venerdì 5 ottobre 2012
Poi precisa: mai detto entro fine legislatura. Ma per la prima volta non lo ha escluso. Il presidente del Consiglio risponde a una domanda di Enrico La Loggia che gli chiede se ci sono spazi per ridurre il carico fiscale. Coro di reazioni. Poi una nota di Palazzo Chigi frena gli entusiasmi: non ha annunciato misure, né tempi.
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​Meno tasse. Il sogno degli italiani ancora una volta si materializza e si smaterializza in un lampo. Stavolta in base a una frase del presidente del Consiglio Mario Monti. che viene interpretata come l’annuncio di una prima, agognata sforbiciata già prima dell’aprile 2013. Ma Palazzo Chigi interviene subito con una nota per precisare che «nulla ha detto il presidente Monti su misure fiscali da adottarsi entro la fine della legislatura».Tutto nasce da una domanda posta in conclusione dell’"intergruppo parlamentare sull’agenda urbana" dal deputato del Pdl, e membro del comitato, Enrico La Loggia. Il quale chiedeva a Monti se fosse «possibile immaginare, da qui alla fine della legislatura, anche soltanto individuare un percorso, per una prima tappa della riduzione fiscale». La risposta del presidente Monti, ricorda sempre la nota di Palazzo Chigi, è stata questa: «Individuare un percorso, per anche soltanto una prima tappa... Non lo escludo».La materia è calda. Solo pochi giorni fa il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, si era lamentato per il carico fiscale eccessivo sulle spalle delle imprese. Ottenendo il plauso dei sindacati, Cgil in testa, ovviamente con la sottolineatura che troppe tasse penalizzano i lavoratori. «Siamo pronti a discuterne», ha commentato prontamente ieri Susanna Camusso all’ipotesi di alleggerimento del fisco. «Noi abbiamo chiesto al governo che utilizzi intanto i proventi della lotta all’evasione fiscale per detassare le tredicesime», ha insistito il segretario generale di Corso d’Italia. Pure la Cisl, infine, accoglie con favore l’apertura di Monti. «Speriamo che ora si arrivi a provvedimenti concreti che alleggeriscano dalle tante tasse le pensioni e le buste paga dei lavoratori dipendenti», sottolinea il segretario confederale, Annamaria Furlan.Già in agosto Monti aveva dovuto replicare a notizie di stampa che davano per imminente un ritocco all’ingiù dell’Irpef, precisando che «il governo non ha attualmente allo studio» una misura del genere. Pur ammettendo che «il carico fiscale sulle persone fisiche e sulle imprese in Italia è senz’altro eccessivo», e un «fisco meno gravoso» è una «sacrosanta esigenza per i contribuenti onesti», aveva concluso, «in questo momento l’attenzione per il riequilibrio non può essere allentata».La strada per arrivare ad avere le condizioni è però in salita: prima va evitato l’aumento Iva, poi, solo se i conti pubblici sono in sicurezza, si può pensare all’ipotesi di una riduzione cuneo fiscale, delle tasse sul costo del lavoro. Il primo appuntamento è mercoledì, quando la legge di stabilità sarà al varo del Consiglio dei ministri con l’obiettivo di reperire 6,5 miliardi dalla spending review per "sterilizzare" l’aumento di due punti dell’Iva che, senza interventi, scatterà il primo luglio del 2013. Poi c’è la delega fiscale in Parlamento, nella quale potrebbe arrivare un rafforzamento del fondo per il calo delle tasse, che lega i proventi della lotta all’evasione alla riduzione delle imposte sui redditi. Un meccanismo che, però, potrà portare ad alleggerimenti solo nel 2014.Dunque, anche quella che ieri veniva definita una «timida apertura» ha destato speranze e alimentato polemiche. Come quella del leghista Roberto Calderoli, per il quale «questi suoi proclami testimoniano ulteriormente la sua discesa in campo in politica. Per Monti è iniziata la campagna elettorale». Di tutt’altro segno la reazione di Sergio D’Antoni (Pd), ex sindacalista: «Una buona notizia, che può e deve dare frutti concreti solo in un contesto pienamente concertativo» con le parti sociali. Per il vicesegretario del partito, Enrico Letta, «è fondamentale cambiare il fisco, modificando i pesi». E Monti «ha intrapreso la strada giusta». Isabella Bertolini del Pdl accorda fiducia al premier, perché «non è concepibile che in una democrazia moderna, in un’economia di mercato, le casse dello Stato assorbano quasi il 60% dei guadagni di chi fa impresa. Voltiamo pagina una volta per tutte, per il bene del Paese».
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