E' stato firmato a Palazzo Chigi
l'accordo sul piano industriale in Italia del gruppo Whirlpool,
tra azienda, sindacati e governo. A siglarlo per l'esecutivo il
presidente del Consiglio, Matteo Renzi che subito dopo ha twittato "missione compiuta".
L'accordo alla Whirlpool è stato salutato con entusiasmo dal centrosinistra e dagli amministratori delle Regioni coinvolte.
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Garantisce 513 milioni di euro di investimenti ed evita 2000
esuberi". Lo ha dichiarato la presidente della Regione Friuli
Venezia Giulia e vicesegretaria nazionale del Pd, Debora
Serracchiani. "Le riforme e le buone politiche industriali
servono", ha concluso Serracchiani.
Siamo molto soddisfatti. L'accordo
prevede nella nostra Regione la stabilizzazione dei circa 2500
dipendenti e l'assunzione di 400 giovani. Un ringraziamento va
al governo e la ministro Federica Guidi: è stato scongiurato il
rischio di chiusura e licenziamenti ed assunto un impegno a
investire ancora di più" ha detto presidente della Regione
Lombardia Roberto Maroni all'uscita da Palazzo Chigi dopo la
firma dell'accordo Whirlpool. "La nostra Regione ha dato il suo
contributo per i piani di sviluppo sull'innovazione", sottolinea
Maroni.
L'azienda: in Italia nostra base europea. "Oggi è un giorno importante per il
futuro di Whirlpool in Italia. Grazie a questo piano industriale
continueremo a gestire l'intera Europa dall'Italia", ha
dichiarato Esther Berrozpe, presidente di Whirlpool Emea dopo la
firma del piano industriale con Governo e sindacati a Palazzo
Chigi. "Abbiamo stanziato investimenti di oltre mezzo miliardo
di euro in Italia per i prossimi quattro anni", ha spiegato.
Critici invece i sindacati: altre vertenze aperte. Al premier Matteo Renzi ricordano che si tratta di un risultato importante ma molte sono ancora le crisi industriali da risolvere.
"Il premier, subito dopo la firma dell'intesa Whirlpool, ci ha chiesto quali fossero i più urgenti punti di crisi per l'industria nazionale e noi gli abbiamo indicato le difficile situazioni che si stanno vivendo all'Ilva, all'Alcoa, a Termini Imerese", scrive Rocco Palombella, segretario generale della Uilm, in una nota.
Sulla stessa linea, il leader della Fiom Maurizio Landini: "Non è il Jobs act che ha fatto l'accordo, è necessario far ripartire gli investimenti e per la politica industriale serve pensare sui settori strategici. Oggi celebriamo un accordo chiuso positivamente ma ci sono ancora molte vertenze aperte".
Il produttore statunitense di alluminio
Alcoa ha annunciato ad agosto 2014 la chiusura definitiva del suo impianto di Portovesme, in Sardegna, lamentando eccessivi costi dell'energia. Dopo una vertenza che si è trascinata anni, per i circa 500 operai è arrivata la cassa integrazione. È ancora in corso la trattativa con la multinazionale anglo-svizzera Glencore che consenta l'acquisizione e la riattivazione dello smelter di Portovesme.
Ancora in attesa di un progetto di rilancio anche lo stabilimento siciliano di
Termini Imerese, dismesso quattro anni fa da Fiat. Il ministero del Welfare ha di recente firmato il decreto che autorizza due ulteriori anni di cassa integrazione straordinaria per ristrutturazione aziendale per i 700 dipendenti Blutec, società del gruppo di componentistica Metec che dovrebbe riprendere la produzione di auto nel sito palermitano.
Alle cronache di questi giorni anche il caso dell
'Ilva, la principale azienda siderurgica italiana che solo a Taranto conta 15.000 dipendenti. L'impianto, al centro di vasti e costosi lavori di bonifica ambientale, è al centro di un braccio di ferro tra governo e procura locale, che vorrebbe spegnere un altoforno dopo la morte di un operaio, anche se per l'Ilva così sarebbe a rischio la produzione.