Alla fine i tedeschi hanno ceduto, o almeno si sono ammorbiditi abbastanza da considerare accettabile che la Banca centrale europea possa aumentare la quantità di denaro nel sistema comprando sul mercato debiti privati. Francesco Daveri, che insegna economia all’Università di Parma e alla Bocconi ed è anche ricercatore per il Cesifo, cioè il più autorevole centro di ricerca economica tedesco, una sua spiegazione per questo cambio di atteggiamento ce l’ha.
Immagino che non sia un improvviso attacco di altruismo ad avere addolcito i vecchi 'falchi' della Bundesbank... La Germania vede che la situazione è peggiorata anche per lei. Se cinque o sei anni fa Berlino aveva una bilancia commerciale in attivo per una cifra pari al 5% del Pil ora, anche a causa di un aumento delle importazioni, il suo disavanzo è sceso al 2%. E da qualche mese le esportazioni tedesche in Europa stanno scendendo. Così i tedeschi vedono che sarebbe bene trovare un modo di fare crescere anche gli Stati europei più in difficoltà.
Quanto il «quantitative easing » può aiutare l’Europa a ritrovare una ripresa vera? I problemi di crescita dell’Europa sono troppo ampi e complessi per essere risolti solo per via monetaria. Certamente avere una Banca centrale in grado di acquistare i titoli del debito pubblico o del settore privato, come hanno fatto la Federal Reserve americana e altre banche centrali, sarebbe una cosa auspicabile. Sarebbe un ulteriore passo in avanti dopo l’accordo sull’Unione bancaria, che è fondamentale per riattivare il flusso di credito verso le imprese.
Intanto è bastato il solo annuncio di Draghi per fare crollare ancora i tassi dei Btp. C’è il rischio che senza la paura degli 'spread' si allenti la spinta politica per fare le riforme? Mi pare che la spinta, in questo momento, sia lo stesso Renzi. Mi sembra che il presidente del Consiglio abbia imparato la lezione di Monti, e non vuole fare la sua fine. Per questo preme: o si fa in questo modo o lui se ne va. Così mette lo Stato – e in qualche modo anche gli elettori – davanti alle sue responsabilità. Non possiamo rinviare le scelte all’infinito, non possiamo continuare a fare salire il debito e gonfiare la spesa.
Grecia, Portogallo, Croazia, aumentano gli Stati dell’euro finiti in deflazione. Rischiamo anche noi? Io starei a quello che dice Draghi: uno scenario di bassa inflazione per l’area euro. È un combinato di prezzi in rialzo moderato in alcuni paesi, in debolissimo rialzo in altri, in calo in altri ancora. Questa dinamica agevola il necessario aggiustamento di competitività tra le economie che vanno forte e quelle che sono più lente. Dietro la dinamica dei prezzi ci sono dinamiche temporanee dei costi di cibo ed energia, ma anche l’inflazione 'core', che esclude quegli elementi, è in calo. La cosa migliore sarebbe un po’ più di inflazione in Germania e nelle altre economie forti, così che in quelle più deboli si riesca a tenere un tasso superiore allo zero. L’allentamento quantitativo ipotizzato dalla Bce può aiutare a raggiungere questa situazione.