May, ha ribadito che il governo «è chiaramente in debito nei confronti di chi ha prestato servizio con coraggio per portare la pace in Irlanda del Nord», mentre il Ministro della Difesa, Gavin Williamson, ha confermato che sarà Londra a sostenere tutte le spese legali per il “soldato F”.

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