In Italia Unicredit taglia 6.900 posti di lavoro. È quanto emerge dalle slide diffuse in occasione della presentazione agli analisti del piano aziendale. Di questi 5.800 tagli saranno nella banca commerciale e 1.100 nel corporate.
Guardando nel dettaglio i tagli, nel vecchio piano Unicredit concordò 5.100 uscite di cui per 2.400 gli accordi sono stati già definiti. Ne restano 2.700 a
cui si aggiungono 540 posizioni (per lo più dirigenti) del nuovo
piano. Per raggiungere la cifra di 6.900 bisogna includere,
spiegano fonti, oltre 700 dipendenti di Uccmb (che è stata
ceduta alla cordata Fortress-Prelios), 200-300 italiani che
operano all'estero in società tipo Ubis, il restante è un
piccolo gruppo di mancato turn-over.
Nel complesso "dei
18.200 esuberi previsti dal piano al 2018, 6mila sono legati alle cessioni in Ucraina e di Pioneer. Dei 12.220 esuberi residui, 2.200 sono già stati effettuati in questi mesi del 2015. Tra questi ci sono 1.100 dirigenti, che erano il 3,3% dei nostri dipendenti nel 2010, e scenderanno all'1,9% a fine 2018". Così Federico Ghizzoni, amministratore delegato di Unicredit, nella conference call con gli analisti, in merito ai tagli previsti dalla banca nel nuovo piano strategico al 2018 a livello di gruppo.
Ma non si pensi che Unicredit vada male. Infatti potrà pagare 4,8 miliardi
di dividendi cash che corrispondono ad un payout medio del 40%.
Se si considera lo script dividend si potrà arrivare a 9
miliardi con le azioni. "Non è un impegno, è quello che potremmo fare se
raggiungiamo i nostri target di Cet1", ha detto agli analisti sempre Federico Ghizzoni, ricordando che lo "Srep non è ancora
concluso, terminerà a dicembre. A quel punto la Bce invierà a
tutte le banche le sue raccomandazioni in termini di dividendi".
L'utile di gruppo, esclusi i 400 milioni di poste ricorrenti, sarebbe di 1,9 miliardi di euro. Il miglioramento nella qualità dell'attivo del gruppo nel terzo
trimestre continua ad accelerare, con i crediti
deteriorati lordi in ulteriore calo a 80,7 miliardi di
euro(-1,3% trimestre su trimestre).
La "Core Bank" registra un livello di commissioni a 5,8 mld nei
nove mesi (+4,6%) con quelle da servizi di investimento che
contribuiscono maggiormente e raggiungono 2,8 mld di euro nei 9
mesi (+11,2%). In forte aumento i prestiti a medio e lungo
termine della banca commerciale: a quota 23,3 mld nei nove
mesi(+38%) grazie sia a quelli verso la clientela corporate sia
ai mutui.
A livello di divisioni la Commercial Bank Italy
continua essere il maggior contributore al profitto di Gruppo
con un utile trimestrale pari a 515 mln (-8,8%), raggiungendo
1,6 mld nei 9 mesi (+2,5%). I ricavi ammontano a 6,5 mld nei 9
mesi. La divisione Cib segna un utile consolidato pari a 294 mln
nel trimestre e 910 milioni nei 9 mesi.
Il Centro Est Europa
registra un utile netto in aumento a 158 mln nel trimestre
arrivando a 488 mln nei 9 mesi. Asset Management e Asset
Gathering hanno mostrato solidi profitti nel terzo trimestre con
un utile netto pari a 57 mln e 36 mln rispettivamente. Il CET1
ratio transitional pro-forma è in tenuta a 10,53% e arriva a
10,93% includendo la joint venture Pioneer-Santander.
La reazione del sindacato
La Fabi, sindacato dei bancari, dice no "all'ennesimo
piano di contrazione e non di rilancio del gruppo Unicredit, che
ancora una volta sceglie la strada del ridimensionamento delle
attività". Così Mauro Morelli, segretario nazionale della Fabi,
ricordando che "dal 2007 ad oggi solo in Italia il gruppo ha
tagliato 30mila posti di lavoro". Il piano, dice, prevede altre
560 eccedenze di personale entro il 2018, che si aggiungono alle
5.100 dichiarate un anno fa. E il numero potrebbe salire di 400
unità con la cessione del ramo leasing.