giovedì 26 novembre 2015
L’ex manager del Corriere ora a Banzai: Rcs doveva trasformarsi. Paolo Ainio, l’inventore di Virgilio che si è lanciato nell’e-commerce: «Per un’organizzazione è difficilissimo cambiare per rimpicciolirsi, anche quando è l’unica strada possibile».
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Il manager che ha tentato di trasformare il primo gruppo editoriale italiano in una multimedia companyè tornato a occuparsi di economia digitale. Pietro Scott Jovane, 47 anni, da ieri è il nuovo amministratore delegato di Banzai, l’azienda milanese che con i marchi ePrice e SaldiPrivati è la principale società italiana di e-commerce e che attraverso siti di informazione come il Post e Giornalettismo e siti di ricette come Giallo Zafferano o di fitness come Mypersonaltrainer è il maggiore editore interamente digitale del paese. Fino a un mese e mezzo fa, però, Jovane era l’amministratore delegato di Rcs, che nel 2012 aveva scelto questo giovane manager di Microsoft Italia per condurre l’editore del Corriere della Sera attraverso il guado dal mondo della stampa a quello del Web. Il fatto che quel manager dopo tre anni se ne sia tornato in un’azienda che vive solo di Internet lascia sospettare che si sia arreso perché questi vecchi editori sono imprese troppo grosse e rigide per diventare i campioni dell’online. È un sospetto che gli sveliamo subito quando lo incontriamo negli uffici di Banzai assieme al presidente Paolo Ainio, l’inventore di Virgilio che lo ha coinvolto in questa nuova avventura. «È una questione di velocità. Nel senso che il digitale è un mondo veloce ma i risultati che grandi aziende in trasformazione possono mostrare non sono altrettanto rapidi» risponde Jovane prima di spiegare il senso del lavoro che ha fatto in Rcs: «Abbiamo indicato due priorità: da un lato la focalizzazione sul digitale; dall’altro la concentrazione su un ambito più ridotto di attività, per sfruttare al meglio le competenze del gruppo. Sul primo punto, siamo riusciti a portare la quota digitale dei ricavi dall’8% a circa il doppio, e credo che l’azienda sia ora in grado di procedere in questa direzione. Il secondo punto è stato il lavoro più duro, perché smettere di fare le cose è molto più difficile che lanciarsi in nuovi progetti. Focalizzarci su certe aree del business e non su altre ha comportato scelte complicate e impopolari, ma necessarie per un gruppo che nasce in un mondo e deve andare in un altro». Il riferimento è alla chiusura di diverse testate e alle cessioni di asset storici completate da Rcs in questi anni, su tutte quella della divisione libri, acquistata da Mondadori, o la vendita della sede del Corriere in via Solferino. I comitati di redazione che rappresentano i giornalisti del gruppo hanno congedato Scott Jovane senza rimpianti. Lui ammette che, potendo, sarebbe stato meno drastico: «Siamo partiti da una situazione molto delicata. Avevamo un debito di oltre un miliardo, bruciavamo svariate decine di milioni di euro di cassa, avevamo una struttura di costi di alcune centinaia di milioni di euro sopra a quella che era op- portuno avere... tutto questo ci ha costretti a mettere a posto le cose in maniera diversa da come avremmo fatto in una situazione normale». Per certi versi in Banzai lo attende un lavoro più facile, proprio perché non c’è quell’esigenza di smettere di fare le cose. L’azienda, lanciata nel 2008, con la sua rete di siti 'verticali' è riuscita a diventare il primo editore digitale italiano per numero di utenti adottando un processo produttivo molto efficiente che le consente di avere un costo per clic delle sue pagine di circa un ventesimo rispetto ai concorrenti tradizionali. Nel commercio, altro settore in piena burrasca digitale e attività centrale di Banzai, il meccanismo non è molto diverso. Ainio lo ammette subito: «Per noi è facile sembrare bravi. Forse lo siamo anche un po’, ma sicuramente partiamo da una situazione molto favorevole rispetto a quella di un retailer offline, che vede i suoi clienti spostarsi verso il digitale e si trova a dover gestire magazzini, superfici, commessi... tutta una struttura di costi storica che i suoi concorrenti digitali non hanno». Il fatto è che quando in un settore arriva il digitale la liquidità che si libera va a vantaggio del consumatore. Cioè scendono i prezzi e il giro d’affari complessivo, tradizionale si restringe. «Per un’organizzazione è difficilissimo trasformarsi per rimpicciolirsi, anche quando è l’unica strada possibile» dice Ainio. Questa contrazione della marginalità non è comunque semplice da gestire anche per i nuovi arrivati. Banzai esiste da sette anni e, nonostante la continua crescita dei ricavi (quest’anno supererà i 200 milioni di euro, con un aumento di circa il 25%), non è ancora in utile. Nel piano con cui si è presentata in Borsa, il debutto è stato a febbraio, ha chiarito che non prevede di farne da qui al 2018. Ainio spiega che gli utili non ci sono perché l’azienda si è concentrata sulla crescita. Nel senso che in questa fase l’obiettivo è continuare a espandere l’azienda investendo sul marketing e sull’aumento della base clienti. Quando Banzai avrà raggiunto la dimensione giusta, allora i manager alzeranno il piede dall’acceleratore, ridurranno gli investimenti e andranno a raccogliere il frutto di quanto seminato. Nel frattempo l’ecommerce italiano potrebbe essere entrato nella fase della maturità. Gli acquisti online nel nostro paese valgono il 3% del commercio, in Francia e Germania il 9%, nel Regno Unito il 15%. Le previsioni dicono che da qui al 2019 le vendite online italiane cresceranno al ritmo di un miliardo di euro all’anno rispetto ai 7 miliardi previsti per quest’anno. È una grande opportunità per gli operatori italiani ma anche per gli altri. C’è la paura che il grosso del mercato se lo vengano a prendere giganti stranieri come Amazon e Google. Forse è anche sulla base di questi timori che la Borsa è stata tutt’altro che generosa con questa azienda, che in questi mesi ha sempre centrato gli obiettivi del piano ma da febbraio si è svalutata del 25%. Ainio e Scott Jovane sono convinti che il mercato riuscirà a capire il valore della società, e al contempo sono anche sicuri che non hanno molto da temere dai rivali più grandi. Gli equilibri dell’e- commerce italiano sembrano piuttosto definiti dopo gli ingressi dei leader del settore tra il 2009 e il 2011. Banzai può giocarsela alla pari con loro, sfruttando il fatto di conoscere meglio dei rivali il consumatore italiano. «Siamo più piccoli dei giganti americani, ma non meno intelligenti » avverte Ainio. Per ridurre lo scetticismo sulle modalità di consegna, per esempio, l’azienda ha lanciato soluzioni nuove come centri sparsi per l’Italia per il ritiro e il pagamento del prodotto comprato online o la consegna in armadietti in luoghi pubblici da aprire con un codice a qualsiasi ora. Jovane spiega che punterà soprattutto sul rendere più riconoscibili i marchi del gruppo come garanzia di prezzi buoni e affidabilità e sulla creazione di un’attività di servizi collegata alla vendita dei prodotti, così da fidelizzare i clienti. C’è il potenziale, assicura, per fare di quest’azienda il leader nel commercio digitale italiano.
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