La sinergia tra pubblico e privato può sostenere azioni efficaci di welfare - Archivio
La pandemia sta cambiando il welfare italiano. La diffusione del Covid-19 ha rafforzato diversi problemi strutturali del nostro Stato sociale, ha imposto sfide che richiedono risposte sempre più complesse e, apparentemente, ha mutato le dinamiche che da circa un decennio caratterizzano i rapporti tra pubblico e privati. Nell’era pandemica, infatti, lo Stato sembra essere tornato con forza protagonista dell’arena del welfare, mettendo in campo risorse e competenze tali da tirare a sé le fila di ambiti di intervento che per anni erano rimasti ai margini della sua azione. Al contempo appare però chiaro che gli attori del secondo welfare – come aziende, fondazioni, sindacati, associazioni datoriali, consorzi, enti non profit e gruppi informali di cittadini – non hanno fatto passi indietro, ma anzi sono diventati sempre più importanti per rispondere a rischi e bisogni sociali. È necessario un nuovo contratto sociale. Sono alcuni dei temi contenuti ne Il ritorno dello Stato sociale? Mercato, Terzo settore e comunità oltre la pandemia, il V Rapporto sul secondo welfare. Il volume intende spiegare perché solo grazie a un’azione sinergica con gli attori del secondo welfare il pubblico sarà in grado di sostenere questo rinnovato ruolo e reggere l’urto della pandemia. «La crisi pandemica – spiega Franca Maino, professoressa dell’Università degli Studi di Milano e direttrice di Percorsi di secondo welfare - ha (ri)portato in evidenza le note fragilità economiche e sociali del sistema di protezione sociale italiano e mostrato come le distorsioni distributive e funzionali – originatesi sin dalla sua prima fase espansiva – si ripercuotano sulla spesa destinata a famiglie, sostegno al lavoro e alla casa, contrasto alla povertà, accoglienza e inclusione sociale. Nonostante i numerosi tentativi di riforma del welfare che si sono susseguiti negli ultimi anni, e che in alcuni ambiti hanno raggiunto importanti traguardi: dall’introduzione del reddito di cittadinanza all’assegno unico e universale per i figli, passando per la riforma del Terzo settore. Ulteriori interventi sono necessari per tutelare le aree di bisogno più scoperte e per generare un reale cambiamento sociale».
La pandemia, anche grazie al contributo del Piano nazionale di ripresa e resilienza, può rappresentare un punto di svolta per rinnovare il sistema di welfare, a livello nazionale e a livello locale, adeguandolo ai bisogni sociali emergenti. «La realizzazione del Pnrr – conclude Maurizio Ferrera, professore dell’Università degli Studi di Milano e Scientific Supervisor di Percorsi di secondo welfare - costituirà una opportunità unica per rinnovare nelle sue fondamenta il sistema di welfare italiano, per quanto riguarda sia i confini tra pubblico e non pubblico, sia la divisione del lavoro fra centro e periferia. Ciascuna delle sei missioni in cui si articola il Piano apre margini importanti per innovazioni su entrambi i fronti. Ciò è vero in particolare per la missione 5 su Inclusione e Coesione (20 miliardi di euro da spendere entro il 2026). Qui il Pnrr prevede sia l’accelerazione della riforma del Terzo settore – al cui completamento mancano ancora importanti decreti attuativi – sia la valorizzazione funzionale dei Comuni e delle aree metropolitane, dove le condizioni di disagio sociale e di vulnerabilità sono più diffuse. Entrambi gli interventi sono volti a sfruttare tutte le possibili sinergie tra imprese sociali, volontariato e amministrazioni locali, “in un reciproco scambio di competenze ed esperienze che arricchiranno sia la Pa sia il Terzo settore”. Quest’ultimo comparto dovrà dare anche il proprio contributo ad un ampio ventaglio di politiche: dalla realizzazione del Servizio civile universale al contrasto della povertà materiale, del disagio abitativo, della non autosufficienza, della disabilità e della rigenerazione urbana. Il Piano menziona poi espressamente il potenziamento dei servizi socio-educativi a favore dei minori nelle regioni del Mezzogiorno, finanziando iniziative del Terzo settore, con specifico riferimento ai servizi assistenziali nella fascia 0-6 anni e a quelli di contrasto alla dispersione scolastica e di miglioramento dell’offerta educativa nella fascia 5-10 e 11-17 anni».
Alla presentazione del V Rapporto sono intervenuti anche Cristiano Gori, coordinatore Patto per un nuovo welfare sulla non autosufficienza, Emmanuele Pavolini, portavoce Alleanza per l’infanzia, Roberto Rossini, portavoce Alleanza contro la povertà in Italia, e Pierluigi Stefanini, presidente ASviS – Alleanza Italiana per lo Sviluppo Sostenibile.