L'ambasciatore della Romania, George Bologan
"Trent'anni fa anni fa sull’altare della libertà si sacrificarono molti giovani in Romania. Eravamo entusiasti perché la libertà è un valore profondo, di cui molti si accorgono purtroppo quando manca. Per me, da adolescente, e per molti miei coetanei, l’allora Comunità Europea e i suoi principi e simboli, come per esempio la bandiera europea adottata a Milano nel 1985, erano l’espressione di questa libertà, della democrazia, della dignità dell’uomo...". Con la memoria, l'ambasciatore romeno in Italia George Gabriel Bologan torna per un momento a quei drammatici giorni di protesta di trent'anni fa, quando il suo popolo, stanco di fame e soprusi, rovesciò il regime di Nicolae Ceaușescu, riportando il Paese verso la democrazia.
Un cammino lungo, ma percorso con costanza dai diversi governi di Bucarest, che ha portato la Romania dapprima a entrare nell'Unione europea e quindi, dal primo di gennaio fino al 30 giugno di quest'anno, a presiederne il Consiglio. Un traguardo importante, commenta in un italiano fluente l'ambasciatore, che nel nostro Paese è di casa da anni: nato 45 anni fa nella regione della Transilvania, prima ancora di intraprendere la carriera diplomatica, ha studiato a Roma Teologia e Scienze delle comunicazioni ed è stato il primo giornalista romeno con accredito permanente presso la Sala stampa della Santa sede. Entrato in diplomazia, è stato console generale a Milano e infine, dal 2016, ambasciatore plenipotenziario della Romania presso la Repubblica italiana.
Ambasciatore, quale linea terrà il suo Paese durante il semestre di presidenza e quali saranno le priorità all'attenzione del Consiglio Ue?
Nell’anno in cui si compiono 30 anni dalla rivoluzione del 1989, la Romania esercita, per la prima volta, la Presidenza del Consiglio dell’Unione Europea. Nel processo di integrazione Ue, la Romania ha fatto sforzi significativi per adattarsi all’acquis comunitario e per affermare la sua piena adesione ai valori europei; da quando ne fa parte, sono trascorsi 11 anni. Abbiamo fatto progressi, il nostro Pil pro capite è raddoppiato. Abbiamo la convinzione che in questo momento di riflessione sul progetto europeo, qualsiasi visione sul futuro dell’Europa debba essere costruita intorno al principio di coesione. In questo spirito, abbiamo stabilito priorità e linee d’azione della nostra Presidenza, partendo dalla necessità di rafforzare la coesione europea su tre dimensioni importanti: coesione politica, per ristabilire il legame tra Stati membri, istituzioni europee e cittadini; coesione economica, essenziale per ridurre le disparità di sviluppo tra Stati membri, e di coesione sociale, vale a dire assicurare la convergenza sociale e la tutela delle quattro libertà fondamentali del mercato interno dell’Unione. Con i quattro pilastri della nostra Presidenza, ci proponiamo di rafforzare l’Europa della convergenza, della sicurezza, come attore globale e come Europa dei valori comuni.
I prossimi mesi costituiranno uno snodo decisivo per l’Europa: proseguirà la trattativa sulla Brexit, ma ci saranno anche il vertice di Sibiu e le elezioni europee di maggio. Qual è lo scenario che ci attende, come cittadini europei?
Questo semestre è caratterizzato da processi su vasta scala, che modelleranno l’Unione europea e ci metteranno davanti a scelte importanti per il nostro futuro comune. Intendiamo approcciare queste sfide con una visione pragmatica, incentrata sul principio della coesione sulle tre dimensioni menzionate prima, partendo dalla necessità di identificare soluzioni che riflettano sia gli interessi dei singoli Stati membri, che la visione delle istituzioni europee e le attese dei cittadini. Oggi, l’esperienza storica ci fa capire come l’unità dell’Europa sia necessaria non solo in senso giuridico, economico e politico, ma anche e soprattutto in senso culturale e spirituale, perché la cultura e il senso di appartenenza sono elementi essenziali che ci definiscono. Insieme possiamo contare qualcosa, essere rilevanti a livello globale, altrimenti saremmo piccoli Stati confinanti, con conseguenze anche economiche. In questa ottica, il Summit informale di Sibiu sarà un’opportunità importante per discutere le linee del Consiglio Europeo di giugno 2019 e per la futura Agenda Strategica dell’Ue per il periodo 2019-2024, che corrisponde al nuovo ciclo istituzionale che avrà inizio dopo le elezioni europarlamentari di maggio.
Ecco, proprio rispetto alla tornata elettorale, come valuta le istanze in campo? Negli ultimi anni, l'avanzata di forze sovraniste o anti europeiste ha fatto temere per la tenuta delle istituzioni europee. A suo parere, esiste ancora questa preoccupazione?
C’è un evidente bisogno di riavvicinare le istituzioni europee, e non solo, ai cittadini e ai loro bisogni. Le scelte politiche dei nostri cittadini riflettono le loro esigenze e le loro difficoltà, ed essere a contatto con esse ci aiuta a essere più realisti e a trovare soluzioni migliori. Penso che, al di là delle diverse convinzioni e degli orientamenti politici, ci sia un desiderio condiviso di riaffermare l’Europa come progetto politico, economico, sociale e culturale comune, che ci ha permesso di vivere il più lungo periodo di pace e stabilità nella storia del nostro continente. Esistono vari approcci, anche euro critici, bisogna vedere cosa ha funzionato e cosa no, ascoltare tutti senza pregiudizi. Il nostro dovere comune è quello di spiegare i benefici dell’Ue, di capire cosa si sia perso dei valori dei padri fondatori e di avere un atteggiamento propositivo.
Su alcune questioni di peso l'Unione europea non è ancora capace di parlare a una sola voce. Una di queste è l'immigrazione, sulle cui politiche non c'è pieno accordo fra i 27, con dissidi sul salvataggio in mare, sul ricollocamento dei profughi o sulla revisione del Regolamento di Dublino. Come valuta la situazione?
Il fenomeno dell’immigrazione è ampio e generato da molteplici cause, che necessitano solidarietà tra gli Stati membri, affinché
l’Unione possa far fronte alle sfide con cui si confronta. L’Europa dei valori comuni significa proprio questo: trovare soluzioni comuni a sfide condivise, sulla base dei valori che ci uniscono e che devono caratterizzare le nostre scelte: la solidarietà, la dignità umana, la libertà e la democrazia. Per quanto riguarda il mandato della Presidenza romena del Consiglio Ue, i negoziati sui dossier in ambito immigrazione si svolgono in un contesto difficile, segnato dalla necessità di rispondere sia a bisogni nazionali, che alle preoccupazioni espresse da molti cittadini europei. In questa qualità - e come prova di comprensione del bisogno di solidarietà -, la
Presidenza ha ottenuto, la scorsa settimana, l’accordo degli Stati membri per l’approccio proposto per il Regolamento riguardo l’estensione del mandato dell’Agenzia Frontex. Inoltre, esiste un consenso tra i Paesi membri riguardo il bisogno di intensificare la cooperazione con gli Stati terzi di origine e di transito per il controllo delle rotte dei migranti illegali. Ancora, per quanto concerne la riforma del Sistema europeo di Asilo Comune, come presidenza del Consiglio Ue ci siamo proposti di cercare soluzioni equilibrate, che rispondano alle preoccupazioni del maggior numero possibile di Stati membri e, allo stesso tempo, che portino risultati concreti per la gestione efficiente dei flussi migratori e degli effetti secondari che ne derivano. Ci impegneremo per avanzare i negoziati su temi di grande rilevanza, tenendo conto delle difficoltà già note e della necessità che l’Europa abbia una sola voce quando si parla di dare una risposta efficace al fenomeno migratorio. È un esame che dobbiamo superare. Il problema è di tutti e dobbiamo avere l’intelligenza di trovare una soluzione tecnica comune ben articolata per contrastare anche le reti criminali che usano gli esseri umani come fonte a dir poco illecita di guadagno.
Altri Paesi sul confine est dell'Unione propugnano una chiusura ai migranti, anche quando fuggono da situazioni di crisi umanitaria, evocando l'innalzamento di muri. Quale è la linea del suo Paese?
La Romania è, come l’Italia un Paese situato al confine dell’Ue e, pertanto, è impegnata a garantire la sicurezza della frontiera esterna dell’Unione. Il nostro Paese è al secondo posto fra i contributori di forze all’agenzia Frontex e partecipa attivamente a rafforzare le frontiere esterne dell’Unione. A gennaio, all’inizio della nostra Presidenza al Consiglio Ue, la Romania ha espresso la disponibilità di accogliere alcuni dei migranti sbarcati a Malta a dicembre 2018, in segno di solidarietà e per inviare un segnale positivo e incoraggiare gli altri Stati membri a fare altrettanto. Attualmente, i punti di contatto in Romania e a Malta sono in comunicazione permanente per ricollocare i migranti. Anche nel caso della nave Sea Watch 3, a gennaio, abbiamo espresso la disponibilità ad accogliere alcuni migranti sbarcati in Italia e le procedure, coordinate dalla Commissione europea, sono in corso. In qualità di Presidenza del Consiglio Ue, continueremo i colloqui per definire soluzioni efficienti e sostenibili per la gestione della migrazione, che rispondano alle preoccupazioni del maggior numero possibile di Stati membri.
La Romania è membro dell’Ue dal 2007. Tuttavia, sul piano politico e monetario non ha ancora completato l’adesione all’Euro (la moneta è il Leu) e allo spazio Schengen. L'obiettivo resta quello di entrare nell'eurozona? Ed entro quando?
L’adesione allo Spazio Schengen continua ad essere un tema importante e sensibile per la Romania. Il nostro Paese ha soddisfatto i criteri tecnici per l'adesione allo spazio Schengen sin dal 2011. Da allora, ha continuato ad adattare costantemente i sistemi rilevanti per la sicurezza interna e delle frontiere esterne, e ad applicare le misure per la riforma dello Spazio Schengen. Purtroppo, la decisione sull’applicazione integrale da parte della Romania alle regole Schengen, di fatto la decisione di adesione, ritarda ad arrivare, a livello del Consiglio UE, per ragioni che vanno al di là dei criteri puramente tecnici. Adesso ci stiamo concentrando sull’avanzamento decisivo dei negoziati sui dossier rilevanti per il rafforzamento della sicurezza interna dell'Unione e dello spazio Schengen. E la Presidenza romena del Consiglio Ue ha recentemente ottenuto progressi importanti in questo settore raggiungendo un accordo politico, nei negoziati con il Parlamento europeo, sul pacchetto legislativo riguardo "l'interoperabilità dei sistemi di informazione a livello Ue" (una delle componenti principali del quadro normativo per la riforma dello spazio Schengen), ma anche per quanto concerne le proposte legislative per migliorare la sicurezza delle carte d'identità e dei permessi di soggiorno dei cittadini Ue e dei loro familiari o la modifica del codice comunitario dei visti, che saranno adottate a breve, dopo la conclusione dei negoziati. Apprezziamo il costante sostegno dell'Italia al nostro completamento del processo di adesione a Schengen e possiamo solo sperare che i nostri sforzi siano adeguatamente riconosciuti e valorizzati dai nostri partner europei, in linea con la risoluzione del Parlamento europeo di dicembre 2018, che riconferma come la Romania rispetti pienamente i criteri di adesione e raccomanda al Consiglio di adottare al più presto una decisione in tal senso.
E l'adesione all'Eurozona?
Rimane una delle nostre priorità e deriva dall’obiettivo assunto nel Trattato di adesione. Consapevole della necessità di adempiere a tutti i criteri di convergenza, il Governo romeno ha istituito nel 2018 una “Commissione nazionale di supporto al piano nazionale di adozione della moneta euro”, che stila il calendario di ingresso del nostro Paese nel meccanismo di vigilanza unico e di adozione della moneta, e le misure per preparare l’economia e la società romena a passare a una nuova tappa. Allo stesso tempo, lo scopo è di assicurare un livello più elevato di convergenza reale e ciclica con le economie dell’eurozona. Inoltre, di recente il Governo romeno ha approvato il Piano Nazionale di adozione della moneta, che definisce gli obiettivi strategici e operativi, le tappe tecniche e le azioni necessarie per un’adesione in condizioni ottime. Per la sua attuazione, contiamo su un’economia competitiva, con un ritmo sostenuto di crescita e su una moneta stabile.
Rispetto all'Italia, la Romania è un partner di scambi commerciali, una nazione nella quale molti imprenditori italiani hanno aperto attività. Come valuta i rapporti economici fra i nostri due Paesi?
Sono eccellenti. E non lo dico per cortesia: i rapporti politico-diplomatici di partenariato strategico tra Romania e Italia sono sostenuti da una forte cooperazione a livello economico e commerciale. Nel 2018 abbiamo registrato un nuovo record dell’interscambio commerciale bilaterale, circa 15,2 miliardi di euro. La dimensione economica è una parte importante dei nostri rapporti bilaterali: l’Italia continua ad essere il secondo partner commerciale della Romania, con una crescita costante negli ultimi anni. Le imprese italiane guardano in continuazione con interesse il mercato romeno, investendo un capitale importante nel nostro Paese, soprattutto nei settori alimentare, dell'information technology, dell'edilizia e dell'agricoltura. Da questo punto di vista, l’Italia è il 5° paese nella classifica degli investitori stranieri. Negli ultimi 28 anni, sono state aperte in Romania più di 45mila società con capitale italiano, di cui oltre 23mila tuttora attive. Per numero di imprese costituite, l’Italia è addirittura il primo Paese nella classifica degli investitori stranieri in Romania. Ancora, continuiamo a operare per consolidare l’export di prodotti romeni già tradizionali sul mercato italiano: automobili, macchinari, elettronica e automazione, industria tessile e del mobile. Sull'altro versante, abbiamo notato con soddisfazione la crescita costante dell’iniziativa imprenditoriale dei residenti romeni in Italia: nel 2018, i dati indicano oltre 14mila società di capitale, più di 11mila società di persone e 49.300 imprese individuali costituite da cittadini romeni. Ciò conferma come la stragrande maggioranza dei cittadini romeni stabiliti in Italia sia molto ben integrata e desiderosa di contribuire allo sviluppo dell’economia e della società italiana, che per loro è una seconda casa.
La comunità romena è fra le più numerose comunità straniere in Italia. Ma in passato, il cammino verso l'integrazione ha attraversato anche fasi di pregiudizio e diffidenza verso i cittadini del suo Paese. Ritiene che quei pregiudizi siano ormai acqua passata?
I pregiudizi nascono da opinioni concepite in mancanza di una conoscenza diretta dei fatti o delle persone, della loro sensibilità. Nelle storie di tutte le emigrazioni, si sono avuti fenomeni legati ai pregiudizi, talvolta anche negli stessi Paesi, in caso di zone di provenienza diverse per abitudini e geografia, è successo che siano state messe delle etichette. Perciò, la conoscenza reciproca è fondamentale per accrescere l’empatia, la fiducia e il rispetto reciproco fra le persone. L’Italia ospita la nostra più grande comunità all’estero, con un milione e 190mila cittadini romeni residenti e integrati, oltre alle 14mila società di capitale di cui ho già detto e che contribuiscono al Pil italiano, in un periodo di fragilità economica. Miei connazionali insegnano nelle università italiane, altri che si prendono cura dei bambini o delle persone anziane, diventando spesso parte delle famiglie assistite; tanti lavorano nella ricerca, nel sistema sanitario, nel settore edilizio o quello agricolo. Circa 157mila alunni e studenti romeni studiano nelle scuole e nelle università italiane, la più significativa presenza straniera negli istituti scolastici italiane. L’ottima integrazione dei cittadini romeni in Italia è ormai riconosciuta a tutti i livelli e costituisce un importante ponte nei nostri rapporti bilaterali. Peraltro, non molti sanno che fino alla prima metà del Novecento, in Romania c'era una cospicua presenza di italiani, fra i quali diversi studiosi e molti lavoratori. Tornando a oggi, molto è stato fatto negli ultimi anni, con risultati visibili per l’integrazione e per l’immagine del nostro Paese in Italia. Ciononostante, tutte queste solide realtà non ci impediscono di dire che, sicuramente, dobbiamo continuare a lavorare insieme per migliorare la conoscenza reciproca e consolidare l’amicizia fra i nostri popoli.