Fotogramma
Senza, sarebbe andata decisamente peggio. Molto peggio. Senza le misure pubbliche straordinarie di sostegno al reddito, assicura l’Istat, nel 2020 l’impatto del Covid-19 sulle famiglie italiane avrebbe portato ad un aumento ancor più marcato di povertà assoluta e disuguaglianza, inasprendo di fatto la pandemia sociale.
Il colpo inferto dal virus a tessuto economico e sociale italiano è stato violentissimo, ha ribadito proprio ieri il presidente dell’Istituto, Gian Carlo Blangiardo, in audizione alla Camera, misurandone l’intensità sulla base di tre dati. Primo: "I consumi finali delle famiglie hanno subito un crollo di dimensioni mai registrate dal Dopoguerra, con una diminuzione del 10,9%". Secondo: i posti di lavoro sono stati falcidiati tanto che, nonostante il parziale recupero tuttora in corso, "ci sono 735mila occupati in meno rispetto alla situazione pre-Covid". Nel 2020, infine, è salita l’incidenza della povertà assoluta, sia a livello familiare sia individuale, aumentando pure fra chi ha un lavoro: "Si contano oltre 2 milioni di famiglie" nella morsa, ha spiegato Blangiardo, "con un tasso lievitato dal 6,4 del 2019 al 7,7%", e oltre 5,6 milioni di individui, in crescita dal 7,7 al 9,4%. Ebbene, lo studio dell’Istat sulla redistribuzione del reddito nel primo anno di pandemia "misura" proprio l’effetto attenuante degli strumenti di sostegno al reddito – di quelli nuovi e delle misure già a disposizione – sul rischio per gli italiani di ritrovarsi in una condizione ancor più grave di povertà assoluta. Secondo il modello di microsimulazione delle famiglie (FaMiMod), Reddito di emergenza, bonus per lavoratori autonomi e colf hanno contribuito, insieme all’ampliamento del Reddito di cittadinanza e della Cassa integrazione, a ridurre l’indice di Gini (utilizzato per misurare il livello di disuguaglianza, ndr) da 31,8 a 30,2 punti e il rischio di povertà dal 19,1 al 16,2%. Sono indicatori particolarmente significativi, perché l’Istituto ha costruito uno scenario alternativo – senza Cig, Rdc e Rem, cioè – che permettesse di analizzare puntualmente l’impatto complessivo delle misure a sostegno dei redditi adottate lo scorso anno. I trasferimenti pensionistici previdenziali come "invalidità", "vecchiaia" e "superstiti" si confermano la principale misura redistributiva – le pensioni costituiscono del resto un quinto del reddito lordo di tutte le famiglie italiane – tanto che la mano pubblica attraverso l’imposizione contributiva e fiscale (che interviene sul reddito primario, quello guadagnato "sul mercato" ndr) e, appunto, i trasferimenti monetari ha determinato una riduzione delle disuguaglianze di 14,1 punti percentuali sull’indice di Gini.
Le misure straordinarie hanno dato però un sostegno aggiuntivo e mirato, sottolinea l’Istat, ad alcune categorie particolarmente colpite dalla crisi. Riducendo ad esempio il rischio di povertà dei disoccupati di circa 6,9 punti percentuali, di 3,5 punti per gli inattivi e di 2,6 punti per i lavoratori autonomi. Misure come la Cig e il RdC hanno determinato in generale una significativa riduzione della disuguaglianza, abbassando l’indice di Gini di 1,2 punti percentuali e di quasi un punto il rischio di povertà. Mentre quelle straordinarie, istituite ad hoc nel corso del 2020, hanno portato a un ulteriore miglioramento sia dell’indice di Gini, che si è ridotto dello 0,4%, sia del rischio di povertà, diminuito di 2,1 punti percentuali. In particolare, il bonus per i lavoratori autonomi ha avuto un impatto più rilevante sull’indice di Gini (-0,3 punti percentuali) e sul rischio di povertà (-1,9 punti percentuali) rispetto al Reddito di emergenza (-0,1 la riduzione dell’indice di Gini, -0,2 per il rischio di povertà).
La distribuzione per area geografica evidenzia come l’impatto degli interventi straordinari sia stato più rilevante nel Nord-Ovest (-4,8 punti percentuali) rispetto alle altre aree del Paese. Nel Mezzogiorno il rischio di povertà rimane considerevolmente elevato, segnala l’Istat, anche se l’intervento straordinario per il Covid-19 ha ridotto di 2,1 punti percentuali il rischio di povertà al Sud e di un punto nelle Isole.
Il rapporto dell’Istituto riserva infine una prima validazione del potenziale impatto dell’assegno temporaneo per i figli e della maggiorazione degli assegni famigliari previsti per il secondo semestre di quest’anno. Per entrambe si conferma la progressività rispetto ai redditi: il 10,4% delle famiglie beneficiarie dell’assegno temporaneo appartiene al quinto più povero mentre solo l’1,3% a quello più ricco. La maggiorazione degli assegni al nucleo familiare favorisce invece il 22,6% dei nuclei meno abbienti e solo il 3,7% di quelli con maggiori entrate