Più lavoro nero, è così che il sommerso ha continuato a far cassa con le crisi di questi anni: 2,9 milioni i lavoratori in nero vessati nelle false imprese, in tutti i settori produttivi del Paese con un’evasione fiscale e contributiva che raggiunge cifre da capogiro.
L’economia sommersa pesa, infatti, per il 9,5% del Pil, 173,9 miliardi di euro di cui 91,4 da sotto dichiarazione e 68,1 da lavoro irregolare. È quanto emerge dagli ultimi dati Istat (diffusi a metà ottobre). Cifre da capogiro, un mancato gettito che sfiora l’intero importo del Pnrr e vale 4-5 manovre finanziarie in un Paese zavorrato dal deficit, con un governo che deve fare i salti mortali per raggranellare risorse, coniugare la crescita e contenere il debito. Il governo nell’azione volta a contrastare l’evasione fiscale e contributiva ha messo tra le sue azioni il contrasto alle false cooperative. Un’azione efficace e a lungo da noi invocata, ma che resta parziale nell’affrontare il tema di illegalità ed evasione nel mondo del lavoro e delle imprese. Parliamo di alcune migliaia di cooperative che per legge dovrebbe vigilare il ministero delle Imprese e del Made in Italy, ma che da decenni il ministero non riesce a raggiungere. Mentre le cooperative aderenti alle associazioni di categoria sono vigilate regolarmente.
Occorre fare un’operazione verità. Il problema è più grande. La frontiera del lavoro nero e del caporalato vede un esercito di false imprese che, come dimostrano i dati Istat, rappresentano la parte maggioritaria dell’evasione fiscale, contributiva, salariale. Il problema è molto più grande e lo dimostrano i numeri altrimenti invece di seguire il dito che indica la luna ci fermiamo a guardare il dito.
In determinati ambiti produttivi come la logistica, il multiservizi e la vigilanza, tutti i contratti firmati dalle tre centrali cooperative sono siglati anche da Confindustria e sono contratti unici di settore. Il presidente Bonomi dovrebbe spiegare perché il problema di bassi salari esisterebbe solo per le cooperative. Si propone un’operazione verità sulla quale fondare un nuovo patto per il lavoro? Il sistema cooperativo ne sostiene da tempo l’esigenza, auspicando che anche le istituzioni ed il governo facciano la loro parte.
L’economia sommersa vede protagoniste centinaia di migliaia di: spa, srl, srl semplificate a 1 euro di cui chiediamo l’abolizione, o almeno procedure adeguate di controllo per evitarne gli abusi, perché più che favorire la creazione di impresa hanno depotenziato i controlli.
Ci sono altri due fronti su cui accendere un riflettore: la committenza privata e le gare d’appalto pubbliche. La committenza industriale assume tutti i fenomeni del dumping contrattuale. Non si può permettere di costruire la competitività delle imprese attraverso formule di sfruttamento del lavoro. Occorrono misure più selettive. Più definite. Dietro ogni sfruttamento c’è sempre un committente che trae un vantaggio economico e competitivo alimentando un’area di lavoro irregolare. La sfida della competitività del paese non va lasciata a chi aggira le regole, ma solo a chi è più capace. Venendo alle gare d’appalto pubbliche. Quasi la metà non remunerano adeguatamente il lavoro nel rispetto dei minimi tabellari dei contratti, ma colludono con il massimo ribasso: è un grande problema. È un tema spinoso. È una battaglia che devono fare insieme governo, Parlamento e parti sociali. Una battaglia di legalità che va costruita ciascuno per la sua parte. Con realismo.
Maurizio Gardini è presidente di Confcooperative