martedì 24 settembre 2024
L'allarme del Centro alimentare della Cattolica: scelte consapevoli e razionali a tavola sempre più elitarie. Nelle famiglie disgregate e in difficoltà economica alto rischio obesità e "binge eating
«Il cibo spazzatura fa male ai bambini poveri»

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I numeri sono quelli di un’epidemia. Perché il 43 per cento della popolazione italiana è sovrappeso e la questione non riguarda solamente gli adulti, ma anche gli adolescenti e i bambini.

I disturbi della nutrizione e dell’alimentazione sono vere e proprie malattie multifattoriali; bulimia, anoressia, binge eating sono problemi che affliggono molte persone. Si tratta di patologie croniche, che vanno intercettate e curate con un approccio multidisciplinare. L’obesità ha cause molteplici, non solamente genetiche e biologiche, ma anche ambientali. L’aumento della patologia è esponenziale e sono sempre più i bambini obesi. Con conseguenze gravi sulla salute. Inoltre coloro che soffrono di questa malattia accusano sovente di essere esclusi, bullizzati.

Accanto a queste patologie emerge un quadro preoccupante riguardante uno scorretto approccio con il cibo, con un’alimentazione non adeguata, con condotte alimentari disturbate. Il rapporto con il cibo ha molteplici implicazioni; la cultura e il mercato incidono su di esso e l’industria è consapevole dei punti deboli del consumatore sui quali far leva.

Guendalina Graffigna, docente dell’Università Cattolica, dirige il primo centro italiano di ricerca multidisciplinare sui consumi alimentari, l’Engagemindshub.

Al di là dei numeri sulla diffusione del sovrappeso, quale tendenza si sta verificando? Qual è l’aspetto culturale che possiamo cogliere?

Come disturbi dell’alimentazione ci si riferisce a patologie, diagnosticabili e trattabili. C’è però un altro spettro di comportamenti, che definirei “condotte alimentari disturbate” che sta riguardando una fetta crescente della popolazione giovanile e pediatrica, che sono una alimentazione scorretta, che porta al sovrappeso, all’obesità e spesso conduce all’insorgenza di altre patologie correlate. Anche in questi casi c’è un’origine di natura psicogena, però dovuta a uno stile di vita. Le dinamiche che oggi portano all’insorgenza di tali patologie sono sia di natura individuale che di natura sociale. Partendo da queste ultime: siamo in un mondo bombardato da una pubblicità e da un marketing alimentare che rende difficile evitare una continua stimolazione rispetto a prodotti molto attraenti, a snack che sono molto spesso non solo ipercalorici, ma anche iper processati e che conducono a una continua sollecitazione dei bambini che desiderano avere questo tipo di prodotti. Queste dinamiche di marketing sono antagoniste della cultura della corretta alimentazione. Che non viene promossa. Oggi c’è un vuoto rispetto alla conoscenza nutrizionale e all’educazione alimentare.

La dieta mediterranea?

La stiamo perdendo, anche perché nelle famiglie non c’è questa tradizione; ciò deriva anche dalla strutturazione delle famiglie di oggi, visto che non c’è più la famiglia allargata che si occupi e si curi della preparazione del cibo. I ragazzi si trovano spesso con una autonomia rispetto alla scelta del cibo, che è controproducente.

È molto questione di marketing…

I bambini, gli adolescenti, gli adulti stessi, sono bombardati da pubblicità che toccano le leve di desiderio, che sono insite negli esseri umani, e che attivano una voglia di gratificazione. I bambini non hanno capacità di far filtro rispetto a queste pulsioni, anche perché spesso non c’è un’educazione alimentare alle spalle, perché sempre più sovente la famiglia non riesce a espletare questo compito. Bombardamento commerciale, produzione di alimenti che rincorrono i nostri desideri da una parte e, dall’altra, una scarsa conoscenza dei rischi per la salute. Un altro elemento da considerare è quello della povertà crescente. Paradossalmente questi prodotti, che sono anche comfort food dal punto di vista emotivo, sono anche economici. Più di quanto sia mangiare verdure o pesce nelle giuste quantità. Purtroppo la popolazione si sta impoverendo; sempre più giovani vivono in condizioni di povertà e le statistiche ci dicono che l’unico pasto equilibrato e sano che molti bambini e ragazzi assumono, è quello a scuola, nella mensa. I tassi di obesità sono correlati a livelli di benessere economico inferiore: oggi essere sani è per i ricchi. Oggi l’ipernutrizione è maggiormente presente tipica nelle fasce inferiori. Su questo substrato socioculturale si innescano dinamiche psicopatologiche.

Quali sono le dinamiche psicopatologiche che incidono sulla condotta alimentare?

Ansia, dovuta a vuoti emotivi che il bambino e l’adolescente provano, che da un punto di vista della psicologia dello sviluppo in parte sono prevedibili e normali, perché sono “prove di indipendenza”. Questa ansia, il bambino, il ragazzo solitamente la supera, anche grazie alle reti relazionali, che aiutano a non isolarsi. Purtroppo oggi la dinamica crescente negli adolescenti è quella dell’isolamento, perché abbiamo minori possibilità di stare con gli altri, per esempio giocando in un cortile; inoltre la diffusione delle nuove tecnologie porta i ragazzi a isolarsi. Ciò conduce ad alimentare le dinamiche dell’ansia. I disturbi dell’alimentazione sono risposte psicopatologiche all’ansia.

Nelle famiglie esiste una consapevolezza delle conseguenze di una cattiva alimentazione?

Spesso sono le famiglie che vivono con questo approccio. Il disordine alimentare non è solo del bambino, soprattutto se ci spostiamo dalle patologie quali anoressia e bulimia agli altri comportamenti. Quando si parla di sovrappeso e alimentazione scorretta, molto spesso siamo di fronte a una famiglia che ha abitudini errate. Non solo i genitori non ne sono consapevoli, ma tendono a reiterare questi comportamenti. Si diffonde un’ignoranza alimentare, purtroppo. A oggi, anche nelle persone “sane”, non c’è una conoscenza corretta di come impostare un’alimentazione equilibrata. Si tende a demonizzare alcuni alimenti. Anche chi fa diete, o sta attento alla nutrizione, accusa alcuni alimenti di essere dannosi.

Sarebbe necessario quindi rimettere al centro l’educazione alimentare?

Nella scuola un bambino viene toccato da questi saperi che non sono consolidati nei nuclei familiari. L’educazione deve essere bilanciata tra psicologia e alimentazione. Amiamo i comfort food, quel cibo che ha una ricaduta emotiva, e siamo di fronte a trend crescenti di consumo di tali alimenti che sovente sono utilizzati in periodi di stress da adulti come da ragazzini, per gestire le proprie emozioni. Non possiamo far e a meno di un’educazione alimentare che passi però da un’educazione psicologica, che aiuti a essere consapevoli della gestione delle proprie scelte alimentari. Bisogna andare a monte del comportamento, andare alla scelta.


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