Fra residue incertezze, entra in dirittura d’arrivo la Cop21 di Parigi, la Conferenza mondiale sotto l’egida dell’Onu chiamata a varare entro domani un accordo ad ampio raggio per ridurre drasticamente le emissioni planetarie di gas serra giudicate responsabili del cambiamento climatico e dei suoi effetti potenzialmente devastanti soprattutto per le popolazioni dei Paesi subtropicali poveri. Ieri, nel giorno in cui ha ricevuto una nuova bozza d’accordo dai ministri dei 196 Paesi impegnati nelle trattative, l’ex premier e attuale capo della diplomazia francese Laurent Fabius, presidente della conferenza, ha sottolineato che «c’è ancora tanto lavoro da fare» in poche ore, citando in particolare tre questioni trasversali, ovvero «differenziazione, finanziamenti e livelli di ambizione dell’accordo».L’ultima bozza, di una trentina di pagine, fissa un nuovo obiettivo di 1,5 gradi centigradi di aumento massimo della temperatura media planetaria entro il 2100. L’accordo comporta impegni vincolanti, ma senza prevedere sanzioni in caso di non rispetto dei parametri. Pur rappresentando un passo in avanti rispetto ai testi precedenti, il documento non scioglie alcuni nodi centrali, a cominciare dalla questione dei finanziamenti al Sud del mondo per favorire i tentativi di adattamento alle nuove condizioni climatiche, come la costruzione di barriere nelle zone maggiormente vulnerabili all’innalzamento del livello dei mari o la concezione di centrali solari nel quadro di una transizione progressiva dalle energie fossili a quelle rinnovabili. Se la Banca mondiale valuta il fabbisogno reale attorno ai 200 miliardi di dollari l’anno, l’obiettivo finora sul tavolo, di 100 miliardi, resta ancora teorico. Ieri sera, il noto militante ambientalista francese Nicolas Hulot, che ha accettato dall’Eliseo l’incarico di “inviato speciale per la protezione del pianeta”, ha esposto così la situazione: «Abbiamo 24 ore per tendere la mano alla fiducia, alla speranza e alla storia». In proposito, diversi osservatori indipendenti evidenziavano ieri che il valore effettivo dell’accordo dipenderà molto da due questioni specifiche ancora irrisolte. Da una parte, non è stata fissata la data d’entrata in vigore della clausola di revisione degli obiettivi di riduzione: andando oltre il 2020, secondo molte Ong, si assottiglierebbero le speranze di correggere le derive in corso. Dall’altra, a proposito dei fi- nanziamenti, s’invoca da più parti che i 100 miliardi vengano considerati solo come un minimo, da sottoporre nel tempo a un processo di revisione al rialzo. A fiancheggiare gli sforzi governativi sono pure numerosi enti subnazionali, a cominciare dalle regioni che hanno firmato il documento “Under 2 Mou” sulla riduzione delle emissioni a livello locale, come la Lombardia e la Sardegna. E restano mobilitate tante Ong, compresa la neonata fondazione italiana E4Impact, orientata principalmente verso i Paesi africani e volta a favorire la cooperazione e la formazione in campo ambientale. Voluta con il forte concorso dell’Università Cattolica, è presieduta da Letizia Moratti. In proposito, sarà presentato oggi alla Cop 21 un protocollo d’intesa della fondazione con il Ministero dell’Ambiente.