Senza lavoro. In Italia. In Europa. Una piaga sempre più diffusa e dolorosa. Il dato di aprile – comunicato ieri dall’Istat – fissa ancora un record, con un tasso di disoccupazione che sale al 12% rispetto all’11,9% di aprile (+1,5% su base annua), e al 40,5% fra i più giovani (15-24 anni, +0,2% su marzo e +5,9 a livello tendenziale). Se guardiamo al solo primo trimestre dell’anno, il tasso generale s’impenna al 12,8% e quello giovanile sfiora il 42% (41,9%), con un picco del 52,8% per le giovani donne del Mezzogiorno. Numeri impietosi che alzano l’asticella ai massimi da 36 anni. Record a cui forse ci stiamo abituando, impotenti, rassegnati. Contribuendo a infoltire la massa di sfiduciati che ormai il lavoro neanche provano a cercarlo. Queste cifre sono la sintesi fredda di storie calde, di disagio, di speranze spezzate e sogni infranti. «Il lavoro è la lama più penetrante e tagliente oggi nella carne della gente», ha ammonito il Cardinale Angelo Bagnasco, all’ultima Assemblea generale della Cei, con una immagine cruda, reale, spronante. Vite in salita. Di tremilioni e 84mila persone a spasso (+23mila rispetto a marzo, +373mila nell’anno), con un presente ad ostacoli e un futuro difficile anche da immaginare. «Non siamo all’altezza dell’articolo uno della Costituzione», ha richiamato con forza il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, giovedì indicando nel lavoro, soprattutto dei giovani, la grande priorità del Paese. Un pressing, quello del Capo dello Stato, che continua nel messaggio inviato ieri ai prefetti d’Italia per la ricorrenza del 2 giugno, la Festa della Repubblica («fondata sul Lavoro»): le ansie e le aspettative di persone, famiglie ed imprese in gravi difficoltà rappresentano una «vera e propria questione sociale che si esprime soprattutto nella dilagante disoccupazione giovanile» e della quale «bisogna farsi carico ponendola al centro dell’azione pubblica, che deve connotarsi per un impegno sempre più assiduo nella ricerca di soluzioni tempestive ed efficaci alle pressanti istanze dei cittadini». Il richiamo all’azione, ma con una speranza, una luce: «La fiducia – continua Napolitano – potrà rinascere, ed essere a sua volta volano di migliori risultati, se le risposte saranno coerenti e mirate in uno sforzo continuo, volto a razionalizzare e semplificare gli apparati e l’azione amministrativa, e a riorientare l’utilizzo delle risorse pubbliche perché possa concretamente avviarsi una nuova fase di sviluppo e di coesione sociale». Le stesse preoccupazioni e gli stessi auspici del governatore di Bankitalia Ignazio Visco che ieri ha proposto di abbassare le tasse a cominciare dal lavoro: il cuneo fiscale sul lavoro «frena occupazione e attività d’impresa».Una situazione pesante che spiega quanto complesso sia il compito del governo Letta, che ha messo ai primi punti dell’agenda politica proprio il rilancio di crescita e occupazione. Un impegno che interessa e coinvolge tutta Europa visto che sostanzialmente il dato italiano (senza la criticità giovanile) è in linea con quello medio dell’Eurozona (12,2% il tasso fotografato da Eurostat ad aprile).Tornando ai numeri dell’Istat, gli occupati sono 22 milioni 596 mila, in calo dello 0,1% rispetto a marzo (-18 mila unità) e dell’1,6% su base annua (-373mila unità). Il tasso di occupazione è pari al 56,0% (-0,1% congiunturale e -0,9% tendenziale). Sul trimestre «non si arresta il calo degli occupati a tempo pieno», diminuiti del 3,4%, 645.000 unità rispetto al primo trimestre del 2012. Gli occupati a tempo parziale continuano invece ad aumentare (+6,2%, 235mila unità in più) ma, «la crescita riguarda esclusivamente il part time involontario». Mentre« si interrompe la dinamica positiva dei dipendenti a termine», i cosiddetti "precari", -69.000 (-3,1%), flessione che interessa «esclusivamente i giovani fino a 34 anni». Le reazioni del mondo imprenditoriale e sindacale sono dure. I dati sulla disoccupazione «sono più che preoccupanti, direi tragici», avverte il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi. E se il leader Cgil, Susanna Camusso, punta il dito contro «le politiche di rigore e recessive», il segretario generale della Cisl, Raffaele Bonanni rilancia: «Non è più il momento delle analisi, il paese ha bisogno di una terapia choc. Va fatto ogni sforzo per rimettere in moto l’economia e creare nuovi posti di lavoro. Per questo noi ribadiamo che la strada è quella di dimezzare le tasse sul lavoro, per lavoratori, pensionati ed imprese che investono».