venerdì 2 febbraio 2024
Il braccio di ferro, dopo l’aspra campagna elettorale, è solo all’inizio a Varsavia: L’arrivo di Donald Tusk al governo non ha sconfitto il Pis di Jaroslaw Kaczynsk. Rischio paralisi istituzionale
Il premier polacco Donald Tusck

Il premier polacco Donald Tusck - Ansa

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Donald versus Jaroslaw. Il braccio di ferro, dopo l’aspra campagna elettorale d’autunno, è solo all’inizio a Varsavia. L’arrivo di Donald Tusk al governo, non ha sconfitto il Pis di Jaroslaw Kaczynski che sostiene di aver comunque vinto lo scorso 15 ottobre, forte della maggioranza relativa al Sejim. Se i due mesi di ostruzionismo del presidente Andrzej Duda non hanno impedito a Tusk di formare un governo, i sovranisti non vogliono abbandonare la “cabina di regia”.

Il nuovo governo di coalizione insediatosi il 13 dicembre, deve navigare come tra Scilla e Cariddi, in attesa del voto di giugno per Bruxelles. Da un lato i “veri polacchi”, estromessi a ottobre dal governo, non perdono occasione per lanciare la sua aggressiva propaganda anti-europeista anche se hanno perso il megafono della tv di stato, non più in mano agli uomini di Kaczynski; dall’altro la nuova maggioranza deve trovare una difficile “quadratura del cerchio” in una coalizione di tre partiti con sensibilità a dir poco diverse. Ma Donald Tusk, ex presidente della Commissione Europea, dopo due mesi di “ammuina” sovranista per il passaggio di consegne, è partito lancia in resta per riportare “la Polonia in Europa”. Il 24 gennaio il premier polacco ha annunciato un disegno di legge che legalizzerà l’aborto fino alla 12esima settimana di gravidanza e qualche giorno dopo di voler introdurre la pillola del giorno dopo senza ricetta. Il voto delle donne era stato decisivo nel determinare la vittoria della coalizione formata da Sinistra, Coalizione civica e Terza via: la promessa di emendare la legge sull’aborto più restrittiva in Europa ha così segnato l’avvio della legislatura.

Il leader del Pis, Jaroslaw Kaczynski

Il leader del Pis, Jaroslaw Kaczynski - Ansa

Un tentativo di voltare pagina dopo che nel 2020 la Corte costituzionale aveva dichiarato “incostituzionale” l’aborto nel caso fosse presente la malformazione del feto: casistica che rappresentava il 92% dei casi di interruzione volontaria di gravidanza. L'aborto ora è possibile solo in pericolo di vita della madre o in caso di stupro. Una sentenza che aveva terrorizzato l’opinione pubblica con marce delle donne per una “sanità europea” e un calo della fecondità nel Paese. Una nuova pagina ancora tutta da scrivere: la Conferenza episcopale polacca è tornata a ribadire, con il suo portavoce padre Leszek Gesiak, che le due proposte di legge attraverso “slogan eufemistici” portano “alla morte di un essere umano”. Una bocciatura della legalizzazione dell’aborto fino alla 12esima settimana e della "pillola del giorno dopo" con Terza via, i centristi di Szymon Holownia vera sorpresa del voto ed ora in maggioranza, che propongono di ritornare alla legge del ’93 che permette l’aborto in caso di malformazione del feto. Per il Pis la difesa della vita è una questione identitaria contro la “deriva europeista”.

Una partita a scacchi tra i “veri polacchi” e gli europeisti che prepara lo scontro istituzionale: Tusk continua a insistere sullo Stato di diritto da ripristinare dopo otto anni di sovranismo che avrebbe piegato le istituzioni sulla fisionomia Pis. Una tentazione totalitaria, spiegano negli ambienti liberal democratici di Coalizione civica di Tusk, che rispolvererebbe i dogmi del comunismo: “Il partito prima di tutto. Quello che manca rispetto al regime sovietico è la nomenklatura”. Donald versus Jaroslaw per decidere quale posto avere domani in Europa.


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