Fin qui gestito principalmente su base municipale e locale, il settore della 'trasformazione ecologica' (trattamento dell’acqua e dei rifiuti) s’orienta già verso un cambio di scala, con l’ingresso in campo di futuri mastodonti privati internazionali? A questa domanda aperta, la Francia sembra rispondere oui, fornendo una prima dimostrazione con l’accordo di fusione parziale annunciato ieri fra i gruppi Veolia e Suez, con il beneplacito dell’esecutivo del presidente Emmanuel Macron. Un’operazione che interessa da vicino anche l’Italia.
Dopo 8 mesi di tentativi reiterati d’assalto, Veolia ha finito per adeguare il valore della propria offerta alle richieste di Suez, aprendo così la strada alla costituzione d’un gigante con un fatturato stimato di 37 miliardi, per ora senza eguali al mondo. L’operazione in vista riguarderà il trasferimento di titoli per un totale di 25,4 miliardi di euro, su una base di 20,50 euro per azione, contro la precedente proposta di 18 euro avanzata da Veolia. Fin dall’inizio dell’offensiva di Veolia, i vertici di Suez si erano battuti per la sopravvivenza del gruppo, potendo contare pure sull’argomento delle normative antitrust. Del resto, anche il progetto d’accordo annunciato ieri deve ancora ottenere il via libera della Commissione Ue. Se così fosse, sulla base di quanto appena pattuito, Suez continuerà ad esistere, ma preparandosi a restringere notevolmente il proprio perimetro d’azione. Il nuovo gruppo in formato ridotto conserverà le attività di trattamento dell’acqua municipale e di smaltimento dei rifiuti in Francia, ma anche quelle in Italia e in diversi altri Paesi. Nel nostro Paese, in particolare, Suez detiene un’importante partecipazione del 23,33% in Acea, l’azienda municipalizzata controllata dai poteri capitolini che eroga luce e gas non solo nell’area di Roma. Dopo l’operazione, Suez dovrebbe pesare circa 6,9 miliardi di euro, in termini di fatturato. I vertici del gruppo Veolia, invece, ritengono adesso di poter acquistare la stazza necessaria per competere appieno come mai prima sui mercati mondiali, secondo l’ambizioso progetto di lungo corso perseguito dal Ceo, Antoine Frérot, che ha assicurato nelle ultime ore di non voler cedere nessuna delle attività appena strappate ai rivali. C’è inoltre un impegno formale per salvaguardare le prerogative contrattuali dei dipendenti di Suez, anche se i sindacati continuavano nelle ultime ore ad esprimere timori, almeno a lungo termine.
A livello strategico, una volta cedute nel 2013 le attività nel comparto dei trasporti, Veolia stava già rafforzando da anni le proprie competenze con una valenza ecologica, come lo sviluppo di sistemi innovativi di depurazione e di lotta contro l’inquinamento. Come in tutte le trattative transalpine di queste dimensioni, è risultato decisivo pure l’avallo del governo, da tempo favorevole ai piani di Veolia. In proposito, ieri è giunto subito il plauso del ministro dell’Economia, Bruno Le Maire, che ha sottolineato i vantaggi arrecati dalla costituzione di un «campione mondiale della trasformazione ecologica», sullo sfondo di un mercato che si sta trasformando. In questo senso, «l’intesa garantisce il buon sviluppo sui mercati nazionali e internazionali». Per il ministro, inoltre, l’accordo non danneggerà i consumatori, poiché «tutela la concorrenza al servizio dei clienti fra due grandi aziende industriali nazionali». Sul piano sindacale, Le Maire ha invece sostenuto che l’intesa «tutela l’occupazione ». Dopo mesi di tensione, la prospettiva d’una possibile battaglia azionaria prolungata di trincea rischiava di nuocere ad entrambi i contendenti. Ieri, invece, i titoli dei due gruppi hanno chiuso entrambi in forte progressione alla Borsa di Parigi.
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