martedì 22 marzo 2016
Diario di una giornata non qualunque a Bruxelles
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Diario di un giorno qualunque. Una mattinata belga, ovvero grigia, né triste né allegra. Il solito vento meschino che riesce ad infilarsi in qualsiasi sciarpa, cappello, persino nei caschi da moto. Ognuno esce di casa, si riempiono i treni, gli autobus, milioni di gambe frettolose si incrociano nelle strade, nei marciapiedi della metro. Centinaia di lingue in questa capitale del mondo, migliaia di vite che si incrociano senza guardarsi, in un improbabile fiera ove Christian Dior e il cinese del sottopassaggio pedonale dividono ogni giorno la stessa passerella. E poi i profumi delle colazioni tardive, dei cappuccini, delle gaufre, dei croissant. Ognuno con i propri pensieri stretti a sé come un sacchetto di pop-corn al cinema, le porte della metropolitana si chiudono su quello che somiglia ad uno acquario stracolmo e variopinto. Eppure no. Non è un giorno come un altro, una mattina di nuvole, vento e gaufre come tante altre, che riporterà tutti a casa la sera, alla «vita vera », quella lontana dagli uffici, dalle fabbriche, dalle scuole. Perché oggi, in mezzo alla folla colorita stipata nell’acquario metropolitano, c’è un uomo che si stringe le tasche. Un uomo ora senza più volto, che ad un certo punto immobilizza il tempo in una macchia di morte, in una costruzione surrealista fatta di materiale umano, di sangue, di vestiti,di carta, di borsette. E di sangue. Se il sangue dei morti ci interroga con il suo silenzio, quello dei vivi, quello che sgorga dalle ferite, quello che grida e che soffre, trasforma l’attimo dell’orrore in una domanda. Alla quale nessun commento erudito, nessuna analisi politica, nessun testo di psicopatologia potrà mai dare una vera risposta. Spiegazioni si, tante. Risposte, nessuna. Oggi tutti i cittadini di Bruxelles sono senza telefono e appiedati. Verranno fatti chilometri a piedi per rientrare a casa. Come in tempo di guerra. La gente si scambia sguardi nei quali affiora timidamente la grande assente della mentalità belga, la solidarietà. Più avanti, nel bel mezzo della Piazza Reale, la statua equestre di Goffredo di Bouillon, belga e primo re cristiano di Gerusalemme, Impugna uno stendardo di bronzo annerito dall’incuria, stessa malattia che ha trasformato questo piccolo Stato nella capitale europea del terrorismo islamico.
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