La tregua è durata una sola settimana. Da venerdì il prezzo della benzina è tornato a salire, con l’Agip, il maggiore gruppo della distribuzione in Italia, che ha portato la sua indicazione ai gestori a 1,409 euro al litro. Le altre compagnie le sono andate dietro, e ieri solo una aveva un prezzo consigliato sotto gli 1,4 euro al litro. I prezzi sono ai massimi dall’ottobre del 2008, mentre rispetto a gennaio oggi il pieno di un’auto con 50 litri di serbatoio costa 5 euro in più. I rincari hanno riaperto le polemiche, tra accuse di speculazioni e difesa delle compagnie. Tutti invocano una riforma del sistema di distribuzione che l’Italia aspetta da almeno un decennio. Nell’attesa noi proviamo a fare chiarezza.Listini alle stelle, si invoca la riforma. Ecco perché
1 Quella della «doppia velocità» dei prezzi di petrolio e benzina è una sensazione diffusa tra automobilisti e consumatori, ma è difficile dimostrare rilevanti anomalie. Le ragioni sono principalmente due: il prezzo di riferimento della materia prima per la benzina non è quello del petrolio, ma dell’indice internazionale Platts, che registra il prezzo medio a cui vengono venduti i prodotti raffinati dal petrolio e il cui andamento è spesso divergente rispetto alle quotazioni del greggio; inoltre, i barili di petrolio sono pagati in dollari, mentre il prezzo della nostra benzina è in euro, e dunque nel fare paragoni si deve tenere conto della variazione dei cambi. Grandi speculazioni si possono verificare a monte, sui listini del greggio o nelle fasi di estrazione. Oppure nel passaggio della raffinazione, dove tra scorte e stoccaggi i raffinatori possono compiere manovre ardite, quando sui mercati del greggio si registrano variazioni estreme. L’effetto di questi interventi, in realtà, può essere importante sui grandi numeri, ma non è così evidente sul prezzo finale della benzina, che può essere confrontato con quello di altri Paesi. Una recente indagine dell’autorità Antitrust non ha trovato prove di distorsioni del mercato, e il presidente Antonio Catricalà ha dichiarato di pensare che ci sia qualcosa di anoma-lo, ma che «i petrolieri riescono a produrre studi e ricerche che dimostrano il contrario».
2 Il fenomeno si verifica abbastanza puntualmente. E non è escluso che le compagnie ne approfittino. Tuttavia, anche in questo caso, studi seri che possano dimostrarlo sono difficili da trovare. Di certo c’è che, come avviene per i titoli delle società quotate, per i pomodori o i prezzi delle case, anche il mercato della benzina deve sottostare alla logica della domanda e del-l’offerta: quando la domanda aumenta cresce anche il prezzo, e viceversa. La pazza altalena del valore del barile di petrolio tra il 2007 e il 2008 – con punte massime di 147 dollari e cadute fino a 36 dollari – è stata dovuta a grossi fenomeni di speculazione sui mercati da parte di grandi investitori come gli hedge fund, ma a determinare il crollo è stato anche il calo della domanda mondiale provocato dalla recessione. Decisivo resta così il nodo delle raffinerie (in Italia ne abbiamo 16, ma il settore è in forte crisi), passaggio obbligato per trasformare il greggio in benzina e gasolio. Funzionano come un imbuto: quando faticano nel far fronte alla domanda, come avviene agli inizi dell’inverno per l’accensione degli impianti di riscaldamento, o quando devono mandare ai distributori il carburante per le auto pronte a partire per le vacanze, i prezzi vanno in tensione. Anche per questo non sempre il prezzo della benzina e quello del Platts si muovono in parallelo.
3 L’accisa sulla benzina negli anni è stata gonfiata di volta in volta dai governi per raccogliere rapidamente denaro. La guerra d’Abissinia è la voce più in- credibile, ma stiamo ancora pagando per finanziare la solidarietà ai disastrati dei terremoti del Friuli (anno 1976) o dell’alluvione di Firenze del 1966. In realtà tutte le voci dell’accisa sono state unificate con un decreto legge del 1995, che fissava il valore della tassa sulla benzina a poco più di 1.000 lire, cioè 51,8 centesimi di euro. L’imposta è stata portata a 54,2 centesimi nel 2001, a 55,9 nel 2003 (per il rinnovo del contratto dei tranvieri) e a 56,4 centesimi nel giugno 2001, per «misure urgenti di tutela ambientale». Sui carburanti si paga anche una «tassa sulla tassa», visto che l’Iva della benzina si applica anche all’accisa. In sostanza, se prendiamo i prezzi dell’8 marzo scorso, quando un litro di «verde» costava 1,352 euro, il prezzo industriale risultava di 56,3 centesimi, l’accisa di 56,4 centesimi l’Iva di 22,5 centesimi. In pratica su 50 euro di pieno, 29,15 euro (il 58,3%), se ne vanno in tasse.
4 Tra i Paesi dell’area euro, tenendo come riferimento i prezzi dell’8 marzo, l’Italia con 1,352 euro al litro risultava al quinto posto tra i Paesi con la benzina più cara, dietro Olanda (1,480 al litro), Grecia (1,369), Finlandia e Germania (1,363). Le differenze sono dovute soprattutto a ragioni fiscali, dato che i 77 centesimi medi di tasse su ogni litro pagati dagli italiani nel 2009 sono più della media europea (che è stata di 66,2 centesimi), ma in linea con quello delle altre grandi nazioni: 85,6 centesimi al litro le tasse dei tedeschi, 80,4 centesimi quelle dei francesi. Il vero problema italiano, dunque, è il prezzo industriale, che al netto delle tasse non ha pari in Europa. La differenza tra il nostro prezzo industriale e quello europeo ha registrato una media di 3,47 centesimi tra il 2005 e il 2009 (anche se nell’ultima rilevazione, quella del 15 marzo, è scesa a 2,6 centesimi). È il cosiddetto «stacco » italiano, ed è particolarmente elevato. Tutti gli sforzi, oggi, sono orientati a ridurre questo divario.
5 Il prezzo Platts per la materia prima è rilevato a livello internazionale. Più importante per capire chi guadagna sui carburanti risulta invece la voce «ricavi industriali», che vale circa 14,7 centesimi su 1,236 euro al litro, circa il 12%. Questa voce copre vari costi: il margine per il gestore della pompa (4,4 centesimi), il costo della distribuzione e del trasporto (1,1), i soldi investiti sul punto vendita (5,3), tasse e canoni (1,1), promozioni, spese per le carte di credito e pubblicità (1,3), manutenzione degli impianti (0,5). Resta 1 centesimo, l’utile netto della compagnia petrolifera. Una cifra minima, che diventa enorme se si considera che l’anno scorso in Italia sono stati consumati circa 40 miliardi di litri di carburante, ma che su un rifornimento da 50 litri incide per circa 50 centesimi. Il centro studi bolognese Prometeia ha confrontato i prezzi di petrolio e benzina dal 1997 al 2009 ed è arrivata alla conclusione che non vi sono anomalie degne di nota.
6 Per ridurre il « divario » con l’Europa occorre concentrarsi sulla riforma del sistema di distribuzione. La pensano così anche le maggiori associazioni dei consumatori, che invocano gli effetti benefici di una maggiore presenza di distributori nei supermercati (Federconsumatori) o su riduzioni della componente fiscale (le chiede l’Adoc). Secondo uno studio di Nomisma Energia, i 3,5 centesimi di stacco con l’Europa possono essere recuperati con varie azioni. Eccole. Una maggiore diffusione dei distributori nei supermercati porterebbe risparmi da 0,6 centesimi al litro, una riduzione della nostra rete (che conta 22.800 pompe contro le 12.700 della Francia e le 14-800 della Germania) taglierebbe il prezzo di altri 0,7 centesimi. Un altro centesimo si potrebbe ottenere permettendo ai distributori di vendere più prodotti diversi dalla benzina, dai giornali ai tabacchi, e un ulteriore risparmio da 1,1 centesimi sarebbe garantito da un maggiore uso del selfservice, da noi usato nel 29% dei casi contro una media europea che arriva al 90%. Tutti punti, questi, allo studio del ministero dello Sviluppo economico che da mesi, assieme all’Unione petrolifera e alle associazioni dei consumatori prepara una riforma del settore. Tra le proposte c’è anche quella di aggiornare i prezzi solo settimanalmente. Nel frattempo, chi cerca risparmi sicuri può rivolgersi alle « pompe bianche » , stazioni di distribuzione indipendenti che riescono a fare prezzi inferiori a quelli delle compagnie tradizionali. Si può trovare la stazione più economica del proprio quartiere sul sito
www.prezzibenzina.it, aggiornato quotidianamente. Informarsi, è il miglior modo per risparmiare. La tregua è durata una sola settimana.