venerdì 6 settembre 2024
Il fabbisogno per la pa e le imprese da qui al 2028 è stimato tra i 3,4 e i 3,8 milioni di lavoratori per effetto del turnover e della crescita prodotta dal Pnrr
Assunzioni record nei prossimi anni, servono 600mila immigrati
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Nel quinquennio 2024-2028 le imprese e pubbliche amministrazioni italiane avranno bisogno di assumere fra i 3,4 e i 3,9 milioni di lavoratori. E più di mezzo milione potrebbero essere immigrati. A rendere pubblica la stima è Unioncamere, nell’ultimo aggiornamento al report sulle Previsioni dei fabbisogni occupazionali e professionali in Italia a medio termine”, realizzato in collaborazione con il ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali.

Una quota prevalente dei nuovi occupati, stando ai dati compresa tra il 78% e l’88% delle assunzioni, sostituirà il personale in uscita dal mercato del lavoro, mentre la crescita economica porterà con sé tra le 405mila e le 832mila unità in più. Sulle cifre inciderà però soprattutto la piena realizzazione degli investimenti realizzati con i fondi del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza, che secondo le aspettative più rosee potrebbero già attivare 970mila lavoratori (tenendo conto degli effetti diretti e indiretti sull’indotto).

Sempre secondo gli scenari più ottimistici, beneficeranno dell’aumento del numero degli occupati apportato dal Pnrr alcuni settori strategici. Primo fra tutti quello della finanza, su cui si concentrerà il 23% dell’impatto occupazionale, seguito da commercio e turismo (21%), formazione e cultura (12%), costruzioni e infrastrutture e altri servizi pubblici o privati (10%).

In testa alle regioni invece dove la necessità di nuovo personale sarà maggiore c’è la Lombardia, che determina oltre il 18% dell’intero fabbisogno nazionale con circa 709mila lavoratori attesi, ma nelle prime posizioni si trovano territori altrettanto strategici come Lazio (391mila, pari al 10,1% del totale), Veneto (326mila, 8,4%), Emilia-Romagna (325mila, 8,4%) e Campania (312mila, 8,1%). Quanto ai livelli di istruzione, si prevede che circa il 47-48% delle occupazioni richiederà una formazione tecnico-professionale, a differenza del restante 37-38%, per le quali servirà una formazione terziaria.

Un dato indicativo riguarda tuttavia le stime sul fabbisogno di cittadini stranieri da impiegare nel settore privato durante i prossimi cinque anni: fino a 640mila lavoratori immigrati nel nostro paese, un quinto della quota totale di personale necessario, potrebbero soddisfare le esigenze di molteplici settori e filiere specifici, dall’agricoltura alla moda. Com'è facile immaginare, è nel mondo agricolo e industriale che il contributo di questi ultimi inciderebbe di più (35% e 28% sulla percentuale di nuovo personale richiesta dal settore), ma anche nel comprato moda (45,7%), mobilità e logistica (33%), agroalimentare (32,1%), legno e arredo (29,9%), costruzioni e infrastrutture (29,4%). Prospettive che lanciano un segnale importante su quanto l’immigrazione oggi possa diventare linfa vitale per alimentare e tenere in vita il sistema produttivo nazionale. Sempre più urgente, in quest'ottica, l'introduzione di tutele adeguate a contrastare fenomeni come caporalato e sfruttamento, per garantire la sicurezza di tutti i lavoratori.

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