martedì 7 luglio 2020
È quanto mostra l’indagine sull’impatto dell’emergenza Covid realizzata da Unioncamere e Isnart (Istituto nazionale di ricerche turistiche)
Addetti al ricevimento di un albergo

Addetti al ricevimento di un albergo - Archivio

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Il 15% delle strutture alberghiere ed extralberghiere non ha ancora riaperto i battenti per la stagione estiva. Che si prospetta critica anche sotto il profilo occupazionale, con il 98,4% delle imprese che ritiene di dover ridurre gli addetti – fissi e stagionali - rispetto allo scorso anno. È quanto mostra l’indagine sull’impatto dell’emergenza Covid realizzata da Unioncamere e Isnart (Istituto nazionale di ricerche turistiche). Dall’indagine, svolta su un campione rappresentativo di oltre 2mila imprese ricettive, interpellate attraverso le Camere di Commercio, emerge anche una modesta adesione al bonus vacanze, con il 30,8% delle strutture che afferma di non accettarlo e il 57,6% che dichiara di non avere ricevuto prenotazioni con questa modalità. A determinare la scelta di restare ancora chiusi sono gli elevati costi di adeguamento imposti dalle linee guida del Comitato tecnico scientifico (segnalati dal 46% delle realtà che non hanno riaperto in Italia), e le scarse prenotazioni (indicate dal 34% delle imprese ancora non operative). Nel mese di agosto, infatti, solo il 36,6% delle camere disponibili nelle strutture ricettive del Paese è al momento prenotato, con una marcata differenziazione a livello territoriale: nelle regioni centrali la percentuale si attesta intorno al 40%, mentre nel Nord Ovest scende al 29,3%. Il Sud e le isole vedono quasi il 34% delle camere prenotate. Con queste premesse, non stupisce quindi che oltre l’80% delle strutture intervistate dichiari che chiuderà l’anno in perdita, in considerazione dei costi sostenuti e delle prenotazioni attualmente ricevute. Questa estate le strutture ricettive ospiteranno una quota pari al 21,7% di turisti stranieri, con punte del 28,4% nel Nord Ovest del Paese, mentre pare affermarsi la tendenza del turismo “di prossimità”, visto che il 23% delle prenotazioni sono di clienti italiani che non si sposteranno al di fuori della propria regione di residenza. Il 35% delle prenotazioni è avvenuto tramite Ota (portali on line). Le strutture registrano anche un leggero aumento delle prenotazioni telefoniche, dettato probabilmente dalla necessità del cliente di sincerarsi delle misure sanitarie adottate.

«In un anno così incerto e sfavorevole, il 23% delle prenotazioni presso le strutture ricettive da turisti locali dice che, per reggere l’impatto di questa crisi, serve lavorare sul turismo di prossimità. Questo può aiutare imprese e destinazioni ad intercettare la domanda dei turisti provenienti da territori limitrofi, un vantaggio da capitalizzare anche per quando si potrà tornare ad accogliere turisti stranieri. Conoscere e far conoscere meglio il proprio territorio - e ciò che offre in termini di prodotti turistici alternativi alla vacanza tradizionale deve diventare un obiettivo per il “sistema del turismo” che deve riuscire a coinvolgere la scuola e l’associazionismo per far crescere la forza identitaria delle realtà locali. Pur nella consapevolezza che il turismo è uno dei settori maggiormente colpiti dalla crisi, questa criticità potrebbe trasformarsi in un’occasione per far emergere potenzialità ancora inespresse, concretizzando nuove opportunità di promozione e di lavoro che le imprese possono cogliere per riposizionarsi anche al di fuori della stagione estiva», commenta Roberto Di Vincenzo, presidente di Isnart.


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