Ansa
Non usare il telefono cellulare per avvisare parenti e amici: è stata una delle prime raccomandazioni della Guardia Urbana a chi si trovava questo pomeriggio nel centro di Barcellona. La preoccupazione è tenere in piedi le reti telefoniche perché non si impacci il lavoro frenetico dei soccorsi e dei poliziotti. Così è su Facebook e Twitter che si rincorrono le testimonianze di chi era proprio lì, sulle Ramblas, nel drammatico pomeriggio di Barcellona in cui un furgone si è schiantato sulla folla che passeggiava sul viale pedonale.
Alessio Stazi, barricato in un bar, in una diretta Facebook ha raccontato quello che aveva vissuto pochi attimi prima: «È stato terribile percepire di essere nel mirino, puntato dal camion, è stato terribile vedere persone colpite volare via di fronte a me, è stato terribile scappare via con la paura di essere uccisi, è stato terribile chiudersi in un negozio pensando che se gli attentatori lo avessero assaltato saremmo stati senza scampo». Qualche parola di comprensibile rabbia per i poliziotti spagnoli, implacabili, secondo Alessio, con le minime infrazioni dei turisti ma impotenti di fronte a un camion che investe le persone. «Non c’è stato un poliziotto che lo ha fermato all’inizio della Rambla o abbia sparato un solo colpo», ha scritto.
Ma in realtà tutto si è svolto in pochi attimi. «Ho udito urla e il rumore di uno schianto, allora ho visto la folla dividersi in due e il furgone andare a tutta velocità in mezzo alle Ramblas e io ho immediatamente capito che era un attacco terroristico», ha ricordato l’inglese Tom Gueller alla Bbc. «Non ha rallentato affatto. È andato diritto in mezzo alla folla».
E la tragedia si è compiuta. «Ho visto almeno tre o quattro persone a terra, un poliziotto con una persona in braccio e tutti che correvano, urlavano, piangevano», si dispera Luca Terracciano, uno studente italiano che vive a Barcellona e che nei momenti dell’attentato stava arrivando sulle Ramblas in bici da un vicolo laterale. «Gli agenti ci hanno urlato di allontanarci immediatamente, e molti di loro imbracciavano le armi. Le persone si sono rifugiate nei negozi laterali, che subito hanno abbassato le serrande. Poi la Rambla è stata chiusa e non è più stato possibile avvicinarsi».
Chiara al momento dello schianto si trovava in un negozio lì accanto, ma le altre 4 persone del suo gruppo «si sono trovate dietro il furgone che andava addosso alla gente nella zona pedonale. La folla correva». Chiara è stata trasferita in un seminterrato, dove è rimasta almeno due ore prima di avere l’autorizzazione a uscire all’aperto.
Facebook come già in altre situazioni analoghe ha attivato il «safety check» che è stato immediatamente sommerso di notifiche di persone che tranquillizzavano parenti e amici sulla propria sorte. Ma la paura non passa, nemmeno se si è al sicuro in albergo. «Pochi minuti prima dell’attentato – ricorda Gianluca Marino, salernitano in vacanza con la famiglia a Barcellona – mi trovavo proprio sulla Rambla. Potevo esserci anche io tra quelle persone uccise. Mio figlio di appena 2 anni per fortuna non si è reso conto ancora di nulla».