In Italia la precarietà ha toccato livelli record avanzando sia tra i giovani sia tra i più adulti, tanto che ormai nel Paese si contano oltre un milione di dipendenti a termine tra gli over 34. Insomma i contratti a tempo determinato non fanno eccezioni d'età, certo la maggioranza (55,6%) dei lavoratori 'flessibilì non ha più di 35 anni, tuttavia il resto è fatto dai più grandi, persone che magari in età matura, quando di solito si hanno figli, si ritrovano senza un posto fisso. Inoltre la crescità del tempo determinato si riscontra esclusivamente per posizioni part time.Il quadro sul precariato che emerge dagli ultimi dati Istat sul mondo del lavoro nel terzo trimestre dà quindi conto delle difficoltà della situazione: un mercato che inoltre vede sempre più persone arrendersi di fronte alla sfida per la ricerca di un'occupazione. Basti pensare che gli scoraggiati tra luglio e settembre hanno toccato un nuovo record, formando un esercito di quasi 1,6 milioni. Analizzando nel dettaglio le cifre sulla precarietà, almeno quella che riguarda i dipendenti, nel terzo trimestre tra i 2milioni 477 mila a termine non si riscontrano forti differenze tra uomini (1 milione 293 mila) e donne (1 milione 154 mila). Invece anche se i giovani rappresentano oltre la metà dei dipendenti a 'scadenzà, 1 milione 360 mila (+3% su base annua), colpisce come 1 milione 87 mila sia composto da over 34 (+4,1%).Insomma per il lavoro a tempo non ci sono più tabù, soprattutto d'età. Ciò probabilmente indica che quando c'è lapossibilità di un posto, pure se a termine, in pochi si tirano indietro. Il problema è che la domanda di lavoro sembra restare molto al di sotto dell'offerta, l'aumento della disoccupazione evidenzia proprio la contrazione del mercato. Così non stupisce come sempre più persone abbandonino la ricerca del posto considerando l'assunzione impossibile. Ecco che in Italia l'Istat nel terzo trimestre registra 1 milione 596 mila scoraggiati, coloro che non sono più a caccia di un impiego perché ritengono di non riuscire a trovarlo. Si tratta del livello che risulta il più alto, in base a confronti tendenziali, dallo stesso trimestre del 2004, ovvero dall'inizio delle serie storiche relative. Coloro che restano a casa perché non credono di poter avere un contratto risultano fuori dalle stime ufficiali sulla disoccupazione, rientrando tra gli inattivi, ma la loro avanzata di certo rappresenta un indicedello stato in cui versa l'economia e il mondo lavorativo.