mercoledì 5 maggio 2021
Come attivare il potenziale di empatia, capacità di risoluzione dei problemi e leadership Le esperienze di Lifeed, Enel e Unicredit
E in azienda diventa un valore il «prendersi cura» dei genitori
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Trasformare lo stigma in un apprezzamento, il pregiudizio negativo in una valorizzazione, la difficoltà in un’opportunità. Tanto per i lavoratori quanto per l’azienda. È un ribaltamento di prospettiva quello che comincia ad emergere riguardo ai caregiver, a 'chi si prende cura' in particolare di genitori anziani. Considerati molto spesso dalle aziende poco produttivi e non abbastanza impegnati, perché 'distratti' da altre incombenze e preoccupazioni, i dipendenti che hanno responsabilità familiari finora venivano posti ai margini, i loro percorsi di carriera interrotti. Innescando una spirale negativa che finisce per peggiorare il clima interno e per frustrare i collaboratori. Ma soprattutto, in questi casi, si perde – da entrambe le parti – l’occasione di mettere a frutto le competenze e le attitudini che proprio il 'prendersi cura' porta a sviluppare. Un potenziale ancora molto nascosto fatto di empatia, capacità di risoluzione dei problemi, leadership che può fare la differenza nel lavoro quotidiano e permettere alle aziende incrementi netti di produttività. Il tema della cura è una questione che riguarda una porzione di occupati sempre più vasta, se si considera che l’ultimo rapporto Istat sulla «Conciliazione tra lavoro e famiglia» del 2019, registra che ad avere responsabilità di cura di figli minori di 15 anni o di parenti disabili, malati o anziani sono complessivamente 12 milioni 746mila persone, il 34% della popolazione tra 18 e 64 anni (+10% in un decennio). Non solo, anche l’età media di chi fornisce aiuti è cresciuta nello stesso periodo di circa tre anni, arrivando a quota 50 anni per donne e uomini, la cosiddetta 'generazione sandwich' che spesso ha responsabilità tanto verso figli minorenni quanto genitori anziani. Ancora, una ricerca condotta sempre nel 2019 dalla società Jointly con l’Università Cattolica su un campione di 30mila lavoratori confermava che un terzo di loro è impegnato come caregiver familiare con un anziano e, fra questi una quarto ha contemporaneamente responsabilità di cura di figli minori.


Oltre la metà di loro, il 57%, ha più di 50 anni. Infine, uno studio della Har

vard Business University conferma lo scenario comune un po’ a tutto l’Occidente – con addirittura un 73% di lavoratori dipendenti negli Usa che hanno qualche carico di cura familiare verso bambini e/o anziani – esprimendo la preoccupazione che le aziende americane non hanno una reale percezione del problema e sono impreparate ad affrontarlo nel modo giusto. Da noi va certamente meglio, in particolare per i neo-genitori, ma solo da qualche tempo nelle imprese si è iniziato a considerare anche chi si prende cura dei nonni. Molti dipendenti privati addirittura nascondono la loro attività di cura, rinunciando ad esempio ad usufruire dei permessi accordati dalla legge 104, temendo che ciò possa influire negativamente sulla carriera. E, fra chi si è dichiarato come caregiver, il 28% dichiara che effettivamente il suo percorso di crescita in azienda ne ha risentito, il 54% si dice demotivato perché non gli sono stati più affidati compiti sfidanti, il 50% ritiene di aver perso premi e aumenti salariali. «E invece è possibile ribaltare completamente questa situazione, cambiando prospettiva. Tutti noi abbiamo vite complesse, ma proprio facendo leva sulle esperienze che viviamo possiamo far crescere le nostre capacità, acquisire quelle competenze trasversali che oggi sono fra le più richieste nelle imprese», spiega Riccarda Zezza, Ceo di Lifeed, l’azienda che ha ideato il metodo di formazione per trasformare gli eventi della vita appunto in soft skills, competenze trasversali. Un’impresa che lei stessa ha fondato mettendo a frutto la sua esperienza di manager messa un po’ da parte, proprio mentre grazie alle due maternità acquisiva nuove capacità. «Nelle imprese italiane hanno cominciato ad accorgersi che l’età media si alza e molti dipendenti svolgono compiti di cura nei confronti di genitori anziani. Prima ancora di offrire servizi dedicati, però, è necessario da parte delle aziende non considerare questo un problema, ma un’opportunità – spiega ancora Zezza –. E, da parte dei lavoratori, riflettere sulle proprie potenzialità, sulle esperienze acquisite nella cura, per 'spenderle' in maniera più consapevole nel lavoro».

Nel 2020, in piena pandemia, il programma di formazione on-line ha interessato circa mille persone, mentre in 15mila hanno usufruito negli anni scorsi dell’analogo servizio sulla genitorialità. «Il prendersi cura sviluppa le capacità di resilienza, di ascolto, di empatia, di maggiore consapevolezza dei propri mezzi, fino alla capacità di leadership – conclude Riccarda Zezza – E così si raggiunge un risultato doppiamente vincente: tanto per le imprese che migliorano il clima interno e guadagnano in produttività quanto per i lavoratori più consapevoli di sé e sereni perché valorizzati nel loro duplice ruolo di dipendenti e caregiver». L’esperienza di Unicredit lo conferma. «Dal 2018 abbiamo istituito la figura del Disability manager a cui si possono rivolgere sia i dipendenti con disabilità sia quelli che si prendono cura di disabili in famiglia – spiega Monica Carta, responsabile Welfare di Unicredit –. L’offerta di welfare è stata ampliata nel tempo con diversi servizi volti a promuovere l’inclusione: dal numero verde di supporto psicologico al corso di formazione dedicato ai caregiver sui servizi offerti dal nostro Gruppo e dal Ssn, fino ad avviare, lo scorso luglio, il master digitale Care con Lifeed che ha dato buoni risultati in termini di nuove energie e competenze da spendere da parte dei lavoratori-caregiver ». Anche in Enel, «oltre ai servizi di ricerca di infermiere e badanti tramite piattaforma di welfare aziendale, sono stati offerti workshop dedicati ai caregiver, un forum di auto-aiuto e il master Lifeed a cui hanno partecipato 530 dipendenti – racconta Raffaella Poggi D’Angelo, responsabile People care e Diversity manager di Enel –. Conciliare le identità è fondamentale e il saper gestire la complessità dei compiti di cura che i caregiver dimostrano è certamente una competenza che può essere ben spesa in azienda, con vantaggio reciproco». Prendersi cura degli altri, un valore aggiunto per sé. Anche nel lavoro.

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