Se l'Aula della Camera non darà il via libera definitivo al decreto legge che contiene lo scudo fiscale entro giovedì alle 15, il presidente della Camera ricorrerà (sarebbe la prima volta nella storia a Montecitorio), alla «ghigliottina», ponendo subito in votazione il provvedimento a prescindere dalla fase in cui è giunto l'esame. La «minaccia» è stata lanciata da Gianfranco Fini alla conferenza dei capigruppo relativamente al decreto correttivo al pacchetto di misure anti-crisi, su cui alle 19,35 si voterà la fiducia (con dichiarazioni di voto dalle 18,45). «È una precisa responsabilità del presidente della Camera avere la deliberazione dell'Aula prima della decadenza del decreto», ha detto Fini, auspicando che «si possa pervenire ad una intesa di metodo per un percorso di lavoro fino al voto finale» evitando il ricorso alla «ghigliottina». L'opposizione, intenzionata a fare decadere il provvedimento praticando l'ostruzionismo, ha duramente protestato, chiedendo a Fini di «non fare un'ulteriore forzatura» e di consentirle di «esercitare i suoi diritti».
Le critiche di Fini. Fini, la cui mossa può essere letta come un aiuto al governo e alla maggioranza, ne ha anche per l'esecutivo. E parla di «anomalie procedurali» nella gestione del decreto che contiene lo scudo fiscale. Il pensiero del numero uno di Montecitorio, in questo caso, si affida ad una nota diramata dall'ufficio stampa: «Il presidente della Camera, prescindendo da qualunque valutazione sul merito del provvedimento ha convenuto sull'esistenza di oggettive anomalie procedurali nella complessiva vicenda dell'iter del decreto, trasmesso dal Senato a dieci giorni dalla sua scadenza».Quanto alla decisione di accelerare i tempi, Fini ha spiegato ai capigruppo il suo dovere di «assicurare un minimo ragionevole di tempo al presidente della Repubblica per consentirgli di esercitare le sue prerogative costituzionali»: perché ciò accada, il voto finale sul decreto (che scade sabato) deve arrivare al massimo entro le 15 di domani. Per ciò auspica «che si possa pervenire ad una intesa di metodo per definire un percorso di lavoro fino al voto finale. Se non c'è un'intesa entro le 15 dell'1 ottobre - prosegue il presidente della Camera - alla luce degli univoci orientamenti espressi nel corso di più legislature, non mi sottrarrò al mio preciso dovere di passare al voto finale a prescindere dalla fase in cui è giunto l'esame del testo». Alle obiezioni dell'Udc, Fini ha risposto che il suo atteggiamento risponde ad «una elementare forma di rispetto per il Capo dello Stato», in base ad una «informale prassi» secondo la quale il testo dei decreti approvati si invia al Quirinale prima della scadenza.