Addetti specializzati al lavoro per la posa della fibra ottica - Imagoeconomica
È un altro esempio del paradosso del mercato del lavoro italiano, dove il tasso di disoccupazione (8,3%) è tra i più alti d’Europa, ma il mismatch tra domanda e offerta resta elevatissimo con sempre più imprese che incontrano difficoltà ad assumere i profili richiesti. Non è immune dal problema della carenza di reperire manodopera adeguata e qualificata il settore delle Tlc. La questione è stata affrontata al tavolo istituzionale per le telecomunicazioni che si è aperto in settimana al ministero dello Sviluppo economico, alla presenza dell’associazione che raggruppa le aziende, Asstel, le principali società del settore, rappresentanti del governo e sindacati. Incrociando i dati contenuti negli ultimi report diffusi tra lo studio Unioncamere- Anpal e l’indagine del Centro studi di Confindustria nella sola filiera delle Tlc ci sarebbe bisogno di almeno 10mila occupati in più rispetto ai livelli attuali. Nello specifico tra le figure mancanti nella filiera delle Tlc ci sono gli operatori dedicati ad attività di posa di cavi in fibra ottica, i giuntisti, gli assistenti tecnici e i collaudotori che si occupino dell’ultimo tratto di rete, compresa la sede del cliente.
Numeri e bisogni del comparto sono stati confermati anche dal ministro per l’innovazione tecnologica e la transizione digitale, Vittorio Colao. «Attualmente le società di rete danno lavoro a circa 50mila dipendenti, se consideriamo anche l’indotto. È stato stimato che queste società per realizzare l’infrastruttura di fibra avrebbero bisogno di almeno altre 10mila persone – ha detto Colao a inizio anno, intervenendo in audizione in Commissione trasporti della Camera per riferire sull’attuazione del Pnrr –. Per affrontare questo problema prevediamo nel bando gara uno specifico punteggio per gli operatori che avranno una strategia adeguata per la formazione della forza lavoro e significativi punteggi per misure di inclusione di disabili, detenuti, giovani e donne». Del resto, uno degli elementi importanti del Pnrr, come ha evidenziato nelle scorse settimane la sottosegretaria al Mise Anna Ascani, «è il grande sforzo di reskilling e di riconduzione di quelle che sono le persone oggi inoccupate o disoccupate ai settori dove c’è bisogno di occupazione ».
In risposta alla carenza di manodopera nel settore e per completare la copertura delle aree più penalizzate dall’assenza di connettività, la filiera si è mossa con iniziative concrete. Alcune settimane fa, per esempio, Open Fiber (l’operatore controllato al 60% da Cdp) e il Gruppo Autostrade per l’Italia (Aspi) hanno siglato un memorandum con l’obiettivo di accelerare la digitalizzazione del Paese. In particolare, Open Fiber e Aspi hanno costituito un consorzio, denominato Open Fiber Network Solutions, che è già attivo nel completamento della rete in fibra ottica. In questi giorni, proprio attraverso il neonato consorzio, Open Fiber ha lanciato un maxi piano di reclutamento per effettuare oltre 1.000 assunzioni. Un ampliamento della forza lavoro ritenuto indispensabile per portare avanti i lavori di costruzione delle infrastrutture e far arrivare la fibra in tutta Italia. «Fino a oggi non disponevamo di squadre di operai di cantiere – racconta Guido Bertinetti, direttore Network&Operations di Open Fiber –. Adesso il consorzio ci permette di essere più flessibili e di movimentare i tecnici sul territorio laddove è necessario. In questi giorni sono in partenza le attività di recruiting per assumere e formare le figure professionali di cui abbiamo bisogno: operai di cantiere, giuntisti, collaudatori. I tecnici saranno operativi a partire da giugno e in una prima fase opereranno sulle aree bianche».
Gli ostacoli alla completa digitalizzazione del Paese, però, non sono solo occupazionali. Alla carenza di manodopera, si aggiungono gli impatti della guerra in Ucraina sull'aumento delle pezzi delle materie prime e sulle difficoltà a garantirsi le forniture internazionali. «Per fare la fibra si deve fare un buco e poi chiuderlo coi tombini di ghisa – è l’esempio citato dal ministro Colao qualche settimana fa –. Allora se non abbiamo abbastanza ghisa in Italia non avremo i tombini, non possiamo fare i buchi e non potremo fare la fibra».