venerdì 21 giugno 2024
Lo studio del network di oltre 40 università internazionali dimostra come in un anno le gravi violazioni sui piccoli siano cresciute del 21%, arrivando a quasi 33mila
Un bimbo osserva i miliziani nell'Est del Congo

Un bimbo osserva i miliziani nell'Est del Congo - Ansa

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Non sono danni collaterali. Nel mondo della Terza guerra mondiale da 185 pezzi – tanti sono i conflitti dal Conflict data program dell’Università di Uppsala in Svezia –, i bambini sono, a tutti gli effetti, bersaglio. Nello scenario bellico del ventunesimo secolo, il campo di battaglia si estende fino a inglobare città e villaggi, sistematicamente razziati da una pluralità di eserciti e gruppi armati di varia natura. In questo contesto, i piccoli diventano “bottino” da sottrarre al nemico in un’infinita successione di orrori reciproci.

Gli scontri variano di intensità ma difficilmente terminano. Alle fasi acute seguono periodi di latenza che, poi, riesplodono cn brutalità. La Repubblica democratica del Congo – dove la guerra va avanti, in pratica, dall’indipendenza – ne è il paradigma. Non sorprende, dunque, che il Gigante d’Africa sia in cima alla classifica dello Universities network for children in armed conflict (Unetchac) – che include oltre 40 università e centri di ricerca internazionali – delle gravi violazioni perpetrate ai danni dell’infanzia.

Oltre 3.700 delle quasi 33mila registrate nel corso del 2023 dal rapporto, realizzato con il supporto del ministero degli Esteri e della Cooperazione italiana nell’ambito dell’Agenda Donne, pace, sicurezza. Il 21 per cento in più rispetto all’anno precedente. Un incremento definito «allarmante» dalle Nazioni Unite. Il numero di bimbi assassinati o mutilati sfiora quota 12mila, addirittura un aumento del 35 per cento in dodici mesi. Aumenta anche l’arruolamento forzato – quasi 9mila casi – e l’esclusione dagli aiuti umanitari.

Tra i Paesi dove le condizioni dell’infanzia sono particolarmente drammatiche, oltre al Congo, figurano il Myanmar post-golpe, Somalia, Nigeria, Sudan. Quest’ultima nazione è anche quella dove si è evidenziato l’incremento più repentino: 480 per cento. Poi ci sono le piccole vittime del conflitto tra Israele e Hamas, i cui numeri, però, richiedono ulteriori verifiche indipendenti. In poco più della metà dei casi, la responsabilità ricade sui gruppi armati irregolari. Combinando l’approccio quantitativo con quello qualitativo, lo studio non si limita a un elenco di raccapriccianti abusi.

«Vogliamo mettere in evidenza la centralità dei minori non solo come “oggetto” di violenza ma come forza attiva per promuovere percorsi di pace e riconciliazione – spiega Laura Guercio, segretaria generale di Unechac.

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