Il cardinale Matteo Zuppi e l'ambasciatore ucraino presso la Santa Sede, Andrii Yurash - Twitter-Andrii Yurash
La bandiera azzurra e gialla sventola di fronte alle mura leonine. Si vede l’ultimo scorcio di piazza San Pietro dal balcone dell’ambasciata ucraina presso la Santa Sede. L’ambasciatore Andrii Yurash osserva il Palazzo apostolico. «Se qualcuno sostiene che le relazioni fra la Santa Sede e l’Ucraina siano segnate da incomprensioni o da controverse diplomatiche, dice una cosa non corretta. Il Papa e il presidente Zelensky hanno un rapporto personale molto positivo e di cooperazione fruttuosa. Lo dimostra il fatto che in meno di un mese il nostro presidente ha incontrato il Pontefice a Roma e poi ha accolto a Kiev il suo inviato, il cardinale Matteo Zuppi, impegnato in una missione che il nostro Paese reputa di estrema importanza e molto utile».
L'ambasciatore ucraino presso la Santa Sede, Andrii Yurash - Ansa
Due giorni fa Yurash si è confrontato con il presidente della Cei di ritorno dalla Russia. Fra le mani ha la fotografia del porporato a Mosca mentre prega di fronte all'immagine della Madre di Dio di Valdimir che è chiamata la Madonna della tenerezza. «Quella che la Russia definisce la sua icona più venerata viene dall’Ucraina. Si trovava nel Santuario di Vyšhorod, nei dintorni di Kiev, ed è stata trafugata nel 1169. Per le è un simbolo della visione imperialista russa», afferma l’ex docente di giornalismo all’Università nazionale di Leopoli, 54 anni, con un passato da direttore del Dipartimento per le religioni del governo ucraino prima di essere inviato Oltretevere da Zelensky nel 2022. «E poi – aggiunge parlando ancora di Zuppi – basta vedere la differenza di trattamento che Ucraina e Russia hanno riservato al cardinale Zuppi: a Kiev è stato ricevuto dal presidente; a Mosca da un funzionario. Già al segretario di Stato, il cardinale Pietro Parolin, con cui abbiamo comunicazioni continue, avevamo assicurato che l’accoglienza sarebbe stata calorosa. E così è stato».
L'ambasciata ucraina presso la Santa Sede - Twitter-Andrii Yurash
Lei sottolinea l’intesa cordiale con il Papa. Ma Zelensky e il governo ucraino hanno ripetuto in più occasioni di non essere interessati alla mediazione vaticana.
Prima della guerra cominciata nel febbraio 2022, l’Ucraina si era dichiarata disponibile a un negoziato per risolvere il conflitto in Donbass. E come luogo aveva individuato la Santa Sede. Non era un segreto: l’Ucraina aveva espresso il suo proposito anche nell’agosto 2021 quando il cardinale Parolin aveva visitato il Paese in occasione del trentennale dell’indipendenza. Adesso la situazione è differente. La Russia ci ha invaso e sta occupando il 20% del territorio. È possibile pensare che l’Ucraina possa sacrificare quei cittadini che si trovano nelle aree conquistate in nome di una trattativa? Sarebbe come se in una famiglia di dieci persone ne venissero vendute due per garantire la tranquillità delle altre. Il Pontefice è consapevole che non c’è intransigenza nella posizione ucraina: non abbiamo altra scelta che difendere il Paese per sopravvivere. Ecco perché è stata molto apprezzata un’espressione del cardinale Zuppi che è impegnativa e cruciale: serve una “pace giusta”. È questo il nodo. E nelle sue giornate in terra ucraina Zuppi ha toccato con mano il nostro punto di vista. Comunque, a riprova delle relazioni cordiali, c’è anche un altro punto.
Quale?
Il desiderio dell’Ucraina che si concretizzi una visita del Papa. Il presidente Zelensky gli ha recentemente rinnovato l’invito dicendo che siamo disponibili a ogni formula per il viaggio. Sappiamo che non potrà essere una visita come quella di Giovanni Paolo II nel 2001 con una Messa di fronte a due milioni di fedeli. Penso che sarebbe in ogni caso una visita apostolica nel senso che l’Apostolo si fa prossimo a un popolo sofferente.
C’è chi sostiene che l’udienza del Papa al presidente Zelensky non sia andata bene.
Non è vero. L’incontro si è svolto in modo proficuo e caloroso. Dire l’opposto significa speculare. E chi è specialista nell'alterare la realtà? La propaganda russa. Il presidente ha illustrato la gravissima situazione del Paese al Papa che è rimasto molto colpito. E, come poi ha ribadito al cardinale Zuppi, ha spiegato che l’Ucraina non accetta di cominciare trattative, anche con l’ausilio di una parte terza, che implichino una perdita territoriale per fermare la guerra. Ma è aperta ad accordi chiari e a ogni proposta su questioni che permettano di raggiungere obiettivi precisi.
Lo scambio dei prigionieri, ad esempio? Il Papa è già un mediatore fra Ucraina e Russia sul versante umanitario.
Esatto. Sono migliaia i cittadini ucraini tenuti in cattività: alcuni nei territori occupati, altri in campi speciali. Famiglie, parenti, amici attendono che i loro cari tornino a casa. Sappiamo che sia il Papa personalmente, sia la Santa Sede sono attenti e stanno agendo. Io preferisco usare il vocabolo “sforzi”, voi “mediazione”: ma in questo contesto li ritengo sinonimi.
Poi c’è il dramma dei bambini deportati in Russia.
Sono ventimila. E rappresentano il nostro futuro. Anche qui ogni gesto è benvenuto. Sono persuaso che il Papa è pronto a ogni sforzo e che insisterà molto, anche se occorre silenzio. Mentre il cardinale Zuppi incontrava a Mosca il patriarca Kirill che ha benedetto la guerra, il Pontefice ha ricevuto in udienza le mogli degli ambasciatori ucraini verso le quali ha avuto parole molto fraterne. Alcune di loro hanno pianto. Fra loro c’era anche un uomo che in un attacco missilistico russo ha perso la moglie, due figlie e due nipoti: al Papa ha consegnato la foto della sua famiglia che ormai non esiste può; e Francesco è rimasto toccato.
L'ambasciatore ucraino presso la Santa Sede, Andrii Yurash, in udienza da papa Francesco - Twitter-Andrii Yurash
Eppure l’opinione pubblica ucraina e i media nazionali non vedono di buon occhio Francesco.
Oggi i due terzi della popolazione hanno avuto un lutto in famiglia a causa dell’invasione russa. Ucraina e Russia sono vicine, ma con la guerra Mosca ha rotto ogni ponte. Sentirsi dire che siamo nazioni “sorelle” provoca dolore o indignazione. Tuttavia, se ci possono essere state incomprensioni con la Santa Sede, il clima si sta rasserenando grazie alle parole del Papa, agli interventi del cardinale Parolin, alla missione del cardinale Zuppi.
Lo Stato ucraino accusa la Chiesa ortodossa ucraina del patriarcato di Mosca di essere filorussa. Si registrano arresti di preti, perquisizioni, allontanamenti forzati da parrocchie, santuari e monasteri. È a rischio la libertà di culto?
No, assolutamente. In Ucraina la libertà religiosa è garantita. Il cardinale Zuppi ha incontrato il Consiglio delle Chiese e delle organizzazioni religiose ed era presente anche la Chiesa ortodossa ucraina del patriarcato di Mosca. La volontà della gente di abbandonare la Chiesa del patriarcato di Mosca e di modificare l’affiliazione delle parrocchie viene usata dalla propaganda russa per sostenere che nel nostro Paese non si rispettano i diritti fondamentali. Invece è l’opposto: gli ucraini, forti della libertà religiosa assicurata dalle leggi, stanno scegliendo a quale comunità ecclesiale appartenere.
Come valuta la visita del cardinale Zuppi a Mosca?
La Russia non ha alcuna reale intenzione di sedersi intorno a un tavolo. Il portavoce del presidente Putin, Dmitry Peskov, ha detto che la visita era ben accetta ma il coinvolgimento del Cremlino è stato ridotto ai minimi termini e traspare come non si consideri seriamente l’iniziativa. Penso che sia soltanto una strategia per partecipare alla partita, con un approccio ideologico.
Il cardinale Matteo Zuppi durante la visita all'ambasciata ucraina presso la Santa Sede - Twitter-Andrii Yurash
Nell’incontro con Zuppi, il patriarca di Mosca, Kirill, ha invocato la pace. Ha cambiato mentalità?
Si tratta di espressioni di circostanza. La Chiesa di Mosca condivide e sostiene gli obiettivi del potere politico russo. Nella visione del patriarca, la parola “pace” significa legalizzare l’occupazione del territorio ucraino. Lo testimonia la recente annessione della diocesi di Berdyansk, nella parte della regione di Zaporizhzhia in mano agli invasori: trentuno sacerdoti filorussi hanno chiesto il passaggio sotto Mosca e il patriarca ha accettato. Anche le sue ripetute denunce di violazioni delle strutture della Chiesa ortodossa ucraina indica come questa comunità ecclesiale sia considerata parte del patriarcato di Mosca.
Il Papa continua a inviare aiuti all’Ucraina sotto le bombe. Come mostra l’ultima missione dell’elemosiniere pontificio, il cardinale Konrad Krajewski, venuto per la sesta volta: nei giorni scorsi la tappa a Kherson devastata dalla furia delle acque per l’esplosione della diga di Kakhovka.
È fondamentale sostenere la nostra gente. Ho appena parlato con il vescovo latino di Odessa, Stanislav Šyrokoradjuk, perché Kherson fa parte della sua diocesi. Mi ha detto che hanno urgenza di aiuti: oggi la prima necessità è l’acqua potabile. L’Ucraina ringrazia la Cei per ciò che ha già fatto e per ciò che sta facendo. Ogni forma di aiuto umanitario è un segno di vicinanza. Ma penso che per infondere speranza sia importante anche guardare al futuro, ossia alla ricostruzione. In tanti hanno già risistemato in maniera autonoma le proprie case danneggiate dai russi. Ma occorrono partnership internazionali per restituire al Paese scuole, asili, ospedali, edifici pubblici. E sappiamo che l’Italia ci sarà accanto.
(Ha collaborato Stefania Pizzi)