In Amazonas è stato vaccinato il 4,7% della popolazione - Reuters
«Lo scenario attuale è il caos»: gli ospedali sono al collasso, l’ossigeno introvabile, le persone muoiono soffocate di fronte a medici impotenti. «Senza una cura, mentre il numero di malati e vittime cresce di giorno in giorno». Di fronte a questo dramma, «signori governanti e autorità sanitarie, è urgente la vaccinazione in massa della popolazione dello Stato dell’Amazonas. È la grande speranza e la risposta reale di fronte a questo scenario di crisi sociale, nuove infezioni e morti». La proposta, in cui il grido si mescola alla supplica addolorata, è contenuta nella lettera manifesto scritta da una trentina di organizzazione della società civile brasiliana, tra cui la Conferenza episcopale Nord 1, l’arcidiocesi di Manaus, città-epicentro della seconda ondata, varie commissioni di quella di Parintins, la Pastorale della terra. Hanno voluto sottoscrivere, inoltre, trentaquattro personalità, come dom Leonardo Steiner e dom Sérgio Castriani, rispettivamente pastore attuale ed emerito di Manaus, Marcela Viera, dell’articolazione brasiliana per l’Economia di Francesco e Chiara, il gesuita Paulo Tadeu Barausse, antropologi, avvocati, sociologi e giornalisti.
«Non si tratta di un privilegio», sottolinea l’appello ma «di una strategia intelligente di salute pubblica per impedire che il virus si propaghi nella sua versione più contagiosa nel resto del Brasile». In effetti, ormai, la cosiddetta variante amazzonica è arrivata anche a Rio e San Paolo. Ad Araraquara, nell’interno della regione paulista, il municipio ha dichiarato il lockdown dopo l’individuazione di dodici casi del ceppo. Da qui la necessità di «sforzi immediati» del governo locale e federale per «acquistare i vaccini e realizzare un’ampia campagna di immunizzazione. Il popolo non può sopportare ancora a lungo tanta sofferenza e ha necessità di una tregua da questa crisi che divora vite e sogni». La campagna vaccinale, in realtà, procede a rilento in Brasile. Rio ha addirittura dovuto sospenderla per mancanza di siero. Non si sa se l’arrivo di 1,6 milioni di dosi del farmaco di Oxford-Astrazeneca in questo trimestre riuscirà a migliorare il panorama. Finora l’Amazonas è la regione che ha distribuito più dosi, raggiungendo il 4,7 per cento della popolazione. Ma c’è ancora molto da fare. La situazione nello Stato è realmente fuori controllo.
Negli ultimi 45 giorni, solo a Manaus ci sono stati 3.572 decessi: più dell’intero 2020 – 3.380 –, in cui per altro la metropoli è stata flagellata duramente dalla prima ondata. In pratica là si sono concentrate l’8 per cento di morti di tutto il Brasile, dove risiede meno dell’1 per cento della popolazione. Non solo. Manaus ha il quintuplo delle vittime per milione di abitanti (1.486) rispetto al resto delle città brasiliane. Quella che si sta consumando nel cuore dell’Amazzonia è, dunque, una strage. Un dramma sanitario, indubbiamente. Prodotto, però, di tagli al sistema che hanno ridotto al minimo e concentrato in città le terapie intensive.