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Il governo di Addis Abeba alza il tiro contro la chiesa e arresta i missionari salesiani tigrini. Venerdì 5 novembre le forze di sicurezza federali hanno fatto irruzione nel quartiere generale dei Salesiani etiope nella zona di Gottera ad Addis Abeba arrestando 35 tra sacerdoti, fratelli e impiegati laici nel centro, compresi quattro missionari stranieri subito rilasciati. Il giorno successivo sono state rilasciate altre sei persone di nazionalità non etiope e al momento, senza accuse specifiche e rinchiusi in una località sconosciuta, restano nelle mani della polizia etiopica una ventina di salesiani e laici tutti di origine tigrina. In cella sono finiti, tra gli altri, il superiore provinciale Hailemariam Medhin, l'economo fra Tedros Berhe, l'economo e decano del collegio di Macallè padre Girmay Berhane, e i coordinatori delle scuole e dei centri giovanili salesiane di Macallè e Shire, sempre nel Tigrai.
Tutte realtà sostenute con progetti dalle comunità cattoliche di molti paesi, tra cui l'Italia
Gli arresti sono stati ordinati nella cornice dello stato di emergenza dichiarato mercoledì 3 novembre dal governo del premier Abiy Ahmed, Nobel per la pace 2019, davanti all'avanzata delle forze del fronte di liberazione popolare del Tigrai, con le quali è in corso un conflitto durissimo da un anno, dell'esercito di liberazione Oromo loro alleati. Nella capitale è scattata una caccia indiscriminata al tigrino, tutti considerati nemici. Ufficialmente si cercano complici del Tplf, ma dai discorsi di odio che girano sui social, come ha denunciato Amnesty International la scorsa settimana, il livello di tensione è alle stelle. Nel folle vortice sempre più simile alla pulizia etnica sono finiti i salesiani, che offrono tra l'altro, un prezioso servizio di formazione professionale e aiuot ai moltissimi ragazzi di strada, senza distinzioni etniche.
Scossi dall'evento, i salesiani in Etiopia, in un messaggio inviato all'agenzia Fides, invitano a "pregare per la pace e l'unità del paese" chiedendo la liberazione degli arrestati. In una situazione di sofferenza , povertà, paura e assoluta precarietà, tutti i cristiani in Etiopia auspicano che l'appello del Papa, l'intervento dell'Unione Africana - il cui inviato speciale Obasanjo e ha incontrato a Macallè in Tigrai il leader del Tplf e presidente regionale Debretsien con il consenso del premier etiope Abiy - quello dell'inviato americano nel Corno d'Africa Jeffrey Feltham contribuiscano a rasserenare la situazione.
"La notizia dell'arresto di sacerdoti, diaconi e laici etiopi ed eritrei che vivevano nella casa provinciale dei Salesiani -
commenta don Mosè Zerai, presidente dell'agenzia Habeshia - ci lascia sgomenti. Non riusciamo ancora a
comprendere quali siano i motivi alla base di un atto così grave: perché arrestare sacerdoti che svolgono la loro missione
di educazione, peraltro in un centro impegnato da sempre a fare del bene, molto frequentato da anni da tantissimi bambini, dove
si fa recupero dei bambini di strada? Hanno arrestato il Provinciale, sacerdoti, diaconi personale di cucina, sappiamo di
incursioni e perquisizioni in altre case religiose. Ma è chiaro a tutti che le chiese, le case di religiosi, non sono centri di politica. Ci auguriamo che tutto si risolva al più presto e che si giunga a una rapidissima liberazione di tutti, e che questa follia non sia di ostacolo alla missione della Chiesa verso i poveri e verso quanti si trovano in difficoltà. Io stesso ho visitato quel Centro e
constatato come funzionasse bene, aperto a tutti senza nessuna distinzione di etnia, religione, classe sociale".
Domenica scorsa il Papa dopo l'Angelus ha nuovamente ricordato le sofferenze dell'Etiopia e ha pregato per la pace.