La stretta di mano tra i leader libici al-Sarraj e Haftar. Al centro, Macron
Italia o Italietta? Sono tanto impietose quanto gratuite le contumelie che da quasi tutte le opposizioni sono piovute sul governo Gentiloni nelle ore dell’accordo - tutto da verificare sul campo - siglato, sotto gli auspici del presidente Macron, tra il premier di Tripoli Sarraj e l’uomo forte del deserto Haftar. Una Libia finalmente stabilizzata dopo gli anni del caos (che la miopia dei detronizzatori di Gheddafi non previde né arginò tempestivamente) sarebbe risultato da salutare con favore, nell’ottica di un Mediterraneo più democratico e ordinato. Il leader francese ha ringraziato l’impegno di Roma, che su quel fronte non è mai mancato con iniziative pubbliche e mosse sotto traccia.
Eppure, qualche amarezza rimane, perché Parigi si intesta da sola il successo (che non è per nulla garantito) e tenta di piegarlo a suo favore. Tuttavia, sparare sulla presunta inettitudine diplomatica di Palazzo Chigi e Farnesina suona ingeneroso e anche improduttivo. Quando ci si divide, si dimentica l’interesse generale per piccoli guadagni di fazione, si delegittima chi ci rappresenta, si fa solo il male del Paese. È così che l’Italia diventa un’Italietta, incapace di parlare con una voce sola, litigiosa e non disposta a unirsi per sostenere un progetto comune. La "grandeur" francese che spinge a serrare le file è spesso sinonimo di spocchia, ma a volte c’è da invidiarne un po’. Altro che nazional-sovranismo all’italiana...