Da Banca d'Italia arriva un messaggio all'Europa: "L'uscita dall'Europa non servirebbe a curare i mali strutturali della nostra economia, ma serve un'inversione rispetto all'oggi che vede "un'Unione più forte nel proibire che nel fare". E capace di costruire un sistema di gestione delle crisi bancarie affidato "a una molteplicità di autorità e istituzioni" e privo di "una efficace azione di coordinamento". E un messaggio sul fronte interno: "Alla di là dell'incertezza politica, il consenso va ricercato con la definizione e la comunicazione di programmi chiari, ambiziosi, saldamente fondati sulla realtà".
Alle ultime "Considerazioni finali" del suo primo mandato (scade a fine anno, ma può essere rinnovato), il governatore Ignazio Visco non entra chiaramente in questo clima da pre-campagna elettorale, ma chiede uno "sforzo eccezionale per superare" una "doppia recessione" che vede oggi l'Italia venire dai suoi "anni più difficili in tempo di pace". E ci tiene, Visco, a rinnovare la fiducia che si ottengano "risultati che servono l'interesse generale, tenendo conto di chi resta indietro e di chi arretra, liberando l'economia da inutili vincoli, rendite di posizione, antichi e nuovi ritardi". Per questo sottolinea che due sono i pesi che gravano maggiormente sullo sviluppo dell'Italia, frenando la produttività: il debito pubblico e i crediti deteriorati delle sistema bancario.
Non vanno visti come situazioni isolate, hanno al contrario uno "stretto legame con le difficoltà dell'intera economia". Entrambi, inoltre, costituiscono fattori di debolezza "che riducono i margini di manovra dello Stato e degli intermediari finanziari; entrambi rendono vulnerabile l'economia italiana alle turbolenze sui mercati e possono amplificare gli effetti delle fluttuazioni cicliche".
Il governatore della Banca d'Italia Ignazio Visco nel corso del suo intervento ha salutato il presidente Bce, ed ex numero uno di Via Nazionale, Mario Draghi seduto in prima fila. "Dò il benvenuto al presidente Bce" afferma Visco quando nella relazione affronta il tema delle misure straordinarie decise da Francoforte nel 2014 che hanno "contrastato con successo i rischi di una spirale deflazionistica". Accanto a Draghi sono seduti l'ex premier Mario Monti e la presidente della Commissione Antimafia Rosy Bindi. In prima fila seduti, fra gli altri, l'ex ministro dell'Economia Fabrizio Saccomanni, l'ex premier Lamberto Dini e l'ex governatore Antonio Fazio.
Il problema debito
Via Nazionale si preoccupa anche di indicare le vie d'uscita. Per il debito "nell'attuale fase di ripresa, pur moderata, è possibile intraprendere un processo di consolidamento duraturo attraverso politiche di bilancio prudenti, mirate non solo a ridurre il disavanzo, ma anche a rivedere le composizioni delle spese e delle entrate". Politiche di bilancio adeguate possono portare a un rapporto debito/Pil al di sotto del 100% in circa 10 anni, sostiene il governatore. Una previsione che tiene conto della crescita debole, che si manterrà, ritiene la Banca d'Italia, intorno all'1% annuo, e un'inflazione al 2%, purché ci sia un saldo primario in avanzo del 4% del Pil. "Non è un impegno da poco - riconosce Visco - ma non è al di fuori della nostra portata". Servono dunque misure correttive nell'ordine di 1,5 punti percentuali del Pil nel triennio 2018-2020, che ci permetteranno anche di evitare l'aumento delle aliquote Iva previsto dal prossimo anno. Serve, soprattutto, "un impegno costante e prolungato nel controllo dei conti pubblici".
Il nodo crediti deteriorati
Quanto ai crediti deteriorati delle banche, conseguenza inevitabile della crisi, il governatore sostiene che la situazione sia in realtà meno grave di quanto appaia, pur invocando una loro "gestione attiva" ed, eventualmente, una cessione con "obiettivi ambiziosi". Sottolinea quindiche a fine 2016 quelli netti erano pari a 173 miliardi, il 9,4% dei prestiti complessivi (e non i 350 miliardi dei quali spesso si parla). A partire dal 2013, a giudizio di Bankitalia un intervento dello Stato sotto forma di una bad bank era auspicabile, ma è stato impedito "dagli orientamenti in materia di aiuti di Stato assunti dalla Commissione Europea a metà del 2013". Adesso il
dibattito è in corso: la Banca d'Italia è chiaramente schierata a favore di tale ipotesi, ma, in ogni caso, chiede alla Commissione Europea che la questione si definisca rapidamente, perché continuare a fluttuare nell'incertezza "rallenta la definizione delle transazioni in corso, scoraggia quelle che potrebbero realizzarsi nei prossimi mesi".
L'urgenza lavoro
Anche il mercato del lavoro è stato massacrato dalla crisi: alla fine del 2016, ricorda Visco, meno del 60% delle persone tra i 20 e i 67 anni avevano un impiego, ed era occupata appena una donna su due. C'è la situazione dei Neet, la precarietà, ma anche il calo della popolazione: "Un aumento della partecipazione al mercato del lavoro e un inserimento efficace e razionale degli immigrati saranno elementi necessari per lo sviluppo futuro del Paese". Ma occorre che cresca la produttività, e per farla crescere occorrono investimenti pubblici, specie nelle nuove tecnologie.