Il tirocinio è un primo passo nel mondo del lavoro - Archivio
Uno strumento utile alla formazione e all’ingresso nel mondo del lavoro, nonché particolarmente efficace per ricevere un’offerta di lavoro. Questo è oggi lo stage in Italia secondo 2020 Odissea nello stage, la ricerca condotta da Bva Doxa, leader nelle ricerche di mercato, e Fourstars. L’analisi indaga come viene vissuto lo stage dalle nuove generazioni e traccia un profilo delle generazioni Y (Millennials, oltre i 25 anni) e Z (fino ai 25 anni). Le rilevazioni fanno riferimento ai mesi di marzo e aprile 2020 e si basano su un campione di 1.477 individui che hanno svolto uno o più tirocini presso aziende. L’analisi conferma la grande importanza del tirocinio. Il 74%dei rispondenti infatti ritiene il tirocinio un’esperienza utile(e la metà del campione addirittura “molto utile”) e con una duplice finalità: formativa(il 71% lo ritiene fondamentale per acquisire competenze),e “opportunistica”, soprattutto nell’ottica di trovare sbocco in un determinato settore e di avviare la propria carriera professionale. Per il 65% lo stage rappresenta addirittura “l’unico modo per inserirsi nel mondo del lavoro” e per il 62% un “passaggio obbligato tra la scuola e il lavoro”.
E quando il tirocinio finisce? Tra i giovani intervistati che hanno svolto il tirocinio con Fourstars si conferma alto il tasso di assunzione al termine del percorso di stage: ben il 70%degli intervistati ha infatti ricevuto un’offerta di lavoro, di cui il 51% da parte della stessa azienda dove ha svolto il tirocinio. Tuttavia, solo il 53% di questi riceve un’offerta di lavoro con contratti a tempo indeterminato o di apprendistato, mentre l’altra metà riceve offerte più precarie: al39% vengono offerti contratti a tempo determinato e all’8% proposte di altro tipo.
Sempre più importanti le soft skill, le cosiddette competenze ‘trasversali’, relazionali e comportamentali. Sono ormai requisiti irrinunciabili e sono ritenute fondamentali dal 70% degli intervistati. Oggi lo stage è infatti ritenuto funzionale soprattutto all’apprendimento delle social skill (capacità comunicative e relazionali), del multitasking e del cosiddetto adaptive thinking (la capacità di “andare oltre gli schemi prestabiliti).Chi ha svolto il tirocinio, ha maggiormente acquisito skill quali flessibilità e spirito di adattamento (88% dei rispondenti) e il valore del lavoro di squadra (77% dei rispondenti). Resta invece ancora del lavoro da fare in termini di “time management”: il 33%sentedi non aver appreso a sufficienza la capacità di organizzare meglio il tempo.
Dallo studio emerge che le giovani generazioni sono caratterizzate da grande concretezza e desiderio di comprendere come funziona il mondo del lavoro sul campo. Learning by doing è infatti l’aspetto che viene più apprezzato e che maggiormente ha colpito i giovani intervistati, seguito nella classifica dalla mansione svolta e dall’ambiente e il clima di lavoro. Meno rilevanti, in questa prima fase del percorso lavorativo, aspetti come valori e la cultura aziendale, l’organizzazione interna e l’attenzione alla sostenibilità ambientale. Due generazioni a confronto: costante la ricerca di sicurezza In un contesto di crescente precarietà e incertezza, tra la generazione Y e Z sembra evidente una costante: la ricerca di sicurezza e stabilità lavorativa rimane l’elemento chiave tra le aspirazioni per un futuro professionale. Col passare del tempo questa tendenza risulta perfino più accentuata: se il 70% dei Millennials è molto focalizzato sulla ricerca di un lavoro che offra stabilità e continuità, tra gli iGen, ancora più giovani, la percentuale balza all’82%. In generale, dallo studio emerge che la sicurezza viene preferita rispetto al lavoro autonomo e che le grandi aziende –forse percepite più solide –hanno la meglio sulle piccole. Entrando nel dettaglio, entrambe le generazioni cercano appunto sicurezza (95%),una grande azienda dove approdare (82%),un lavoro che offra alte retribuzioni(80%)e la possibilità di lavorare vicino a casa (76%). Se dunque questi sono gli aspetti maggiormente ricercati in una professione, altri aspetti sembrano generare risposte più polarizzate: la metà degli intervistati infatti si dichiarano incerti o non propensi a lavorare in maniera autonoma lanciando un’attività imprenditoriale (49%), a lavorare in una piccola media impresa (47%)o a trasferirsi lontano dalla propria città per periodi più o meno lunghi (47%).
Generazione Z più disposta a sacrificare stabilità e work-life balance Generazione “sdraiata”? Dal report emerge in realtà tutto il contrario. I giovani Millennials e iGen (generazione Z) sono disposti a molto pur di svolgere la professione che vogliono o lavorare nell’azienda che desiderano: quasi la metà(46%)è disposto a sopportare carichi di lavoro / stress elevati per un lungo periodo e a investire di tasca propria in corsi di formazione aggiuntivi (49%). Per un breve periodo il 70% degli intervistati è disposto a occuparsi di mansioni che soddisfano solo in parte e accettare retribuzioni al di sotto delle aspettative. Rispetto invece alla possibilità di lavorare con un contratto temporaneo che non assicura l’assunzione, è interessante notare qualche differenza tra le due generazioni che sembrerebbe indicare un relativo aumento di flessibilità: se il 16% dei Millennials dichiara di essere disposto anche per un lungo periodo a lavorare con un contratto precario, la generazione Z sembra essere più disposta al compromesso (21%). Mentre il 23%dei Millennials non accetterebbe affatto queste tipologie contrattuali, questa percentuale cala al 14%degli iGen.Questo trend, che denota maggiore disponibilità al sacrificio da parte dei post-Millennials, risulta accentuato anche rispetto al work-life balance: se per la generazione Y l’equilibrio casa-lavoro è la priorità numero uno nella valutazione di un posto di lavoro (per il 58%degli intervistati), seguita a ruota dall’ambizione di fare carriera(55%), queste voci si invertono nella generazione Z: il 61%ritiene maggiormente prioritaria l’opportunità di fare carriera rispetto al work-life balance (44%). La priorità numero tre è per entrambi la sicurezza del posto di lavoro, con uno scarto tra Y (33%) e Z (43%) già emerso precedentemente.
Tra le caratteristiche più importanti dell’azienda ideale, i giovani attribuiscono grande rilievo alla presenza di misure di welfare(fondamentali rispettivamente per il 78%dei talenti Z e per il 69%dei Millennials) e alle pari opportunità(il 63%del totale). L’allineamento valoriale e le tematiche legate alla trasparenza con i consumatori sono considerati aspetti fondamentali dal 44% degli intervistati (con una maggiore attenzione da parte degli iGen, pari al 50%, contro una percentuale inferiore dei Millennials, al 33%). Infine, anche l’innovazione tecnologica gioca un ruolo chiave: per coloro che hanno svolto il tirocinio nel settore dei servizi, la digitalizzazione si colloca al terzo posto nella scala degli aspetti che hanno colpito maggiormente in positivo dell’esperienza di stage(subito dopo la possibilità di un’assunzione e l’opportunità di imparare “sul campo”).