Foto Siciliani
“Terreno sassoso”. Così oltre la metà dei responsabili diocesani di pastorale familiare (51,4%) definisce la situazione nella propria comunità per quanto riguarda la possibilità di proporre iniziativa, percorsi di formazione, iniziative legate al mondo familiare. Gli eventi ci sono, talvolta portano risultati apprezzabili, ma quanta fatica per seminare e raccogliere tra i sassi. C’è però un 26,4% che racconta la propria realtà come “terreno arato”. C’è stato negli anni tanto lavoro, si sono moltiplicati gli impegni e adesso – per oltre un quarto delle diocesi italiane - il raccolto promette frutti importanti. Più esigue le percentuali di coloro che scelgono le definizioni di “terreno rigoglioso”, e meno ancora le scelte riferite a “terreno tra i rovi” - quando cioè le iniziative vengono soffocate dalle urgenze o dal pessimismo - o addirittura “deserto”, quando le condizioni sembrano così preoccupanti, anche per mancanza di impegno da tanti anni, da suscitare considerazioni amare e ipotesi fosche. Piccole percentuali, d’accordo, ma ci sono e non vanno ignorate.
I riferimenti della parabola del seminatore (Mt 13, 1-23) sono stati scelti dall’Ufficio nazionale di pastorale familiare nel sondaggio promosso tra le diocesi italiane per capire come ridefinire l’impegno di vicinanza e accompagnamento alle famiglie nel prossimo futuro. I primi dati – perché la conclusione della ricerca con i risultati definitivi, è attesa per l’inizio del 2025 – sono stati diffusi durante il convegno “Vi occuperete di pastorale familiare”, ottava edizione di un appuntamento biennale per gli incaricati di pastorale familiare di nuova nomina, ma in realtà aperti a tutti, che si è tenuto lo scorso week-end ad Assisi.
“È stata un’occasione preziosa di formazione – ha spiegato ieri sera padre Marco Vianelli, direttore dell’Ufficio nazionale Cei per la pastorale della famiglia nel collegamento mensile on line con i responsabili diocesani - ma anche spazio importante per mettere a punto una grammatica di base, un linguaggio e una modalità comune sul come fare pastorale familiare nei prossimi anni”.
Al sondaggio, avviato a settembre, hanno risposto finora 143 uffici diocesani, il 70 per cento di quelli esistenti, mentre per quanto riguarda le regioni ecclesiastiche l’adesione è stata superiore al 60 per cento. Di grande interesse le esperienze significative segnalate, ben 234, suddivisi in 15 ambiti di impegno pastorale che permettono di mettere a fuoco le diverse tipologia di fragilità familiare. Secondo quanto raccontato dai vari uffici diocesani, l’emergenza più diffusa è rappresentata dall’isolamento sociale e relazione delle famiglie (47 segnalazioni), al secondo posto i problemi legati alla casa, al reddito e al lavoro, cioè il grande arcipelago della povertà (38), poi le difficoltà di dialogo e di comunicazione nella coppia (30), e quindi l’aumento delle separazione e delle disgregazioni familiari (30), a cui è collegato il problema dell’aumento delle convivenze e della diminuzione dei matrimoni (28). Seguono le difficoltà connesse alla fede, l’emergenza educativa, l’aumento delle fragilità psicologiche ed emotive degli adulti.
Di fronte a questo quadro le risposte degli uffici diocesani di pastorale familiare sono state caratterizzate da fattori di intervento come la “capacità di collaborare e di fare rete” (19,5%), la “capacità di ascoltare senza giudicare” (14,6%), la “professionalità e la competenza degli interventi di formazione” (9,3), la “capacità di accogliere” (8,4), la “capacità di farsi prossimo e la vicinanza” (6,8), il “supporto delle reti familiari” (5,8).
È stato possibile anche dare un primo sguardo ai contenuti delle varie esperienze segnalate. L’ambito più corposo – com’era abbastanza scontato - riguarda gli itinerari formativi per coppie di discernimento e di preparazione al matrimonio (38). Al secondo posto – e anche questo era facilmente prevedibile – gli interventi a favore delle famiglie fragili (30). Ma subito dopo – e questo rappresenta la crescita di una nuova sensibilità in risposta a una domanda crescente – ecco i progetti di sostegno alla genitorialità (27), in relazione all’educazione all’affettività dei figli preadolescenti e adolescenti, con particolare attenzione alle questioni dell’identità di genere e dell’orientamento sessuale. Altre iniziative riguardano in modo più ampio l’accompagnamento delle famiglie, il sostegno alla genitorialità in presenza di figli piccoli, il tema dell’educazione ai social e quello dell’educazione alla fede. Numeri più limitati per quanto riguarda le reti associative sulle questioni di fragilità, la formazione di sacerdoti e coppie per il supporto alla fragilità e la pastorale condivisa tra sacerdoti e famiglie.
L’ultimo aspetto indagato riguarda il confronto tra i temi presenti nelle attività degli uffici pastorali per la famiglia nel 2003 (grazie ai dati forniti dal Cisf) e quelli di oggi. Cos’è cambiato in oltre vent’anni di impegno per e con le famiglie? Dalle prime anticipazioni emerge, per esempio, che le commissioni diocesane per la famiglia, che erano presenti nell’83% delle comunità sono cresciute oggi fino all’ 87%. Più o meno stabili le iniziative per l’affido e l’adozione, passate dal 43 a 46 per cento. Mentre in calo la collaborazione tra uffici diocesani e Forum delle famiglie, passate dal 57% al 46% delle comunità. Il grande balzo in avanti è stato registrato, tra gli altri impegni, nell’ambito dei percorsi di accompagnamento e di discernimento per le coppie separate. Vent’anni fa erano presenti nel 19% delle diocesi, oggi siamo arrivati al 47%. Suscita anzi un po’ di stupore il dato secondo cui nel 53% delle comunità non siano ancora state previste iniziative su questo tema.
Ma, al di là di questo, le informazioni emerse confermano la capacità della pastorale familiare di intercettare emergenze e bisogni, con obiettivi ben definiti per offrire risposte sempre più specifiche ed efficaci.
Le riflessioni emerse dal convegno di Assisi, giocate su quattro verbi - essere, sapere, saper fare, saper far fare – sono state impostate con l’obiettivo di fornire agli operatori pastorali indicazioni concrete, con una parte teorica affiancata da interventi pratici e laboratori. Ieri sera padre Vianelli ha ricordato il senso dei vari interventi. A cominciare da quello di Emilia Palladino, docente di scienze sociali alla Pontificia Università Gregoriana, che è partita dalle criticità, dalla qualità del tempo per spiegare che si tratta di un valore prezioso per una generazione come la nostra che non è più disposta a barattarlo con il denaro.
Ricco di contenuti originali anche l’intervento di don Paolo Asolan, docente di teologia pastorale alla Lateranense, che ha sottolineato l’importanza di una teologia che parta dalla prassi che - come ha sintetizzato padre Vianelli – “si appiccica alla vita così che il vissuto dell’uomo possa diventare luogo teologico”. Un esempio di collaborazione tra famiglie e sacerdoti è arrivato dai coniugi Margherita e Marco Invernizzi, diocesi di Novara e responsabili della pastorale familiare per Piemonte e Valle d’Aosta, che sono intervenuti con il vicario episcopale della diocesi gaudenziana, monsignor Fausto Cossalter.
Una bella storia di amicizia coniugale e sacerdotale al servizio della famiglia dove è emerso che l’amicizia è spazio importante ma non nella logica dell’esclusività.
Sulla parte concreta, del saper fare e del “saper far fare”, di grande interesse il laboratorio dove sono stati intrecciati i compiti dell’operatore pastorale con le indicazioni di Evangelii Gaudium, per esempio laddove dice che “il tempo è superiore allo spazio”. Matteo Cremaschini e Paola Massi, formatori, hanno messo in luce l’efficacia di uno strumento per il discernimento comunitario, che è poi lo stesso metodo già sperimentato positivamente alla Settimana sociale di Trieste. Mentre le pedagogiste dell’Università Cattolica, Paola Zini e Livia Cadei, hanno spiegato quali sono gli elementi che rendono efficace un metodo per il discernimento e, quindi, nella concretezza, come accompagnare un gruppo, comprendendo sfide e tempi di quella particolare situazione. Anche per apprendere il “saper far fare” è un’arte che va nella direzione di quel bene comune da costruire e da comunicare giorno dopo giorno.