«La sobrietà, il consumo consapevole, uno stile di vita che accoglie il creato come un dono ed esclude forme predatorie e di possesso esclusivo, è il modo concreto attraverso il quale si crea una nuova sensibilità – così papa Francesco –. Se saremo in molti a vivere così, l’intera società ne risentirà positivamente e diventerà udibile da tutti il grido della terra e il grido dei poveri». «La sfida della realtà», come suggerisce il tema del V Festival della Dottrina Sociale della Chiesa in corso a Verona, comprende, in verità, tante sfide. La realtà ambientale, ma non solo. Puntuali, oltre che autorevoli, sono arrivati gli stimoli alla riflessione di Francesco, con un videomessaggio, guarda caso trasmesso ieri sera, prima di un intrigante dibattito sulla finanza islamica e le sue relazioni col mondo occidentale. La realtà, dunque: quella che spesso non vogliamo vedere, talvolta per indifferenza. Ma l’indifferenza – avverte il pontefice, richiamando il dovere del cambiamento da parte delle persone come pure delle strutture – «sembra essere una medicina che ci protegge dal coinvolgimento, diventa un modo per stare più tranquilli », una 'estraneità' – sono sempre sue parole – che è un modo per difendere l’egoismo e renderci tristi. Ma il realismo evangelico chiama alla concretezza. «Lo star vicino alle persone, versare l’olio della consolazione, toccare la carne dell’altro, farsi carico dei suoi problemi allarga il cuore, rimette in circolazione – così sempre Francesco – l’amore e ci fa stare bene». La sfida della realtà chiede, però, anche la capacità di dialogare, di costruire ponti al posto dei muri. «Questo è il tempo del dialogo, non della difesa di rigidità contrapposte. Vi invito ad affrontare la sfida di scoprire e trasmettere la 'mistica' di vivere insieme, di mescolarci, di incontrarci, di prenderci in braccio, di appoggiarci, di partecipare a questa marea un po’ caotica che può trasformarsi in una vera esperienza di fraternità, in una carovana solidale, in un santo pellegrinaggio» come spiega puntualmente la
Evangelii gaudium. Capacità di chinarsi sull’altro e di dialogare, dunque, ma la sfida della realtà chiede soprattutto di cambiare. Necessità, questa, da tutti avvertita perché «c’è qualcosa che non va». Il consumismo, l’idolatria del denaro, le troppe diseguaglianze e ingiustizie, l’omologazione al pensiero dominante sono un peso da cui ci vogliamo liberare – condivide il Papa – con il recupero della nostra dignità e impegnandoci nella condivisione, sapendo che la soluzione ai problemi concreti non viene dai soldi ma dalla fraternità che si fa carico dell’altro. «Il cambiamento vero – avverte Bergoglio – parte innanzitutto da noi stessi ed è un frutto dello Spirito Santo». Chiama in causa la persona, ma anche le strutture: «è preferibile essere flessibili per rispondere meglio ai bisogni concreti, che difendere le strutture e rimanere ingessati» per cui «fare un po’ di pulizia, aumentare la trasparenza, recuperare freschezza, genuinità e agilità fa bene alle strutture e alle persone: troveremo nuovamente lo slancio e l’entusiasmo di fare qualcosa di bello a servizio dei fratelli». Alla kermesse di Verona e in particolare all’organizzatore del Festival, monsignor Adriano Vincenzi, presidente della Fondazione Toniolo, ha inviato un messaggio anche il Capo dello Stato: «Tornerà la crescita – ha detto Sergio Mattarella – solo se rimettiamo al centro il lavoro».